I ragazzi cresciuti negli anni Settanta ricorderanno sicuramente la serie televisiva di grande successo Happy Days, sit-com statunitense prodotta dalla Abc dal 1974 e trasmessa su Rai 1 dal 6 gennaio 1978 al 1983. Protagonisti principali i membri della famiglia Cunningham, i loro amici e, soprattutto, Arthur Fonzarelli, in arte Fonzie, che con  il suo ciuffo, il giubbotto di pelle e l’inseparabile moto, incarnava il sogno americano sulla scia di American Graffiti, sottolineando i momenti topici con l’espressione «ehi» e i pollici alzati. Una figura simbolo per una generazione di giovani telespettatori, capace di durare negli anni.

Al punto che nel marzo del 2013 Matteo Renzi, all’epoca sindaco di Firenze impegnato nella corsa alla segreteria del Partito democratico nel segno della rottamazione, si era presentato con un giubbotto di pelle negli studi di Amici di Maria De Filippi e aveva poi replicato in un servizio fotografico per il settimanale Chi.

Un’altra caratteristica che ha reso celebre il personaggio interpretato dall’attore Henry Winkler, era il fatto che Fonzie non riuscisse mai a pronunciare la parola «scusa». Quando le circostanze lo richiedevano, nonostante i ripetuti sforzi, dalla sua bocca uscivano strani suoni gutturali, versi, grugniti, ma non una parola che non faceva evidentemente parte del suo vocabolario.  

Parallelismo storico

Nel corso della conferenza stampa a conclusione del suo viaggio a Kiev Giorgia Meloni, oltre a ribadire pubblicamente l’invio di armi a sostegno del popolo ucraino e l’appoggio incondizionato dell’Italia «sino alla fine», si è lanciata in un parallelismo storico fra i due paesi. Qualcuno, ha detto Meloni, ha «sottovalutato l’eroica reazione di un popolo disposto a fare tutto ciò che va fatto per difendere la sua libertà, la sua sovranità e la sua identità». Una reazione che mi «ha ricordato la nascita dello stato italiano: c’era un tempo in cui si diceva che l’Italia fosse solo un’espressione geografica. Ma col Risorgimento ha dimostrato di essere una nazione».

Dovendo rievocare il momento fondativo dell’identità italiana la presidente del Consiglio è risalita fino al Risorgimento e alle guerre d’indipendenza condotte oltre 150 anni fa contro gli austriaci e i Borboni, “dimenticandosi” di un’altra «eroica reazione di un popolo disposto a fare tutto ciò che va fatto per difendere la sua libertà, la sua sovranità e la sua identità»: la guerra di liberazione e la resistenza contro il nazifascismo. Un’amnesia? Più probabilmente un tentativo di addomesticare la storia, che bene si colloca nel progetto di contrasto dell’egemonia culturale della sinistra, iniziato dal ministro dei Beni culturali, Gennaro Sangiuliano, che ha arruolato Dante Alighieri nel pantheon della destra.

Come il protagonista di Happy Days non sapeva dire «scusa», così la presidente del Consiglio non riesce a pronunciare le parole “resistenza” e “lotta di liberazione”, che pare non facciano parte del suo vocabolario. E rimane l’interrogativo di quali siano gli Happy Days a cui guarda Giorgia Fonzarelli.

© Riproduzione riservata