«Ho sempre fondato partiti, è la prima volta che mi unisco a un partito esistente». Federico Pizzarotti, ex sindaco grillino – prima dell’espulsione – di Parma, ha deciso di mettersi in gioco per la segreteria di +Europa, che terrà il suo congresso nei prossimi mesi. L’ex Cinque stelle, che nel frattempo aveva tentato lo sbarco in parlamento con la Lista civica nazionale, dice di essersi reso conto di aver bisogno di una «casa» consolidata per realizzare le sue proposte politiche. Spingendo per ampliare il programma tradizionale di +Europa per portarlo oltre «una sorta di evoluzione del Partito radicale». 

Visto che ha fondato un sacco di cose perché adesso ha deciso di ricominciare da zero in +Europa?
Quando ho fondato Italia in comune, fra il 2018 e il 2019, non esistevano +Europa, Azione e Italia viva. Al di là del posizionamento politico organizzativo, si poneva in un’area che era quella dei moderati, a destra del Pd. Italia in comune a valle della pandemia non ha avuto la forza di ripartire, ma sto coinvolgendo le persone che c’erano nel mio percorso in +Europa. A parte la parentesi estiva della Lista civica nazionale, ho imparato che serve una casa e serve un soggetto che possa relazionarsi in modo paritetico con gli altri. Da una parte c’è l’assoluta coerenza di priorità tra me e +Europa, mi è sembrato un percorso abbastanza naturale, dall’altro c’è il fatto che +Europa ha un potenziale da far crescere che dal mio punto di vista è ancora inespresso.

Tanti lo identificano ancora come una cosa ferma, una sorta di evoluzione del Partito radicale. Dall’elettorato medio è percepito come attivo solo sui diritti, battaglie sacrosante su cui mi sono sempre speso, ma che forse vanno affiancate da tematiche legate al sociale, all’economia, all’ambiente. Nel programma c’è altro, che non è stato spinto finora. Si può lavorare per costruire qualcosa di più radicato.

Lei parla di livello paritetico. Cosa ha in più +Europa rispetto alla Lista civica nazionale?
Siamo nati nell’alveo del centrosinistra con la stessa filosofia con cui nelle elezioni regionali e comunali ci sono liste che si affiancano ai partiti strutturati. Questa lista aveva un potenziale ma si è scontrata con la necessità o poca lungimiranza, a giudicare dai risultati elettorali, di chi ha detto “tanto andate con Di Maio, siete tutti uguali”. Creare tutte le volte una lista temporanea, non avendo un elettorato strutturato, ti mette in una posizione di debolezza. Gli alleati ti possono dire “se ti va bene questo, bene” mentre serve qualcosa che ti possa permettere di ragionare in maniera paritetica. 

E +Europa ha questa caratteristica?
Lo stesso discorso è successo quest’estate, che aveva fatto la federazione con +Europa ma evidentemente non la interpretava come un rapporto paritetico visto che uscendo dalla chat ha detto “io vado via”. Erano rapporti di forza diversi. Questo perché +Europa, non avendo raccolto le percentuali necessarie a renderla elettoralmente indipendente. Per questo io dico che prima di tutto va raggiunta questa indipendenza elettorale che ti permette di ragionare apertamente con il terzo polo, che sicuramente è un area naturale in termini di posizionamento dei liberali ma ovviamente anche con il Pd. Nell’alveo del centrosinistra si può dialogare con tutti, ma partendo da un presupposto programmatico.

Anche coi Cinque stelle?
Non è un discorso che si può fare in termini di “mi sta simpatico Tizio, mi sta antipatico Caio”. Se ai Cinque stelle diciamo no, dev’esserci una motivazione. Secondo me dal punto di vista politico è evidente che tu oggi non puoi stare con un partito che sull’Ucraina ha una posizione diametralmente opposta a quella di tutti gli altri partiti potenzialmente parte della coalizione.

Non è peculiare per un ex grillino questo approdo a un partito di discendenza radicale? Anche a livello di linguaggio avete sempre tenuto stili molto diversi. 
Purtroppo per loro la loro violenza verbale non è mai stata la mia. Quando sono stato eletto anche i commentatori dicevano che ha vinto le elezioni un candidato grillino che però non ha avuto i toni del grillismo. Secondo me è sempre stato abbastanza importante negli anni. Se loro hanno voluto tenere quei toni lì scimmiottando Beppe Grillo, io non ho mai scritto cose come “Pd meno L”, ma ho sempre provato a proporre questioni di contenuto, sfruttando anche sovrapposizioni di obiettivi da raggiungere. Quello radicale poi non è assolutamente un mondo a me lontano: ho lavorato sulla cannabis, Pannella è stato a Parma tante volte. Come per i Cinque stelle i toni devono essere diversi, per +Europa c’è bisogno di affiancare i diritti con temi economici e ambientali.

Parliamo del merito: che temi vorrebbe introdurre nel programma?
Stiamo costruendo una mozione congressuale da presentare al congresso del partito. Stiamo ancora chiudendo il perimetro di chi parteciperà al progetto e si candiderà come delegato, ma per ora abbiamo definito che vogliamo aprire ai territori. Per crescere bisogna partire dai comuni. Poi c’è una proposta più puntuale, quella dell’aliquota negativa: è impossibile che non ci siano fasce di povertà che vanno sostenute non compromettendo però la volontà e la capacità di andare a lavorare, che è l’opposto del reddito di cittadinanza, che si perde anche se lavorando si guadagna meno. Per il resto, le proposte vanno sviluppate insieme al resto del partito. Non può essere la singola mozione a svilupparle. 

Parliamo di alleanze. Come si ricuce il rapporto con il terzo polo dopo quello che è successo prima delle ultime elezioni?
C’è sempre un tema di contenuti politici che si vogliono mettere al centro di un accordo, non di chi c’è e chi non c’è. Loro continuano, quantomeno a mezzo stampa, a invitare Più Euopa al tavolo del confronto, ma per il momento +Europa non ha ancora risposto in virtù di quel che è successo la scorsa estate. Secondo me bisogna attivare un processo politico di confronto. È successo questo, probabilmente perché c’erano delle carenze nella federazione: innanzitutto andrei a cambiare quelle cose per evitare di trovarsi in futuro davanti allo stesso problema. Dall’altra parte vorrei conoscere meglio le loro intenzioni. Per ora, a parte una dichiarazione di intenti e una spartizione dei ruoli apicali non mi è chiaro quale sia il percorso verso l’obiettivo di costruire un unico soggetto liberaldemocratico. Sono due partiti verticistici che mal si sposa con la logica interna molto democratica di +Europa. Nel momento in cui ti metti in discussione per fare il segretario, hai delle regole, Renew Europe che regole avrà? Bisogna mettersi a un tavolo. 

Se alle primarie dem dovesse imporsi Elly Schlein, che ha già aperto al Movimento, ci sarà spazio per un confronto?
Vale lo stesso discorso che applico al terzo polo. Togliendo dal tavolo il tema delle singole competizioni elettorali dove ci sono regole diverse, come le Europee, dove immaginare un unico soggetto dove ci possano essere tutti è illusorio, sulle regionali e comunali non c’è un’esclusività per cui le alleanze sono bloccate. Nelle amministrative secondo me il dialogo va fatto da ambo le parti: sarà l’unione di questi schieramenti a determinare una differenza e far perdere il centrodestra alle prossime elezioni politiche. 

© Riproduzione riservata