«Il nostro allarme resta, soprattutto in vista delle elezioni amministrative a Latina e nonostante la sua lettera di dimissioni. Con le sue parole Durigon ha strizzato l’occhio all’estrema destra e alla criminalità, resta comunque una cosa grave». L’ormai ex sottosegretario della Lega Claudio Durigon ha ceduto e si è dimesso, ma secondo il Movimento 5 stelle ancora molto resta da spiegare, visto che il suo nome, come raccontato da Domani, era emerso in collegamento con alcuni personaggi legati alla criminalità di Latina.

«Durigon non è indagato, e la magistratura farà il suo corso – prosegue Baldino -. Indipendentemente da questo per una questione di etica bisognerebbe spiegare la natura di certi rapporti».

In commissione di inchiesta Antimafia già nel 2019, la deputata aveva proposto di approfondire il caso dei clan di Latina e il rapporto tra politici della Lega e Fratelli d’Italia, chiedendo una missione in città. Da allora non è stata mai fissata. Ma soprattutto, Durigon, reduce dal governo giallo verde, ha avuto il tempo di essere nominato di nuovo sottosegretario nel governo presieduto da Mario Draghi e «nonostante le inchieste giornalistiche, nonostante le sue parole sul parco Falcone e Borsellino, è rimasto al suo posto per altri 22 giorni» prosegue la deputata. Per lei lasciare il governo non basta: «Io gli chiederei di dimettersi da parlamentare, ma non sono il leader del suo partito, che evidentemente non è così attento all’etica pubblica».

Le dimissioni

Di recente Durigon ha creato scandalo per aver proposto di far tornare il parco Falcone e Borsellino di Latina al vecchio nome, Arnaldo Mussolini, fratello del duce. Un ammiccamento ai nostalgici del fascismo.

Il Pd è insorto e ha minacciato una mozione di censura in parlamento. Già mesi prima però, il Movimento 5 stelle si era mosso quando in un video di Fanpage il sottosegretario diceva – ignaro di essere ripreso - che «il generale della Finanza che indaga (sui fondi della Lega, ndr) lo abbiamo messo noi». Un’affermazione che Domani ha raccontato essere senza fondamento.

«Il fango che è stato gettato sulla Guardia di Finanza da un sottosegretario del ministero dell’Economia già bastava per chiedere le dimissioni» dice Baldino, per questo «sono tra le firmatarie della prima mozione di una forza di governo che chiede la revoca della nomina per circostanze ancora più gravi. La questione del parco è grave, ma di fronte alle inchieste, anche se noi siamo garantisti, è necessario rigore nell’etica pubblica».

La foto imbarazzante

Quello della guardia di finanza è solo il secondo capitolo di una saga che vede Durigon protagonista di questioni irrisolte.

La più evidente è quella del rapporto con Natan Altomare, professionista vicino ai clan in contatto con Durigon per le politiche del 2018. Domani ha pubblicato le chat tra il sottosegretario e Altomare e una foto che li ritrae a un pranzo. Durigon non è indagato. Altomare sostiene, tra le altre cose, che in cambio dell’aiuto per le elezioni, Durigon gli aveva promesso un posto nella sanità regionale così da riabilitare il suo nome.

«Ho fatto parte della commissione Antimafia – racconta Baldino -. Ci sono diverse inchieste che riguardano la Lega di Salvini, soprattutto rispetto alla mafia Pontina. Come Movimento 5 stelle siamo soddisfatti che Durigon abbia lasciato il governo. Noi siamo garantisti, non voglio dire che è ammanicato con la mafia ma non era opportuno che rimanesse al suo posto».

Nonostante questo, l’ormai ex sottosegretario ha fatto parte di due governi nella stessa legislatura. Adesso, prosegue, «il silenzio di Draghi è stato un po’ imbarazzante, anche se immagino conoscendolo che anche lui stesso si sia sentito imbarazzato». Per la deputata l’attesa di Salvini è stata legata a fini elettorali: «Latina adesso andrà alle elezioni. A me sembra che questo traccheggiare sia stato di comodo: conveniva che lui continuasse a fare campagna elettorale da sottosegretario. Non ho dubbi su questo».

Dopo la sparata al comizio di Latina su Mussolini, la solidità politica del leghista laziale ha cominciato a traballare e anche Salvini ha deciso di lasciarlo andare: «Il silenzio iniziale delle altre parti della maggioranza ci ha un po’ stupiti. Nessuno ci diede man forte a maggio, invece bisognerebbe intervenire al primo campanello d’allarme». Le dichiarazioni sul parco Falcone e Borsellino «sono state a maggior ragione più gravi perché strizzavano l’occhio alla destra estrema e a una parte di società che forse gli eroi antimafia non li vede così bene», conclude Baldino.

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