Lo scontro tra magistratura e politica ha un nuovo epicentro ed è Firenze, proprio alla vigilia del consiglio dei ministri per il via libera alla riforma dell’ordinamento giudiziario.

Ad incendiare il clima è stata la richiesta di rinvio a giudizio per undici indagati tra cui  Matteo Renzi, Maria Elena Boschi e Luca Lotti, nell’inchiesta per finanziamento illecito ai partiti della fondazione Open. Il leader di Italia Viva ha considerato l’iniziativa dei magistrati come un attacco personale da parte della magistratura fiorentina che già ha indagato sulla sua famiglia nel caso Consip e poi false fatturazioni.

La reazione è stata immediata e inattesa: Renzi ha denunciato i magistrati per abuso d’ufficio, di cui si occuperà la procura di Genova per competenza sui magistrati fiorentini. Anche se lui spiega che il suo «non è un fallo di reazione», ma un modo per «ottenere giustizia» perchè «io mi fido dei giudici, non di tutti». 

In realtà, gli attacchi ai magistrati che su di lui hanno indagato non riguardano l’inchiesta Open. Scrive l’ufficio stampa di Renzi che la richeista di rinvio a giudizio di Open è «stata firmata dal procuratore Creazzo, sanzionato per molestie sessuali dal Csm; dal procuratore aggiunto Turco, che volle l’arresto dei genitori di Renzi poi annullato dal Tribunale della libertà e dal procuratore Nastasi, accusato da un ufficiale dell’Arma dei carabinieri di aver inquinato la scena criminis nell’ambito della morte del dirigente Mps David Rossi. Questi sono gli accusatori».

Le parole hanno immediatamente suscitato le reazioni dell’Associazione nazionale magistrati, che ha definito le parole di Renzi oltre «i confini della legittima critica e mirano a delegittimare agli occhi della pubblica opinione i magistrati», «non è tollerabile che siano screditati sul piano personale soltanto per aver esercitato il loro ruolo». Immediata anche in questo caso la controreplica di Renzi, che ha accusato l’Anm di silenzio, mentre «la mia vita è stata pubblicata e data in pasto sui giornali, è stata scardinata in violazione del segreto bancario, del segreto istruttorio e nel silenzio dell'Anm». 

Il clima di scontro

E’ in questo clima di scontro, che inizia il cdm che contiene la riforma dell’ordinamento giudiziario. Il testo è stato il prodotto di paziente limatura da parte della ministra della Giustizia, Marta Cartabia, che ha dovuto trovare un punto di equilibrio tra le resistenze dentro la magistratura e le istanze dei partiti di maggioranza. Il risultato, però, rimane ancora non condiviso: se il centrosinistra sostiene il lavoro di Cartabia, il centrodestra è deciso a proporre una legge elettorale con sorteggio per i candidati del Csm e anche solo questo rischia di inceppare il percorso della riforma.

In questo quadro e contemporaneamente all’infuriare dello scontro tra Renzi e i magistrati fiorentini, l’ago della bilancia potrebbe diventare proprio Italia Viva. Nel corso dei mesi, il partito si è tenuto prudentemente a distanza, senza mai prendere posizione netta sulle anticipazioni alla riforma. «Non abbiamo ancora avuto un testo da poter leggere, per valutare con compiutezza tutte le previsioni», spiega la responsabile Giustizia, Lucia Annibali, che non si sbilancia sulla legge elettorale ma parla di «passo avanti» sulla questione delle porte girevoli, su cui però IV chiede paletti ancora più rigidi. «Aspettiamo comunque un testo per poterci pronunciare», dice. 

Italia Viva allontana qualsiasi ipotesi di ripicca come conseguenza dello scontro sulle inchieste di Firenze. «Gli emendamenti sono stati depositati l’anno scorso», precisa Annibali.

L’interrogativo, però, è tutto politico: posto che l’emendamento ministeriale di fatto riscriverà il testo base della riforma, si aprirà necessariamente un nuovo confronto parlamentare e Italia Viva negli ultimi passaggi parlamentari si è schierata quasi sempre con il centrodestra. Dalle regole sulle intercettazioni alla proposta di commissione d’inchiesta sulla magistratura, infatti, l’asse potrebbe consolidarsi anche sulla riforma del Csm.

Dalle file di Iv assicurano che ogni decisione verrà presa valutando il merito del testo che verrà depositato in parlamento e che nessun condizionamento verrà dalle vicende personali del leader. Oltre alla legge elettorale del Csm, alle regole per evitare le “porte girevoli” tra magistrati e politica, la riforma contiene anche nuove norme sulla valutazione di professionalità dei magistrati. Proprio quella che Renzi sembra mettere in dubbio nel caso specifico dei pm che su di lui hanno indagato, citando anche il caso di Enzo Tortora, «i cui persecutori hanno fatto carriera».

Certo è che, a prescindere dal possibile condizionamento concreto, lo scontro a colpi di dichiarazioni e atti giudiziari tra toghe e politica torna ad inasprire il clima intorno alla riforma. Nessun partito ha interesse a fermarla, cristallizzando così un sistema che è stato da tutti condannato, ma alla luce di questo nuovo cortocircuito il testo prodotto da Cartabia rischia di essere considerato troppo poco incisivo. E una maggioranza parlamentare potrebbe avere la forza numerica di inasprirlo, magari proprio nel meccanismo delle nomine.

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