Nascondere i ritardi del Pnrr. Meloni s’aggrappa alle mele

Si potrebbero fare tanti facili giochi di parole fra le mele e Meloni, con il fatto che martedì 18 novembre la presidente del Consiglio sarà in Trentino, in visita al consorzio di Melinda. Ma è soprattutto il cognato-ministro, Francesco Lollobrigida, a tenere a questa passerella: perché qui, sotto il segno dell’autonomia, c’è la perfetta vetrina di come possano essere ben spesi i fondi del Pnrr a servizio di cibo e agricoltura. E non è probabilmente un caso che i riflettori si accendano ora, nel periodo della legge di bilancio. Al consorzio Melinda, un colosso dal respiro multinazionale che però mantiene il suo cuore fra i filari della val di Non, si sono inventati la funivia delle mele. I frutti appena colti vengono trasportati attraverso un impianto a fune e raggiungono così le celle ipogee. Ovvero, dei magazzini sotterranei scavati nella roccia delle Dolomiti, dove le mele si possono conservare in maniera naturale, con un risparmio energetico rispetto alle normali celle frigo. [Missing Caption][Missing Credit] La funivia, lunga 1,3 chilometri e con un dislivello di quasi 90 metri, è in grado di trasportare ogni ora 460 contenitori da 300 chili ciascuno, viaggiando alla velocità di cinque metri al secondo. Ogni anno si eviteranno 5mila viaggi di camion, con una notevole riduzione delle emissioni. La funivia è alimentata da fonti rinnovabili (fotovoltaico e idroelettrico) e sfrutta il peso delle mele in discesa anche per la produzione di energia. In altre parole, la funivia delle mele è una soluzione futuristica e difatti è l’unico impianto di questo tipo al mondo. È pensato per portare risultati economici e benefici ambientali: tutto ciò che doveva stare alla base del programma europeo “Next Generation Eu”, il piano di rilancio varato dall’Unione Europea nel contesto della pandemia. L’opera è costata 10 milioni di euro e il 40 per cento è stato appunto finanziato dal Pnrr. Il consorzio Melinda riunisce circa 4mila imprese agricole trentine per circa 6.700 ettari di meleti che generano un fatturato annuo da 330 milioni di euro, dando lavoro a circa 1.300 persone. In altre parole, è davvero un simbolo di eccellenza, ma, proprio per questo, rischia di trasformarsi per il governo Meloni in una vetrina scintillante, utile più alla narrazione politica che a raccontare lo stato reale del Pnrr. Giuseppe Conte: «Meloni fa poco e male su tutto. Ha consenso grazie a tv e giornali. L’Ulivo? Noi dobbiamo durare» Trasparenza e ritardi Uno dei nodi più controversi del piano resta infatti la trasparenza. Per colmare le lacune informative è nato l’Osservatorio civico Pnrr, che riunisce oltre 300 organizzazioni impegnate nella rendicontazione pubblica. Da tempo chiede accesso ai dati aggiornati sull’attuazione, incontrando però ostacoli e reticenze. Secondo Openpolis, il sistema ReGis, che dovrebbe monitorare l’avanzamento dei progetti, presenta «incongruenze e problemi di accuratezza». Finora l’Italia ha sempre centrato gli obiettivi intermedi richiesti da Bruxelles per ottenere le rate di finanziamento, rinegoziando in corsa alcune parti del piano. Ma dietro il rispetto formale delle scadenze emergono elementi più problematici. A fine settembre risultavano spesi 85,8 miliardi sui 157,8 attivati: poco meno del 49 per cento. Circa 18 miliardi, l’11,5 per cento delle risorse complessive, sono legati a progetti definiti “critici”, perché ancora in fase di progettazione, di gara o senza aggiornamenti recenti. Le difficoltà non sono omogenee. Nella Missione 7 di RepowerEU, dedicata a energia e sicurezza energetica, quasi la metà dei fondi è in stallo. La Missione 2 sulla transizione ecologica registra ritardi su quasi un quinto delle risorse. Una recente relazione della Corte dei conti sottolinea come le opere più complesse, in particolare per trasporti ferroviari locali, edilizia carceraria e interventi antisismici sui luoghi di culto, stiano accumulando ritardi già nelle fasi preliminari, dalla progettazione all’affidamento. Le amministrazioni territoriali, spesso sotto organico, faticano a gestire scadenze, procedure e caricamento dei dati, con inevitabili slittamenti operativi. [Missing Caption][Missing Credit] Vetrina e realtà La Commissione europea, nelle previsioni economiche, ha ribadito che il 2026 resta la scadenza formale del Pnrr: entro quella data devono essere firmati i contratti e devono essere trasferite le risorse agli enti che realizzano i progetti. Alcuni interventi, però, potranno comunque essere realizzati materialmente anche dopo, ad esempio nel 2027, se l’impegno finanziario è stato completato entro il 2026. Allo stesso tempo, il commissario all’Economia Valdis Dombrovskis ha ricordato che il Pnrr è oggi il principale motore degli investimenti pubblici in Italia. Il rischio è che un progetto futuristico come quello del Trentino, che martedì 18 novembre sarà festeggiato con una passerella di autorità locali e nazionali, sia un facile spot di quello che ha funzionato con il Pnrr. In attesa di mettere in luce i ritardi che, altrove, restano ancora nell’ombra.