Un’Italia sempre più a mano armata. Una passione crescente sotto la spinta della difesa fai-da-te, molto cara alla destra di governo. Sono infatti più di un milione e 200mila i detentori di armi legali, uno su sessanta. E le conseguenze della circolazione di pistole e fucili sono sotto gli occhi di tutti: solo nei primi tre mesi del 2023 ci sono stati 17 fatti di sangue, connessi alla detenzione legale di armi, con un bilancio di 25 vittime. In vari casi le sparatorie hanno riguardato più persone, come svela il database dell’Osservatorio permanente sulle armi leggere (Opal) di Brescia.

L’evento più clamoroso è stato quello di Martina Scialdone, uccisa a Roma fuori da un locale. Ma ci sono altre storie, come quella avvenuta da Ariano Polesine, in provincia di Rovigo: una donna di 32 anni è stata colpita a morte dal proiettile esploso per sbaglio da suo figlio di otto anni, che maneggiava una pistola rinvenuta in un capanno vicino alla sua abitazione. Era un’arma regolarmente denunciata, per quanto non custodita in modo adeguato. Una strage che resta nel silenzio, nonostante siano «più numerose le vittime di armi legalmente detenute rispetto a quelle per furti e rapine», dice Giorgio Beretta, analista dell’Opal.

Dalla caccia al tiro sportivo

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I numeri raccontano la passione per le armi. Secondo le tabelle della Polizia di stato, consultate da Domani, nel 2022 sono nel complesso un milione e 237mila gli italiani che possono avere un’arma in casa, facendo segnare un incremento di 15mila unità.

Un numero che va letto nello specifico: c’è un incremento di richieste del porto d’armi per il tiro sportivo, in possesso di 574.842 cittadini rispetto al precedente 543.803. Un balzo del 6 per cento. Risulta, invece, in calo la licenza per la caccia (da 631.304 a 609.527 concesse), perché in molti prediligono quella per il tiro sportivo, più agevole. A completare il mosaico ci sono le altre licenze, per difesa personale e guardie giurate, che occupano uno spicchio minoritario.

«In questi dati si notano delle oscillazioni troppo forti negli anni», spiega Beretta, chiedendo più trasparenza e un rapporto annuale del governo. «Il problema è legato al fatto che alcune questure non comunicano i numeri totali di possessori di licenze, ma diffondono le informazioni sulle nuove licenze e sui rinnovi avvenuti nell’anno». In ogni caso, manca una mappatura chiara. «Ed è grave soprattutto la mancata comunicazione», denunciano dall’Opal, «che ha caratterizzato i governi dal Dopoguerra a oggi, del numero effettivo di armi legalmente detenute nelle case degli italiani. Il Viminale si limita solo alla statistica sulle licenze».

Gli amici delle armi

Mauro Scrobogna/LaPresse

Dal governo non c’è alcun segnale di intervento, anzi tutt’altro. Fratelli d’Italia e Lega si contendono il bacino elettorale dei fan di pistole e fucili, in nome di una linea securitaria che dialoga con questa lobby strutturata. Un esempio? Il sottosegretario Giovambattista Fazzolari avrà pure bollato come fake news le sue presunte intenzioni di portare l’insegnamento sull’uso delle armi a scuola, ma è a prova di smentita la vicinanza a quel mondo: nel maggio 2022 si è fatto immortalare alla Eos show di Verona, la fiera più grande del settore.

Ed è solo uno dei tanti esponenti di Fratelli d’Italia che sostengono un uso delle armi senza troppi lacci. Senza tacere di Matteo Salvini che da ministro dell’Interno del governo Conte fece la passerella tra le armi a Vicenza, in un altro evento di esposizione di armi.

In questo contesto è stata interrotta l’iniziativa per verificare i requisiti necessari alla richiesta di un porto d’armi. La legge attuale prescrive controlli blandi: addirittura persone con problemi mentali possono conservare la licenza se l’hanno già ottenuta.

L’ultima iniziativa in parlamento contro questa stortura risale al 2020: l’allora senatore del Movimento 5 stelle, Gianluca Ferrara, presentò un ordine del giorno per chiedere l’emanazione dei decreti attuativi di un provvedimento del 2010, che interveniva proprio sull’indicazione dei requisiti per il porto d'armi

«Nel 2021 abbiamo partecipato a dei tavoli con il ministero della Salute e il Viminale per correggere questa stortura», spiega Gabriella Neri, presidente della onlus Ognivolta, fondata dopo l’assassinio di suo marito Luca Ceragioli per mano di un uomo titolare di un porto d’armi per tiro sportivo, nonostante acclarati problemi mentali.

«Era stata definita una bozza per individuare un perimetro dei requisiti da possedere per richiedere una licenza. Poi è caduto il governo e siamo tornati daccapo», aggiunge Neri. Il nuovo obiettivo è quello di trovare degli interlocutori alla Camera e al Senato.

L’unico a essersi intestato la battaglia fin dall’inizio della legislatura è il senatore del Pd, Walter Verini, che ha depositato un disegno di legge: «In Italia ci sono troppe pistole a portata di mano. Non siamo come negli Stati Uniti, ma occorre un freno», dice l’esponente dem. «La proposta di legge», spiega ancora, «chiede controlli più stringenti per capire se chi chiede la licenza ha procedimenti in corso reati, dalla violenza allo stalking».

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