La candidatura al Quirinale di Silvio Berlusconi è «un dogma», dice Gilberto Pichetto Fratin, viceministro allo Sviluppo economico a fianco del ministro leghista Giancarlo Giorgetti.

Il Movimento 5 stelle e il Partito democratico non lo voterebbero mai, e quindi come scritto su Domani c’è un altro esponente di peso che diventa una possibilità: «Gianni Letta sarebbe un candidato rispettabilissimo e all’altezza del ruolo» prosegue il viceministro. 

Molto più esplicito di lui un altro deputato di Forza Italia, Luca Squeri, responsabile energia del partito lombardo vicino al presidente di Confcommercio Carlo Sangalli. Anche Squeri, in parlamento dal 2013, ha fatto parte dell’associazione: «Berlusconi è la prima scelta, Gianni Letta potrebbe essere la seconda». Di certo Squeri crede che Mario Draghi debba «rimanere a Palazzo Chigi», ribadisce. 

Secondo Squeri Letta, rispetto a Berlusconi, avrebbe un vantaggio: su di lui potrebbe arrivare la convergenza non solo del centrodestra, ma persino i voti «di Enrico Letta, mi viene difficile pensare che il nipote non lo voti», dice senza ironia.

I numeri del centrodestra

Lega e Fratelli d’Italia dovranno dire la loro. Il segretario del Carroccio, Matteo Salvini, sta cercando di mettersi al centro dei giochi. Da prima di Natale chiama leader di maggioranza e opposizione proponendosi come mediatore. Ha ribadito l’importanza di trovare un nome comune portando avanti il sentimento di unità che il presidente uscente (forse) Sergio Mattarella chiede a ogni evento pubblico. Ma quello che serve adesso è un nome realmente spendibile.

L’appoggio di Salvini e Meloni al leader di Forza Italia a Berlusconi va a giorni alterni. A questo si aggiungono le condizioni di salute dell’ex presidente del consiglio e i processi cui dovrà partecipare da imputato: come quello in corso per le «cene eleganti» che dovrebbe essere celebrato proprio nei giorni dell’elezione del presidente della Repubblica.

Il centrodestra però parte in vantaggio e lavorerà per non sprecare l’occasione: «Con i nostri numeri è certo che non accetteremo veti da nessuno» commenta Matilde Siracusano, deputata siciliana. Lei, pasionaria del Ponte sullo Stretto, è alla prima legislatura e non partecipa ai tavoli ristretti, ma ha una convinzione: «Quando arriverà la decisione, voteremo compatti, anche perché abbiamo la forza numerica». Data anche dal fatto che ben quindici regioni su 20 sono di centrodestra. La Sicilia, una di queste, è già schierata: «Credo che non ci saranno dubbi. Stiamo aspettando la riunione con Gianfranco Micciché», presidente dell’assemblea regionale.

«Il mio nome sulla scheda sarà quello di Berlusconi, a prescindere da tutto», dice la deputata senza esitare, che precisa: «Finora non c’è stata alcuna candidatura ufficiale. Il vero nome si saprà solo dopo la manovra, quando ci riuniremo e verrà deciso ufficialmente su chi punteremo. Poi bisognerà aspettare che arrivi la convocazione del presidente della Camera per le votazioni».

Gianni Letta e Silvio Berlusconi (Roberto Monaldo)

Quirinale e pandemia

La data della prima chiama potrebbe allungare i tempi delle trattative. Si parla del 18 gennaio. L’agenda della Camera è piena fino al 14, e a questa si aggiunge già il voto finale per la conversione in legge del decreto che istituisce il super green pass, previsto per il 17 gennaio.

«La pandemia è un argomento molto delicato – dice Pichetto Fratin –, rischia di incidere sulle valutazioni che deve fare il presidente della Camera. Non si può non tenerne conto. Non è detto che il primo voto sia il 18, d’altronde il settennato scade il 3 febbraio».

In questo momento «le ipotesi valgono tutte e nessuna, dipenderà dalla strategia di tutto il centrodestra». Guardando un po’ più in là: «Gianni Letta ha un rapporto di parentela anche con il Pd. Questa è una valutazione che dovrà fare Silvio Berlusconi».

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