Il leader della Lega, Matteo Salvini, ormai ne è convinto: la giustizia è il tema per cui battersi in questa fase politica e il referendum promosso insieme al Partito radicale è lo strumento giusto per ritagliarsi uno spazio e non venire schiacciati dentro la maggioranza di Mario Draghi. Di più, il referendum potrebbe essere la piattaforma su cui ricompattare il centrodestra che si è diviso proprio sull’ingresso nell’esecutivo. E pazienza se le mosse tattiche irritano il resto dell’alleanza di governo e complicano il lavoro della ministra della Giustizia, Marta Cartabia.

Per questo, dopo la manifestazione di piazza del 19 giugno che ha lanciato la raccolta firme, Salvini ha ripetuto che conta «nel sostegno di tutto il centrodestra» e sta lavorando pazientemente per ricomporre i pezzi.

Eppure la strada è più che in salita, se per centrodestra il leader della Lega intende l’antico tridente formato anche da Fratelli d’Italia.

Gli aderenti

Alcuni compagni di viaggio sono stati più facili di altri da reclutare. Forza Italia ha detto sì direttamente per bocca di Antonio Tajani: «Siamo a favore dei referendum perché ne condividiamo i contenuti», ha scandito il numero due del partito di Silvio Berlusconi. L’adesione rientra nei passi verso la creazione di un partito unico di centrodestra, la cui nascita sarebbe comunque stata posticipata al 2023, ma certamente i sei quesiti rientrano tra le battaglie storiche degli azzurri. Anzi, c’è chi commenta che sarebbe stato Salvini a convergere, con questa battaglia, sulle posizioni che sono state per vent’anni un cavallo di battaglia dell’ex Cavaliere.

Se però Berlusconi non si è ancora espresso in prima persona sulla possibilità di partecipare alla raccolta delle firme, i gruppi minori hanno dato la loro adesione e riempito l’agenda di Salvini con conferenze stampa di presentazione delle ragioni del loro sì. Oggi sarà un tour de force: alle 11 sarà con il nuovo Psi di Stefano Caldoro nella sede dei Radicali di Torre Argentina, alle 12 correrà al Senato per fare il bis insieme all’Udc di Lorenzo Cesa e Antonio De Poli.

La più dura da convincere, invece, rimane Giorgia Meloni. Fratelli d’Italia si sta godendo il vento favorevole nei sondaggi proprio a scapito della Lega e preferisce rimanere a guardare le mosse leghiste.

Fratelli d’Italia rilancia

Nel merito dei temi le posizioni di FdI sono più che concilianti: i quesiti referendari che riguardano i magistrati, ovvero quelli sulla responsabilità civile, sulla separazione delle carriere, l’abolizione della raccolta firme per candidarsi al Csm e il voto per i membri non togati nei consigli giudiziari convincono anche il gruppo di Meloni. Qualche dubbio tecnico, invece, generano i due quesiti afferenti al penale: quello sulla custodia cautelare e quello sull’abolizione della legge Severino. Tuttavia, nessuno in Fratelli d’Italia lascia spiragli per eventuali adesioni alla raccolta firme ma anzi rilancia la richiesta proprio a Salvini.

«Su alcuni temi referendari siamo convintamente a favore, tanto che abbiamo proposto emendamenti specifici al ddl sulla riforma dell’ordinamento giudiziario», ha spiegato Maria Carolina Varchi, capogruppo in commissione Giustizia alla Camera. «Anzi, chiediamo al centrodestra che fa parte della maggioranza di sostenerli». Nessuna adesione al referendum, però, che «è uno strumento importante di democrazia ma che consideriamo superato dagli emendamenti, che permettono di introdurre le stesse riforme in modo più immediato».

Il paradosso è che proprio questo stesso argomento – la maggiore immediatezza degli emendamenti al testo base rispetto al referendum – viene utilizzato anche da Partito democratico e Movimento 5 stelle per attaccare la scelta della Lega di aderire all’iniziativa referendaria e anzi di promuoverla attivamente pur facendo parte della maggioranza. Allo stato attuale, dunque, Lega e Fratelli d’Italia continuano ognuno sulla propria strada: la direzione sembra essere la stessa, ma il partito di Meloni non intende mettersi in scia di Salvini. Tuttavia restano una certa cordialità e un tentativo di coordinamento. Nei prossimi giorni le delegazioni dovrebbero incontrarsi e discutere proprio di giustizia, ma tenendo ben distinte le battaglie: i leghisti in piazza insieme al Partito radicale a raccogliere le firme per il referendum, FdI a pungolare la maggioranza di Draghi in commissione e in parlamento. 

 

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