Pd, Schlein chiede unità alla vigilia del voto: «Meloni ascolti il grido dell’Italia per Gaza»

La premier «è andata su TeleMeloni a parlare di pastarelle proprio nelle ore in cui i suoi omologhi del Regno Unito, dell’Australia, del Canada e della Francia, annunciavano il riconoscimento dello stato di Palestina». L’allusione è alla partecipazione di Giorgia Meloni a Domenica In, su Rai 1, per promuovere l’iniziativa Il pranzo della domenica, insieme ad alcuni sindaci. Fra cui quello di Roma, Roberto Gualtieri, che martedì sedeva nella prima fila della sala Sassoli. Davanti a lui Elly Schlein che, in apertura della direzione nazionale del Pd, è tornata a denunciare che la premier ha trovato il tempo per farsi «uno spottone in tv» ma non quello per riferire al parlamento la posizione del governo sulla Palestina e sulle sanzioni a Israele. La segretaria Pd, pur dissociandosi – com’è ovvio – da chi ha provocato gli scontri durante il corteo proPal di lunedì a Milano, ha chiesto che la destra smetta «di criminalizzare ogni piazza e ogni forma di dissenso», e ascolti «il grido delle piazze» per la Palestina. «È un sentimento del paese». Per il resto la relazione della segretaria è stata «motivazionale», spiegano i suoi, per una «direzione elettorale in cui - così l’ha descritta polemicamente Pina Picierno – per ragioni ovvie, è giusto dire solo quanto siamo fighi». Non poteva essere diversamente, visto che la discussione del parlamentino dem, dopo sette mesi di latitanza, è stata convocata a cinque giorni dal primo voto regionale, quello delle Marche. Sarà il primo test per la coalizione, e anche per lei. Quindi nella relazione c’è stato solo spazio per la soddisfazione. «Dopo quindici anni siamo riusciti a mettere in campo la stessa alleanza progressista in tutte le regioni», un’alleanza in cui il Pd «è saldamente il perno». Non è il momento di parlare di altro: la segretaria ha invitato tutto il gruppo dirigente al «massimo sforzo» nelle campagne elettorali e «non sprecare nemmeno un minuto in polemiche fra di noi». Ce l’ha con gli alleati. Non solo. Pd, minoranza nel caos: «Bonaccini troppo morbido con Schlein» Il coro muto Il messaggio è anche ai riformisti che nelle ultime ore hanno fatto filtrare malessere per la scarsa propensione al confronto della segretaria, dalle grandi questioni internazionali a quelle più prosaiche interne al partito. Schlein ha risposto picche. Le contestano scarso pluralismo? E lei: «Siamo una grande forza plurale, teniamocela stretta in mezzo a tutti questi partiti personali». La minoranza, che sabato scorso si è riunita e se l’è presa – una parte, ma con nettezza – con il presidente e leader della corrente Energia Popolare, Stefano Bonaccini, per essere stato troppo accondiscendente con la segretaria, era tutta presente. Un segnale politico: non si faranno accusare di aver rotto l’unità e le scatole alla vigilia del voto. Collegati Simona Malpezzi e Alessandro Alfieri, entrambi in missione all’estero, Pina Picierno e Lorenzo Guerini. Presenti e silenti, in sala, Sandra Zampa, Valeria Valente, quasi un coro muto che però dice anche più delle parole. Il tesoriere Michele Fina ha ricevuto i complimenti per aver portato fuori dalla cassa integrazione i dipendenti del Nazareno: i nuovi contratti saranno di 35 ore a parità di salario; sarà praticata la legge che il Pd ha proposto in parlamento. Schlein e l’ipotesi di una sfida con Salis. La sindaca si smarca: «Resto a Genova» Se ne parla dopo il voto Ma, appunto, ci sono le regionali. E così a intervenire sono stati in pochi. Piero Fassino ha chiesto che i sindaci espongano nei comuni anche la bandiera israeliana, oltre a quella palestinese che fiorisce un po’ ovunque nelle amministrazioni a guida Pd. Dovrebbe essere, ha spiegato, conseguente alla richiesta di «due popoli due stati». Lia Quartapelle ha sottolineato che comunque, dopo il voto, il confronto interno mancato dovrà farsi: «Dopo le elezioni, troveremo il modo per una discussione approfondita e seria su quel che accade nel mondo e sul modo per contrastare la destra. Nessuno ha la verità in tasca, e un grande partito usa la discussione per approntare risposte convincenti». Ma ora tutti pancia a terra per le regionali. C’è ma ancora non si vede: l’alleanza progressista alla prova delle regionali Ha parlato anche Bonaccini. «Guai se si divide il Pd», un discorso che è sembrato diretto ai suoi riformisti, alcuni dei quali preparano una nuova corrente che si sfilerà dalla “gestione unitaria” del partito (un primo appuntamento è stato fissato per il 24 ottobre a Milano), «dopo le regionali sarà il momento per una seria e serena discussione tra di noi», soprattutto «della cosa più importante, governare questo paese. E non è la stessa cosa delle regionali, la stessa coalizione dovrà parlare di politica estera». Infatti. Fra Pd e M5s ci sono distanze forti. E anche dentro il Pd. Ed evitare di parlarne non ha accorciato le distanze, anzi. Riconoscere la Palestina: la mobilitazione planetaria, la rincorsa della politica