Se Giuseppe Conte deciderà di creare un suo partito, dovrà ripartire da Lello Ciampolillo. In queste ore l’ex presidente del Consiglio sta valutando la strada da seguire: può scegliere di sfruttare l’apertura di Vito Crimi, che ha convocato la votazione per il comitato direttivo su SkyVote Cloud, la nuova piattaforma scelta per rimpiazzare Rousseau, oppure decidere di interrompere l’esperienza con il M5s e procedere alla formazione di un nuovo partito.

In ques’ultimo caso, oltre a denaro, staff e struttura, a Conte servirebbero due nuovi gruppi parlamentari: i membri per riempirli ci sarebbero, visto che il gradimento per l’avvocato batte l’affetto per Grillo per quasi tutti i senatori e gran parte dei deputati. Nel dubbio, Clemente Mastella, che un suo partito personale se lo è fondato davvero nel 2003, si propone, in un’intervista a Repubblica per dare consigli all’ex presidente. La prospettiva di continuare in autonomia ripropone un problema che si era già verificato a gennaio, quando gli sherpa facevano i calcoli per mettere in piedi un sostegno al Conte II e poi al mai nato Conte III: la ricerca di un simbolo in Senato per raccogliere allora i «responsabili» che si riunivano intorno all’avvocato.

All’epoca, per l’esattezza il 26 gennaio, era nato il gruppo Europeisti-Maie-Centro democratico, apparentato alla Camera con Centro democratico di Bruno Tabacci. A palazzo Madama il perno della formazione era proprio il Maie, il Movimento associativo italiani all’estero, fondato in Argentina nel 2007 da Ricardo Antonio Merlo.

L’esperienza del gruppo

Al suo fianco si erano raccolti giusto dieci senatori (il numero minimo di componenti di un gruppo parlamentare al Senato) raccolti con un dragaggio tra chi aveva per motivi diversi interesse a far restare Conte in sella: Raffaele Fantetti, Andrea Causin, Saverio De Bonis, Gregorio De Falco, Maurizio Buccarella, Adriano Cario, Gianni Marilotti, Tatjana Rojc e Mariarosaria Rossi.

La storia ha dimostrato poi che la strategia non era andata in porto e a fine marzo il gruppo di valorosi «costruttori» (quante fantasie sulla definizione preferita dagli interessati, prima fra tutte quella di ispirazione massonica) si è sciolto, tra l’altro per mano del suo stesso fondatore: insieme al collega Cario è infatti tornato al gruppo misto, facendo venir meno «il requisito di consistenza numerica per la costituzione del gruppo parlamentare», come aveva annunciato il presidente di turno Ignazio La Russa.

Insomma, Cario e Merlo sono tornati al misto nella componente Maie, Rojc, “prestata” dal Pd per raggiungere il limite minimo di dieci componenti, ha raggiunto il suo gruppo originario. L’ha seguita anche Marilotti, ex Cinque stelle, passato dalle Autonomie, transitato tra i costruttori e infine approdato appunto al Partito democratico.

Rossi, ex pasionaria di Berlusconi, dopo l’esperienza da responsabile, è passata a Cambiamo! di Toti, sempre parte del misto, insieme a Fantetti, scelto come capogruppo della componente, anche lui ex berlusconiano. Sono finiti sempre nel misto anche Andrea Causin (ex FI), Saverio De Bonis, Gregorio De Falco e Maurizio Buccarella. Dall’epoca, dice un suo collega, Merlo non si è più visto in Senato. Ora, però, potrebbe tornare interessante per l’ex presidente del Consiglio coinvolgerlo nel suo progetto, anche se chiaramente il fatto che il fondatore sia stato il primo a demolire il suo stesso progetto, osserva un senatore, non è il miglior punto di partenza per una nuova trattativa.

Certo, stavolta il gruppo non faticherebbe coi numeri: non si tratterebbe soltanto di raccogliere i dissidenti di altri partiti per sostenere l’avvocato del popolo, ma di aggregare i fuoriusciti dal Movimento e altre figure che hanno segnato la crisi di governo di inizio anno, come Lello Ciampolillo, il cui voto a favore di Conte, consegnato in extremis al termine della votazione, aveva costretto la presidente del Senato Maria Elisabetta Casellati a un riconteggio, entrato nella storia come “var” di palazzo Madama. Il progetto potrebbe contare anche su membri di altri gruppi interessati a puntare su Conte, anche se più di qualcuno confida di essere ancora in attesa di una linea politica chiara da parte dell’ex presidente.

Certo, quello di Merlo non è l’unico simbolo ancora disponibile. C’è quello di Leu, che però è troppo lontano dalla collocazione centrista della cosa contiana.

Gli altri

Altre formazioni che si sono candidate hanno ceduto i propri simboli, soprattutto negli ultimi tempi: L’alternativa c’è, il gruppo di quattro senatori (Mattia Crucioli, Bianca Laura Granato, Luisa Angrisani e Margherita Corrado) fuoriusciti dal Movimento 5 stelle con il voto di fiducia al governo Draghi poi passata all’opposizione ha ottenuto quello di Antonio Ingroia, Lista del Popolo per la Costituzione, e ha creato di recente una componente del gruppo misto. Un altro nucleo di ex Cinque stelle, tra cui il senatore Elio Lannutti, ha scelto di utilizzare invece il simbolo di Idv. Della componente faranno parte anche Piera Aiello e Elisabetta Trenta (che pure era stata ministra della Difesa nel Conte I, nello stello governo con Salvini).

Insomma, nel caso in cui decida di rompere con Grillo, Conte dovrà riprendere a mercanteggiare nei corridoi di palazzo Madama.

© Riproduzione riservata