Un equilibrio tra reddito di cittadinanza e flessibilità sul lavoro: come nel 2019, quando il reddito fu introdotto, anche oggi sarà questa la chiave delle modifiche al provvedimento che vuole portare avanti il nuovo governo. 

«Il reddito di cittadinanza non potrà essere a vita; sarà rinnovabile per periodi sempre più brevi e con un assegno a scalare. Chi rifiuterà anche una sola offerta di lavoro perderà il sussidio». Così il sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon racconta il nuovo sistema, «un décalage e un sistema che incentivi le persone a lavorare». 

Le proposte

Nell’articolo, Durigon specifica che anche nel governo gialloverde «avevamo un’impostazione diversa dai Cinque stelle» per spiegare perché adesso la Lega metterà mano a un provvedimento che ha contribuito ad approvare. Ma i soldi del taglio sono necessari per finanziare la flessibilità su Quota 102, il nuovo progetto per il lavoro firmato Lega. Non si tratta di togliere soldi ai poveri, dice il sottosegretario, «vogliamo solo dare una risposta diversa a chi può lavorare: dignità attraverso il lavoro». 

Il nuovo percorso, spiega Durigon, che «prevede dopo i primi 18 mesi di reddito, che si possa andare avanti al massimo per altri due anni e mezzo, ma con un décalage». Inoltre, dopo il primo anno e mezzo, il sussidio verrebbe sospeso e il percettore verrebbe inserito in un percorso di politiche attive del lavoro. Questi sei mesi sarebbero finanziati con le risorse del Fondo sociale europeo. Dopo quell’esperienza, il percettore potrebbe tornare a ottenere il reddito «ma con un importo tagliato del 25 per cento e una durata ridotta a 12 mesi». Continuerebbe comunque la formazione, e se dopo questo periodo il beneficiario non avesse ancora trovato un lavoro, sarebbe sospeso per altri sei mesi, trascorsi i quali potrebbe tornare a ottenere il sussidio per l’ultima volta, questa volta «solo per sei mesi e per un importo decurtato di un altro 25 per cento». 

Le altre novità

Il reddito poi verrebbe sospeso anche dopo un solo rifiuto di un’offerta di lavoro. La stretta colpirebbe un lavoratore su tre, spiega Durigon, che promette anche un coinvolgimento maggiore delle agenzie interinali private. I fondi risparmiati andranno dritti a finanziare quota 102: la pensione dopo 41 anni di lavoro e 61 di età. «Darebbe la possibilità di andare in pensione prima a una platea di circa 90mila lavoratori» sostiene il sottosegretario. 

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