Il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, è atteso oggi alla Camera. All’ordine del giorno c’è la sua informativa urgente sul tema migranti, dopo la crisi diplomatica con la Francia e la stretta sulle ong con i cosiddetti “sbarchi selettivi”, che pure hanno avuto applicazione di fatto nulla. Tutta l’attenzione, però, è sulle prossime misure al vaglio del governo.

La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha annunciato che sono in arrivo nuovi decreti e dunque la certezza c’è, ma non è entrata nel merito. A bruciarla sul tempo e a bruciare soprattutto il suo collega agli Interni è stato però il ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini, che ha anticipato «multe, sequestri e più controlli. Il governo pronto al pugno duro sugli sbarchi». Le parole del leader della Lega autorizzano congetture, ma dal ministero dell’Interno non trapela nulla: l’ufficio legislativo è sì al lavoro, ma al momento non ci sono bozze che autorizzino a ipotizzare con quale formula le «multe e i sequestri» verranno applicati, e con quale strumento giuridico. Tradotto: se verrà introdotto un nuovo reato e quindi le multe e i sequestri avverranno dopo che un pm avrà aperto un procedimento penale, oppure se si sceglierà la strada dell’illecito amministrativo, e dunque la sanzione è nella competenza del ministero dell’Interno. Qualche dettaglio potrebbe arrivare durante l’informativa di Piantedosi, che ha tutto l’interesse a riprendere spazio anche comunicativo, ma il tema è un campo minato, come hanno insegnato i decreti Sicurezza.

Illecito amministrativo

La formulazione di Salvini fa ipotizzare che lo strumento al vaglio del governo sia quello di reintrodurre un illecito amministrativo e non un reato a carico delle ong. La differenza è sostanziale. Con l’introduzione di un nuovo illecito amministrativo, infatti, la sua applicazione cadrebbe in capo alle prefetture, che gestiscono l’ordine pubblico e dipendono direttamente dal ministero dell’Interno.

Se così fosse, le navi ong che non rispettano un precetto amministrativo incorrerebbero nella sanzione della multa o del sequestro del mezzo. La sanzione sarebbe irrogata dal prefetto, sulla base di una relazione redatta dalle forze dell’ordine che certifica la violazione della norma, esattamente come succede con una violazione del codice della strada che non integri anche un reato. In questo caso, la ong potrebbe impugnare la multa o il sequestro in due modi: con il ricorso al prefetto stesso oppure davanti al giudice ordinario.

Nel primo caso, si tratta di un ricorso senza costi ma gestito dalla stessa autorità (anche se non dallo stesso ufficio) che ha irrogato la sanzione, quindi con minor garanzia di terzietà. Il ricorso al giudice amministrativo, invece, prevede costi maggiori di giudizio.

Questa sembra la strada più probabile al vaglio del Viminale, che così avrebbe un controllo diretto sulle sanzioni alle ong senza bisogno di passare attraverso le procure. Il ministero dell’Interno, infatti, dirama spesso circolari per uniformare i criteri di applicazione delle nuove sanzioni amministrative.

Dunque, dopo aver approvato la norma, può spiegare anche ai prefetti come darle applicazione. «Riportare la sanzione dall’ambito penale a quello amministrativo ha una logica repressiva», ha commentato Lucia Gennari, avvocata dell’Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione, «perchè inverte il processo: in amministrativo prima si irroga la sanzione e poi la si contesta, nel penale prima si svolge il giudizio davanti a un giudice e poi arriva la sanzione». Si tratta quindi di «provvedimenti più efficaci in prospettiva immediata, ma la loro legittimità è tutta da dimostrare».

Il decreto sicurezza bis

Questo approccio, infatti, è già stato utilizzato nel decreto Sicurezza bis del 2019, bersagliato dai rilievi del Quirinale e degli osservatori giuridici. L’illecito amministrativo prevedeva che, nel caso in cui il comandante della nave ong non rispettasse la normativa internazionale, le norme sull’immigrazione e le limitazioni nelle acque territoriali italiane, scattasse «del pagamento di una somma da euro 10mila a euro 50 mila» e, in caso di reiterazione dell’illecito con la stessa nave, l’applicazione della «sanzione accessoria della confisca della nave, procedendo immediatamente a sequestro cautelare».

Una formulazione del genere, però, ha una controindicazione, sollevata all’epoca dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella: il fatto che sia troppo discrezionale, affidando ai prefetti la valutazione del comportamento delle navi perchè «non è stato introdotto alcun criterio che distingua quanto alla tipologia delle navi, alla condotta concretamente posta in essere, alle ragioni della presenza di persone accolte a bordo e trasportate». Tutte condizioni che, in caso di naufraghi a bordo e di salvataggio in mare, farebbero rientrare nei casi di obbligo di soccorso secondo il diritto internazionale.

Se questa fosse la strada adottata da Piantedosi, dunque, il futuro del decreto sarebbe già scritto: impugnazioni e ricorsi. Infatti «Il decreto Sicurezza bis, anche prima che venisse abrogato, non ha bloccato l’attività delle organizzazioni ong», ha spiegato Gennari. Tutti i ricorsi della Sea Watch3, Mare Ionio e Eleanor si sono conclusi con il dissequestro delle navi.

Anche per evitare gli errori del passato – visto che Piantedosi era capo di gabinetto di Salvini nel 2019 – il Viminale sta lavorando a un testo a prova di attacchi intende prendersi il tempo necessario, anche a costo di slittare alla fine di novembre. Anche per evitare una seconda gaffe, dopo il pasticcio nella stesura della norma anti-rave.

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