Patriota ma non nazionalista, donna ma anche uomo se delle istituzioni, rappresentativo del sentire comune ma anche scelto grazie ai voti del centrodestra che sentono di avere l’occasione di essere determinanti.

Come dicevano i politici della prima repubblica, per scegliere il capo dello Stato bisogna prima di tutto «disegnarne il profilo». Poi, e solo poi, inizia la fase di individuazione di chi possa veramente indossare l’abito confezionato dagli accordi tra grandi elettori. Una fase delicata, questa ultima, che va fatta di concertazione tra tutte le forze politiche dell’arco costituzionale.

In questo passaggio politicamente confuso, invece, il profilo del prossimo presidente viene spesso tracciato dai politici in interviste e dichiarazioni. Con l’esito che, se accostati uno all’altro, questi identikit restituiscono l’immagine di un Frankenstein difficilmente individuabile nei pur ampi serbatoi di riserve della repubblica.

Un patriota

La definizione che recentemente più ha fatto discutere è quella scelta dalla leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, nel suo intervento di chiusura alla festa del suo partito. «Al Quirinale vogliamo un patriota», ha tuonato dal palco, scatenando la caccia. Chi è un candidato «patriota»? Il Partito Democratico ha postato le foto di Sandro Pertini, Matteo Salvini ha risposto che in Italia «ci sono 60 milioni di patrioti».

Ma non nazionalista

A prenderla più sul serio è stato il vicepresidente della Lega, Lorenzo Fontana. Commentando la dichiarazione dell’alleata a facendo anche lui il suo identikit, il deputato ha spiegato che patriota va bene perchè «è colui che ama la terra dei padri», ma «purché non significhi nazionalista». Insomma, per una parte della Lega il presidente deve avere in sé il germe del federalismo ormai di bossiana memoria. Un sostantivo che però non è detto che vada bene anche a Salvini, che ha fatto bandiera dell’allargamento del partito al centro-sud e al federalismo preferisce il sovranismo. 

E nemmeno antieuropeo

Il concetto di patrota ha scatenato un turbinio di dichiarazioni e contro-profili. Il segretario del Pd, Enrico Letta ha specificato che è «inimmaginabile l'Italia con un presidente della Repubblica anti-europeo». In realtà, la stessa Meloni ha utilizzato Atreju come luogo per ricostruirsi una presentabilità europea, occupando lo spazio dei conservatori di cui è presidente in Europa, archiviando il sovranismo salviniano e facendosi incoronare anche dai leader a lei avversi come forza sì di opposizione ma dentro il sistema politico.

Anche populista va bene

Un vincolo, quello posto da Letta, che non convince per nulla il segretario della Lega, Matteo Salvini. «Se qualcuno ha la spocchia di sedersi e dire che non può essere di centrodestra, sovranista, populista, dico: il presidente della Repubblica è di tutti, non c'è un articolo 1-bis della Costituzione che dice che il Pd ha diritto imperituro di scelta». Peculiare è la rosa di aggettivi proposta da Salvini. Un’iperbole, o forse no.

Mai un capo di partito

Quanto al pedigree più prettamente politico, Letta ha specificato anche che il capo dello stato «rappresenta un arbitro, un motore, un garante che dà voce a tutti i cittadini. Rivedendo i 12 presidenti viene fuori che non c’è mai stato nessun leader o capo politico. E non è un caso». Tradotto: il futuro presidente non può essere un leader di partito, men che meno in carica. Le sue parole servono di fatto a stoppare la candidatura di Silvio Berlusconi, che nel centrodestra continua ad essere l’unica ipotesi concretamente sul tavolo.

Ma serve un politico

Visione diametralmente opposta, invece, è quella di Forza Italia. Il coordinatore Antonio Tajani ha riposto a Letta dicendo che invece «l'Italia ha bisogno di un politico di spessore, che ha preso voti e ha governato» perchè «la stagione dei tecnici non può durare all'infinito». E chi è più politico e allo stesso tempo patriottico di Silvio Berlusconi, è la chiosa finale. 

Scelto da tutti

Ben attento a rimanere il più possibile sul generico, il capo politico del Movimento 5 Stelle, Giuseppe Conte, ha delineato il suo candidato ideale come un esponente di «alto profilo morale e rappresentativo quanto più ampiamente possibile dello schieramento di forza costituzionali che sono in parlamento». Tutto e niente, insomma. Unica condizione, sarebbe quel «quanto più ampiamente rappresentativo», sintomo del fatto che sarebbe in atto un tentativo di concertazione ampia. Quantomeno per scongiurare il buio della quarta votazione, in cui basta la maggioranza assoluta e potrebbero arrivare colpi di mano.

Ma l’iniziativa è del centrodestra

Scelto da tutti sì, ma l’iniziativa «deve essere del centrodestra», ha specificato il leader di Italia Viva, Matteo Renzi, ospite alla festa di FdI. La tesi è che il centrodestra, come polo di maggior consenso, dovrebbe essere l’artefice della regia, individuando la rosa di nomi e proponendoli al resto dell’arco parlamentare. Esattamente come Renzi rivendica di aver fatto, quando era leader del Pd, con l’elezione di Sergio Mattarella.

E comunque donna

A rilanciare il tema del genere sono in molti. Lo ha fatto il mese scorso Rosy Bindi, che ha detto che al Quirinale vorrebbe una donna. «Se non ci fosse il Cavaliere, bello sarebbe pensare a una donna», ha detto anche la ministra del Sud, Mara Carfagna, con la premessa d’obbligo per rispetto al suo leader. Anche Conte ha detto che vedrebbe bene una donna, «ho già in testa un profilo di cui poter essere tutti orgogliosi». Profilo di cui però non ha dato altri connotati oltre al cromosoma. In realtà, l’elemento femminile della prima presidente al Quirinale è accarezzato da molti: nessun leader direbbe mai di no, in termini generali, salvo poi esercitare tutti i distiguo politici del caso. Come ha fatto Salvini.

Però abbiamo in mente un uomo

«Berlusconi si chiama Silvio e non Silvia», ha commentato Salvini ad Atreju, rispondendo a chi gli chiedeva dell’ipotesi donna. Se quindi l’iniziativa effettivamente verrà presa dal centrodestra, il nome di Berlusconi rimane prepotentemente in campo. Nel caso in cui l’ex premier facesse un passo indietro «noi avremmo più di una donna in grado di ricoprire egregiamente il ruolo». In realtà, il dubbio di Salvini è anche quello di altri leader politici, che però a differenza del centrodestra non hanno un profilo ingombrante in campo nei cui confronti soppesare ogni dichiarazione. Anche al Pd non dispiace in astratto una donna al Colle, ma in concreto una parte del partito continua a sperare nel bis sempre più irrealizzabile di Mattarella oppure ragiona nell’avvicendamento di Mario Draghi con rimpasto di governo.

Foto Cecilia Fabiano/ LaPresse 02 Novembre 2021 Roma (Italia) Politica Il Ministro della Cultura, Dario Franceschini, e la Ministra della Giustizia, Marta Cartabia, siglano protocollo d'intesa per la tutela del patrimonio culturale attraverso il coinvolgimento della amministrazione penitenziaria. Nella Foto : Marta Cartabia Photo Cecilia Fabiano/ LaPresse November 02 , 2021 Rome (Italy) Politics The Minister of Culture, Dario Franceschini, and the Minister of Justice, Marta Cartabia, sign a memorandum of understanding for the protection of cultural heritage through the involvement of the prison administration. In the Pic : Marta Cartabia

Nel valzer delle dichiarazioni e delle ricostruzioni giornalistiche, il profilo del candidato presidente è sempre più confuso. Eppure a tracciarlo sono i referendi di partiti che dovrebbero essere nel pieno del confronto riservato per far emergere una figura comune.

Il sottinteso sembra uno solo: l’ancora imponderabile decisione è nelle mani del premier Mario Draghi e questo lascia i partiti nel limbo. Se Draghi sceglierà di far filtrare la sua voglia di Quirinale, ogni bozza di profilo verrà cancellata con un tratto di penna per lasciare spazio a quello dell’attuale premier, con l’assicurazione però che la legislatura prosegua. Altrimenti, il Frankenstein che emerge dalle dichiarazioni opposte dei leader dovrà piano piano essere plasmato nella fotografia credibile di un quirinabile. Meglio se disponibile e con appoggio politico trasversale.

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