Nei giorni scorsi, sulle pagine di questo giornale Francesco Seghezzi ha sollevato alcune importanti questioni sulla norma sui tirocini presente in legge di Bilancio.

Che questo fosse un tema su cui intervenire era chiaro già prima della pandemia. L’esistenza di una fattispecie di inserimento lavorativo che però lavoro non è, in quanto il tirocinio si configura come mero momento di formazione e non come contratto di lavoro, ha consentito il proliferare di una zona grigia che si estende ben oltre il percorso formativo.

In questo limbo si celano troppo spesso abusi di lavoro sottopagato e sottotutelato, che ormai rappresentano una tappa di precarietà per milioni di giovani italiani anche vari anni dopo il completamento degli studi.

Il dato più recente sulle comunicazioni obbligatorie, inoltre, mostra un’impennata dei tirocini extracurricolari nel secondo trimestre del 2021, con un aumento di oltre il 200 per cento delle attivazioni. Al quadro preesistente di necessità, quindi, si aggiunge un dato di urgenza: non possiamo consentire che la ripartenza economica scarichi l’incertezza sui giovani sotto forma di precarietà lavorativa.

Un intervento normativo sui tirocini extracurricolari, tuttavia, non è affatto semplice. Il tirocinio nasce nel 1997 e successivi decreti ministeriali ne disciplinano lo svolgimento all’interno di percorsi di studio, ma la riforma costituzionale del 2001 assegna alle regioni la competenza sulla formazione professionale. Nasce così, de facto ma non in legge, la distinzione tra tirocini curricolari – normati a livello nazionale – ed extracurricolari – soggetti alla competenza delle regioni.

I tirocini extracurriculari

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L’ampia eterogeneità regionale sugli extracurriculari porta già nel 2011 il governo a definire limiti comuni di durata e attivazione, che però vengono dichiarati illegittimi dalla Corte costituzionale, e si procede quindi allo sviluppo di linee guida condivise nella conferenza stato-regioni, da concretizzarsi attraverso leggi regionali.

Attualmente, perciò, un intervento dello stato sui tirocini extracurricolari può passare solamente attraverso nuove linee guida insieme alle regioni. A livello centrale si può al massimo delineare un quadro di indirizzo, che però spetterà poi alla conferenza attuare.

Alla luce questa complessità normativa, come ministero siamo intervenuti in legge di Bilancio innanzitutto per operare, per la prima volta, la distinzione tra curricolari ed extracurricolari e per individuare alcuni standard di qualità comuni a tutti i tirocini: incompatibilità con lavoro subordinato, sanzioni per le violazioni, monitoraggio attraverso le comunicazioni obbligatorie e l’applicazione della normativa su salute e sicurezza.

Sugli extracurricolari, in particolare, si richiedono nuove linee guida in conferenza stato-regioni entro il primo semestre del 2022, per le quali abbiamo voluto inserire un indirizzo politico preciso: basta stage indiscriminati.

I tirocini extracurricolari non possono sostituire contratti di lavoro subordinato, devono essere riservati a soggetti con oggettive difficoltà di inclusione sociale, cioè soggetti nei confronti dei quali altrimenti non si attiva un contratto di lavoro.

In altre parole, il tirocinio serve o durante il percorso formativo, se curricolare, o a livello extracurricolare per chi è in oggettivo svantaggio e ha bisogno di una marcia in più nel mercato del lavoro perché non ha altro modo di entrarvi.

Non può diventare un livello base nell’organico aziendale o un escamotage per sfruttare lavoro a breve termine o a basso costo. Se un giovane, terminati gli studi, ha bisogno di ulteriore formazione in azienda, esistono strumenti contrattuali appositi come l’apprendistato, che infatti stiamo lavorando per potenziare.

Investire sulla natalità

Naturalmente la definizione precisa di quali categorie siano da considerarsi in difficoltà di inclusione sociale spetterà alla conferenza stato-regioni: maggiore dettaglio a livello statale sarebbe incostituzionale.

Tuttavia, l’indirizzo politico da parte del governo e del parlamento è forte e chiaro: la definizione di queste categorie deve essere più stringente possibile, per far sì che il tirocinio extracurricolare non diventi una modalità standard di lavoro.

Lo standard deve essere un lavoro regolare, con le piene tutele del rapporto dipendente. Solo così ai giovani verrà garantita la piena dignità di lavoratori, oltre alla stabilità necessaria per costruire la propria vita e una famiglia. Non a caso l’Italia è al tempo stesso il paese con il più alto tasso di precarietà giovanile in Europa e con l’età media più alta in cui le donne hanno il primo figlio.

In quest’ottica, un’azione netta sui tirocini non aiuta solo a riconoscere ai giovani la dignità del loro lavoro, ma anche a investire sulla natalità in un periodo di profonda crisi demografica, a ridurre gli strumenti di dumping in un paese con salari bloccati da decenni, e a incentivare maggiore partecipazione sociale ed economica di una generazione pronta a cominciare la propria vita indipendente.

 

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