Giorgia Meloni, che ribadisce appena può di essere una donna, una madre e una cristiana, si prepara a combattere contro l’aborto incentivando le misure che possono dissuadere da questa scelta. Lo ha spiegato in un’intervista rilasciata al quotidiano Avvenire, giornale della Conferenza episcopale italiana, dove ha spiegato: «Serve coraggio. Fratelli d’Italia chiede da sempre la piena applicazione della 194, a partire dalla parte rimasta disattesa sulla prevenzione».

E ancora: «Intendiamo istituire un fondo per rimuovere le cause economiche e sociali che possono spingere le donne a non portare a termine la gravidanza. E vogliamo anche sostenere i Centri di aiuto alla vita, che fanno un lavoro straordinario e accompagnano le donne nelle loro scelte».

Centri che orbitano nella sfera cattolica promossi dal Movimento per la Vita presieduto da Marina Casini Bandini. Un riferimento significativo, visto che la docente dell’Università Cattolica di recente ha proposto di partire dall’aspetto culturale per arrivare a cambiare la legge sull’aborto e che sul tema ha dimostrato una posizione più che netta.

Bandini, quando è emersa la storia del cimitero dei feti con i nomi delle donne che avevano abortito, si è affrettata a criticare le reazioni rilanciando una lettera scritta dal medico pro life Massimo Gandolfini: «Non sarà che il delirio pro aborto del politicamente corretto (che non è più in grado neppure di ricordare che esistono anche gli aborti spontanei) vuole nascondere in fretta, senza lasciare né segni né memorie, il fatto ineludibile che si tratta di un essere umano morto?».

La 194

Nel programma di Meloni la parola “aborto” non viene nemmeno pronunciata. Si legge di «campagne di comunicazione e informazione di natura medica sul tema della fertilità. Piena applicazione della Legge 194 del 1978 sull’interruzione volontaria di gravidanza, a partire dalla prevenzione».

La legge è nata per garantire il diritto alle donne di scegliere se abortire. Ma la leader del partito di destra ha deciso che, una volta superate le elezioni, la sua forza politica – data in testa agli ultimi sondaggi disponibili – si spenderà per l’altra parte della legge: quella che prevede che lo stato contribuisca a far superare le cause che potrebbero indurre la donna ad abortire.

La scelta di occuparsi di questa parte dunque è manifestamente legata all’ideologia non solo perché la “natalità” è il primo punto del programma di Giorgia Meloni, ma perché nei fatti l’Italia non è un paese dove l’elevato numero di aborti è un problema, anzi, semmai il contrario. 

Secondo la relazione del ministero della Salute pubblicata quest’estate, l’Italia rimane uno dei paesi con il tasso di interruzione di gravidanza più basso al mondo. Da una parte è migliorato l’utilizzo dei contraccettivi, ma dall’altra la percentuale di obiettori di coscienza, cioè il personale medico che non pratica per scelta l’interruzione di gravidanza, rimane elevatissima: nel 2020 si parla del 64,6 per cento, con forti divari regionali.

Gli esempi da seguire per il partito “post-fascista” li cita la stessa leader: «L’assessore Marrone con il fondo “Vita nascente” dà 400mila euro per le donne in situazioni di fragilità sociale», quindi il Piemonte. Mentre la prima regione dove Meloni è andata a fare campagna elettorale è stata le Marche, «un modello» per la presidente di FdI, con la presidenza del “Fratello d’Italia” Francesco Acquaroli. La regione si è rifiutata di adottare le linee guida del ministero della Salute per l’uso della pillola abortiva RU486. È lo stesso territorio dove il 70 per cento dei ginecologi risulta obiettore (dato 2020, nel 2019 erano addirittura tutti).

La bellezza della genitorialità

Insieme alla battaglia contro l’aborto, Meloni garantisce al quotidiano cattolico che è pronta a far riscoprire «la bellezza della genitorialità». Questo, ha proseguito, «è il primo punto del nostro programma perché se non torniamo, come dice il presidente dell’Istat Blangiardo, a produrre “Pil demografico”, l’Italia è destinata a scomparire. Serve un piano imponente, anche sul fronte culturale, per riscoprire la bellezza della genitorialità».

Il partito di Meloni è già in prima fila visto che Federico Mollicone, responsabile cultura del partito (lo stesso che ha chiesto alla Rai di non trasmettere l’episodio di Peppa Pig con una coppia omogenitoriale di mamme), nel 2019 sfilava alla Marcia per la vita con lo striscione “Dio, patria, famiglia” in delegazione con la senatrice Isabella Rauti, figlia di Pino Rauti, ex segretario dell’Msi. Entrambi sono candidati e sono dati per certi in parlamento.

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