Sono una presenza spesso cruciale ma discreta, si muovono al riparo dei riflettori, in situazioni potenzialmente a rischio. Spesso sono più informati delle forze dell’ordine, e spesso direttamente dai ragazzi dei free party. Gli operatori del Cnca, il Coordinamento nazionale comunità accoglienti, c’erano anche a Modena, lunedì, e hanno seguito passo passo il rave nel capannone e poi l’evacuazione dello stabile. Ne parliamo con il presidente di Cnca Riccardo De Facci

Iniziamo dall’inizio: chi sono i vostri operatori?
Il Cnca è da quarant’anni la più grande rete di intervento sulle dipendenze. Abbiamo 260 enti e 20mila operatori in tutta Italia, gestiscono circa 300 servizi residenziali (comunità terapeutiche con 5mila ospiti ogni anno) e innumerevoli progetti di prevenzione e interventi territoriali; coordina anche un centinaio di progetti e servizi di riduzione del danno e dei rischi che agiscono nei contesti di possibile consumo giovanile. Appunto come grandi eventi musicali, rave, discoteche, luoghi del loisir e movida urbana. Ma anche nelle piazze del consumo, della tossicodipendenza e dello spaccio di molte delle nostre città (Rogoredo, Scampia, Palermo, Roma, Firenze e Bologna fra le altre). Gli operatori sono tutti  professionalizzati, medici, infermieri, psicologi, educatori e operatori sociosanitari. Agiscono secondo i mandati stabiliti dal 2016 dai Livelli essenziali di assistenza nazionali del ministero della Salute e della Conferenza delle regioni. Linee di indirizzo sanitario che stabiliscono l’importanza di contenere i danni di un consumo e abuso di sostanze stupefacenti e psicoattive legali (alcool e psicofarmaci) e l’impatto che tali consumi possono avere sulla salute delle persone e sulle dinamiche dei territori dove si concentrano.

Chi vi chiama, gli organizzatori dei free party o le forze della polizia?
Gli operatori sono attivi normalmente nei contesti territoriali, tutte le settimane dell’anno, e per ogni uscita scelgono i luoghi e gli eventi che più presentano fattori di rischio connessi al consumo, abuso e dipendenza da sostanze psicoattive. Per limitarne i possibili rischi. Ai free party, o ai grandi eventi auto organizzati, la nostra presenza nasce dalla conoscenza continuativa del mondo del divertimento giovanile, delle organizzazioni che li attraversano e degli stessi consumatori che, riconoscendo il valore e l’utilità della presenza degli operatori con i loro strumenti di profilassi e presa in carico e intervento, ne chiedono la presenza e l’aiuto.

Sono figure intermedie fra forze dell’ordine e partecipanti al rave?
Uno dei più pericolosi fattori di rischio nei free party ma anche nelle grandi manifestazioni è sempre l’accalcamento, lo schiacciamento della folla in panico. Oppure un intervento duro delle forze dell’ordine per sgomberare aree altamente frequentate, e magari evitare reazioni violente di parte dei frequentatori alterati o poco lucidi, spesso in viaggio da giorni per partecipare a quegli eventi. Per questo i responsabili degli interventi spesso compiono anche un’opera di mediazione tra alcuni degli organizzatori e le forze dell’ordine giunte sui luoghi degli eventi. Cercano di negoziare modalità organizzative che tengano conto delle diverse esigenze. Come è avvenuto un anno fa a Viterbo e lunedì 30 ottobre a Modena, dove hanno facilitato lo sgombero anticipato dell’area senza bisogno di forzature o violenze.

La vostra presenza significa che tradizionalmente in questi eventi si fa uso di sostanze?
Partiamo da una presa d’atto: quasi nessun evento musicale o di divertimento collettivo giovanile non prevede anche intermediazione chimica e alterazioni più o meno gravi. Alcool o psicofarmaci in alcuni casi, sostanze stupefacenti in altri, con modalità e sostanze molto diverse e modelli di consumo altrettanto diversificati. I free party e i rave sono spesso organizzati su ritmi musicali e con tempi frenetici e continuativi di divertimento, come la musica techno e sue evoluzioni, per più giorni consecutivi. È possibile che alcuni partecipanti utilizzino sostanze stupefacenti, e non sempre conosciute per la loro pericolosità e composizione, vista la loro estrema variabilità. Sono più di mille le nuove sostanze chimiche (Nps, nuove sostanze psicoattive, ndr) censite dall’Osservatorio europeo solo negli ultimi dieci anni. Gli operatori forniscono supporto a tutti i rischi di abuso e ai malesseri. Ma anche alle eventuali contusioni, o alle ferite, per l’accalcamento o per situazioni di alterazione psichica, quando chi sta intorno spesso è spiazzato. Le nostre équipe sono in contatto continuo con il 118 e con le autoambulanze del territorio.

Qual è la formazione dei vostri operatori?
Abbiamo operatori formati ad hoc, con professionalità sociosanitarie di base, ma anche con un aggiornamento continuo sulle nuove sostanze circolanti, in raccordo con il sistema di allerta rapido dell’Istituto superiore di Sanità e con i servizi antiveleni dei vari territori.

Qual è il rapporto delle vostre équipe con le autorità sul luogo e quelle di governo?
I servizi di riduzione del danno sul mondo delle tossicodipendenze e di riduzione dei rischi soprattutto rispetto al mondo del loisir e giovanile sono servizi previsti dai Livelli essenziali di assistenza stabiliti dal ministero della Salute e approvati dalla Conferenza stato regioni nel 2017. Quindi appartengono alle prestazioni che dovrebbero essere garantite su tutto il territorio nazionale. Purtroppo una posizione politica preconcetta ideologica, in contrasto con le linee della stessa Organizzazione mondiale della sanità, ne rendono difficile l’applicazione. Ma noi di Cnca insieme all’Organizzazione Itardd (Coordinamento italiano della riduzione del danno) riteniamo necessaria la presenze dei nostri operatori proprio nei luoghi di maggiore rischio. Quindi da anni semplicemente ci siamo. E di questa nostra presenza sono informate tutte le istituzioni interessate. Il Piano nazionale antidroga scritto da tutte le organizzazioni che operano nel settore ha stabilito le linee guide e gli indirizzi di questa presenza. Il rischio è che la disponibilità a livello nazionale dipenda più da preconcetti ideologici che per una seria applicazione delle normative vigenti. Ma nei luoghi degli interventi troviamo sempre attenzione e collaborazione. Soprattutto dai rappresentati locali della sicurezza.

A Modena, come in altri casi, le forze dell'ordine non hanno scelto il "pugno duro", che pure alcuni ministri chiedono. Meglio il pragmatismo?
Se l’obiettivo è quello della salvaguardia della salute delle persone e del contenimento del danno, prevenendo possibili azioni sconsiderate, a prescindere dal giudizio sugli eventi che si stanno svolgendo, diventa quasi sempre semplice cercare e trovare insieme le risposte e le negoziazioni possibili. Appunto perché il danno sia il minore possibile per le persone, per le situazioni e per il territorio. Come accaduto a Viterbo, a Modena, e in molti altri luoghi. Purtroppo a volte dai ministeri e dai governi arrivano affermazioni staccate dalla realtà, che non considerano le situazioni reali e i danni possibili derivanti da posizioni di principio, ideologiche e preconcette. Noi procediamo con il pragmatismo della ragione. Perché di questi temi ci occupiamo da molti anni. E cerchiamo di essere lì dove le persone hanno bisogno di noi.

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