«Non esistono governi di scopo, esistono i governi che devono lavorare. Se il governo Conte è in grado di farlo, lo faccia. Altrimenti toccherà ad altri». La giornata che da palazzo Chigi era stata immaginata come la prima del disgelo si chiude con un nuovo rilancio di Matteo Renzi sul Tg3. Il leader di Iv aveva ricevuto le attenzioni di Grillo e di Massimo D’Alema. Il primo aveva postato il discorso di Cicerone a Catilina (quello di usque tandem, «fino a quando abuserai della pazienza nostra»), il secondo aveva rilasciato un’intervista a Repubblica piuttosto agra verso l’ex segretario: «Non credo che possa passare per la mente di nessuno l’idea di mandare via da palazzo Chigi l’uomo più popolare del paese per fare un favore a quello più impopolare». E siccome questa è un «crisi da pesata», come la definisce un autorevole dirigente dem, dove cioè ciascuno pesa la sua forza politica, Renzi non ha potuto che rispondere con una minaccia, e poi anche un “più uno”: la richiesta della vaccinazione degli insegnanti per riaprire le scuole subito. Proposta interessante, se non fosse usata come un’altra sparata da tv.

Ma ieri Conte, che ha capito la malaparata, ha fatto un gesto di distensione. Il nuovo Recovery fund, quello “della pace” che raccoglie ampiamente le proposte della maggioranza – leggasi Iv, ma il Pd ha già detto di essere soddisfatto – è arrivato nella sua mail in mattinata. Subito dopo si sono presentati a palazzo Chigi i ministri dell’Economia Roberto Gualtieri, degli Affari europei Enzo Amendola e del Sud Peppe Provenzano, che ha curato l’abbinamento degli investimenti con i fondi di coesione. I tre hanno spiegato il lavoro fatto. Le cifre sono aumentate in maniera corposa. Presto sarà convocato il fatidico consiglio dei ministri per l’approvazione del nuovo piano.

A questo giro Conte è cauto. Deve evitare che il tavolo con i ministri – dove ci sono le due renziane pronte, giurano, a dimettersi – sia un appuntamento al buio. Su Facebook ha annunciato che la nuova versione del piano è «più avanzata del primo documento», cioè il suo, e che «le osservazioni indicate dalle forze politiche si sono rivelate contributi utili», sarebbe bizzarro il contrario. Conte si dice pronto a «rafforzare la squadra di governo». Spera ancora in un semplice rimpasto. Ramoscello di pace: «A breve ci ritroveremo con tutte le forze di maggioranza per operare una sintesi complessiva». Il premier vuole un tavolo politico prima del consiglio dei ministri.

Da Iv la reazione non è così fredda: «La politica parla con atti e non su Facebook», si fa sapere, tuttavia «il post sembra andare in una direzione che pare raccolga una serie di nostre richieste sul merito. Restiamo in attesa di leggere le carte per capire se il Recovery è stato riscritto». Nella chat interna però Renzi avverte di non fidarsi troppo: «qualche senatore» continua a ricevere «proposte indecenti», il che dimostrerebbe che il premier non avrebbe ancora abbandonato l’idea della sfida in aula.

I malumori

Qualche malumore fra renziani c’è, anche se non si vede. Ieri, per esempio, la filosofa Luisa Muraro, un’icona del femminismo, dal sito della Libreria delle donne ha invitato le ministre Elena Bonetti e Teresa Bellanova a «non prestarsi alle dubbie manovre di Matteo Renzi». Le ministre hanno risposto anche un po’ troppo ruvidamente di non aver bisogno di «alcuna patente di libertà». Ma Muraro ha toccato un nervo scoperto. I malumori ci sono in tutti gli angoli della maggioranza. Nel Pd un gruppo di deputati raccoglie le firme per chiedere «un confronto approfondito al proprio interno sull’azione della maggioranza e del governo», un segnale al segretario Nicola Zingaretti, e al capogruppo Graziano Delrio – fra i papabili del nuovo governo––, di non voler fare la solita parte degli «schiacciabottoni». Dai Cinque stelle filtra la preoccupazione di un Recovery plan e soprattutto di un nuovo esecutivo «a trazione Pd-Iv».

© Riproduzione riservata