Pochi giorni dopo il suo insediamento, il governo della presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha deciso che l’aggiornamento con il numero dei casi e dei decessi da Covid non doveva più essere diffuso ogni giorno, ma solo una volta a settimana, perché quel lugubre bollettino turbava i pensieri degli italiani. Anche se comunicati ogni sette giorni, i dati possono fare capire – specie a chi è esperto – se la situazione è grave o no, e quelli dell’ultimo bollettino diffuso dall’Istituto superiore di sanità venerdì scorso ci dovrebbero preoccupare.

Nella settimana tra il 18 ed il 24 novembre si sono verificati 229.135 nuovi casi di Covid (ma probabilmente sono molti di più dato che tanti non segnalano la propria positività), con un aumento del 10 per cento rispetto alla settimana precedente, in cui erano stati 208.361, e 580 persone – perlopiù deboli ed anziani – sono morte a causa della malattia, cioè l’8,8 per cento in più rispetto alla settimana precedente, quando erano stati 533.

In sostanza, i decessi continuano al ritmo di poco meno di 100 al giorno: una cifra enorme. L’Rt – il numero che indica quante persone in media riesce a contagiare ogni infetto dalla malattia – è risultato pari a 1,04: ma ciò significa che ogni positivo al virus contagia più di un individuo, e quindi l’epidemia è tornata in una fase di espansione. Probabilmente, questa ondata di nuovi casi è alimentata dalle nuove varianti di Omicron – come BQ.1 e BQ 1.1 – che sono in grado di sfuggire all’immunità precedentemente acquisita grazie a una malattia o al vaccino.

L’epidemia in ripresa

Queste cifre sono preoccupanti, e il motivo per cui possiamo stare relativamente tranquilli è uno solo: i vaccini. Anche se è ormai provato che i vaccini e i relativi richiami ci offrono una copertura immunitaria che tende a diminuire dopo sei mesi dall’ultima inoculazione, essi tuttavia continuano a offrirci una protezione ottima dalla malattia grave e dalla morte, e meno efficace dal contagio. Se non fossimo vaccinati il numero di decessi sarebbe da 6 a 10 volte superiore.

L’epidemia è in ripresa e aumentano i ricoveri, e tuttavia pare che il ministro della Salute, Orazio Schillaci, stia per emanare un decreto che allenterà le misure contro il Covid. Si dice che, per prima cosa, dovrebbe modificare le regole sull’isolamento degli infetti: finora, chi è positivo deve restare almeno cinque giorni in isolamento e può uscire se è asintomico da tre giorni e ha un tampone negativo, ma col nuovo decreto il tampone negativo non sarebbe più necessario. E pare che il ministro intenda togliere l’obbligo delle mascherine anche negli ospedali e nelle Rsa.

Lo studio

Beninteso, queste decisioni politiche sono legittime, ma forse non è il momento più opportuno per introdurle, visto l’aumento dei contagi. E che non sia il momento di abbassare la guardia contro il Covid ce lo dice anche un importante studio, dal titolo “Sequele acute e postacute associate all’infezione da Sars-CoV-2”, pubblicato poche settimane fa sull’autorevole rivista Nature Medicine.

Tre scienziati, che lavorano alla Washington University e al Centro di epidemiologia clinica dei veterani dell’esercito americano di Saint Louis, guidati dal professor Ziyad Al-Aly, hanno radunato una mole enorme di dati clinici riguardanti quasi sei milioni di ex soldati dell’esercito, per lo più bianchi, maschi e con più di 40 anni: 5.334.729 di loro non avevano mai contratto il Covid, 443.588 avevano contratto il Covid solo una volta, e 40.947 lo avevano contratto più di una volta (37.997 due volte, 2.572 tre e 378 quattro o più).

Ormai sappiamo tutti che la prima infezione da Covid può provocare, specie negli anziani e in chi non è vaccinato, una grave polmonite bilaterale che in casi non rari può portare alla morte; chi sopravvive frequentemente riporta danni duraturi o permanenti (le cosiddette sequele) specie al polmone, e più di rado al cuore o ad altri organi.

Lo studio di questi autori, invece, dimostra che: «rispetto agli individui che hanno contratto solo una volta il Covid e perciò non hanno avuto reinfezioni, chi ha subìto più reinfezioni da Covid mostra un aumento del rischio di morire, di essere ricoverato in ospedale e di manifestare altre sequele, tra le quali disturbi polmonari, cardiovascolari, ematologici, diabete, gastrointestinali, renali, mentali, muscoloscheletrici e neurologici».

«I rischi sono più pronunciati nella fase acuta, ma persistono in quella post-acuta a sei mesi di distanza. Rispetto ai controlli non infettati, i rischi cumulativi e i danni provocati da infezioni ripetute aumentano con l’aumentare del numero delle reinfezioni». 

Nuovi vaccini

Per essere precisi, lo studio dimostra che chi si reinfetta ha un rischio doppio di morire e tre volte superiore di essere ricoverato in ospedale rispetto a chi non ha avuto reinfezioni. Inoltre, rispetto ai pazienti infettati dal virus una sola volta, gli individui con infezioni ripetute hanno probabilità maggiori tre volte e mezzo di sviluppare patologie dell’apparato respiratorio, tre volte di sviluppare cardiopatie e 1,6 volte di sviluppare patologie cerebrali.

Gli scienziati hanno notato che chi non è vaccinato – ovviamente – corre rischi più alti di tutti gli altri, e tuttavia tra chi si reinfetta «i rischi aumentano indipendentemente dallo stato vaccinale». Detto in maniera più semplice, chi si reinfetta e non è vaccinato rischia di morire e avere sequele a vari organi più di tutti; chi è vaccinato e si reinfetta ha un rischio di morire e avere sequele più alto rispetto a chi non si reinfetta, ma identico sia che abbia fatto una dose di vaccino sia che ne abbia fatto più dosi.

Per questo, concludono gli autori: «Dato che il Sars-CoV-2 continuerà a mutare e a restare una minaccia per anni se non per decenni, portando alla comparsa di varianti più immunoevasive che provocheranno continue reinfezioni, è urgente sviluppare vaccini che siano più duraturi, che proteggano da una vasta gamma di varianti e ne riducano la trasmissione. E c’è bisogno urgente di altre misure farmaceutiche e non farmaceutiche che diminuiscano il rischio delle reinfezioni e dei danni alla salute ad esso associati».

Le mascherine

Il messaggio è chiaro: visto che le reinfezioni aumentano il rischio di morte e visto che i vaccini attualmente in commercio non ci proteggono del tutto dal rischio di reinfettarci, bisogna al più presto sviluppare vaccini che ci proteggano anche dal contagio.

E fino a quando ciò non avverrà dovremo mettere in atto altre misure che ci proteggano dal contagio – come ad esempio indossare le mascherine. Perché le mascherine – checché ne dicano i complottisti No-vax – ci difendono dal virus.

C’è uno studio appena pubblicato sul New England Journal of Medicine che lo dimostra egregiamente. Si intitola “Eliminazione dell’obbligo delle mascherine nelle scuole: incidenza del Covid-19 tra gli studenti e lo staff scolastico”. Gli scienziati dell’Università di Harvard, guidati da Kathryn Hall, si sono trovati di fronte ad un meraviglioso esperimento reale.

Nel febbraio del 2022, lo stato del Massachussetts ha revocato l’obbligo di indossare le mascherine per tutti gli studenti e lo staff delle scuole: invece, noncuranti di questa misura, i dirigenti di due distretti scolastici – quelli di Boston e di Chelsea – hanno deciso che studenti e staff dovevano continuare ad indossarle.

Così, gli scienziati hanno potuto comparare cosa accadeva nei distretti dove indossavano le mascherine e quelli dove non le indossavano: e cosa hanno scoperto? Questo: «Prima che l’obbligo delle mascherine fosse eliminato l’incidenza del Covid-19 era simile in tutti i distretti scolastici. Nelle 15 settimane successive all’eliminazione dell’obbligo, nei distretti in cui non si indossavano le mascherine si sono verificati 44,9 casi di Covid in più ogni mille tra gli studenti e lo staff – in totale, 11.901 casi in più –, che rappresentano il 29,4 per cento dei casi totali di Covid registrati nell’intero stato».

Come scrivono gli autori, questo studio dimostra che le scuole sono uno dei luoghi privilegiati per la diffusione del virus e che le mascherine «sono un mezzo essenziale per ridurre l’incidenza del Covid-19». Speriamo che lo ricordi anche chi ci governa.

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