Matteo, un consiglio: stai attento. Il commento che girò sui telefonini di tutto il mondo fu macabro: “Come in peace, leave in pieces”, e sotto le due scimitarre incrociate, simbolo della casa reale di Saud, conosciuta nel mondo come l’Arabia Saudita, capitale dei sunniti e custode di Medina e della Mecca. “Vieni in piace, lascia l’edificio a pezzi”. Era l’ottobre di due anni fa, era successo a Jamal Khashoggi, 60 anni, giornalista famoso, appartenente a una delle famiglie più importanti del paese, opinionista per il Washington Post, giornale sul quale pubblicava commenti “moderatamente critici” sulle politiche spregiudicate dell’astro nascente della casa reale, il 33enne principe Mohammed bin Salman, detto Mbs.

Khashoggi, residente in Usa, il 2 ottobre 2018 si recò con la fidanzata al consolato saudita di Istanbul (in patria era pericoloso rientare) per ritirare delle carte necessarie per il suo matrimonio. La fidanzata aspettava in macchina, ma Jamal non uscì più. Era stato ucciso e il suo corpo smembrato dal chirurgo personale del principe, poi messo in capienti borsoni, il cui contenuto fu sepolto nei giardini dell’abitazione privata del console saudita. Un’operazione pulita, ma il consolato saudita era zeppo di microspie, per cui il dittatore turco Erdogan, nemico di Mbs, poche ore dopo era in grado di far conoscere a tutto il mondo quello che era successo.

È vero che viviamo in un mondo cinico, ma il destino spietato che il principe aveva riservato al giornalista orripilò il pianeta e Mbs si ritrovò reprobo universale. Molti investitori internazionali che avevano visto in lui un progressista, si ritirarono. Ma non per molto; Trump per primo (lui stesso era andato in visita trionfale a Riad, con Melania senza velo!) fece sapere che con il principe aveva affari miliardari, armi, cui non intendeva rinunciare; il suo segretario di Stato, Mike Pompeo andò in visita ufficiale con un sorriso grosso come una casa e si portò dietro Jared Kushner che stava tessendo il grande piano di pace in medio oriente.

Un mese dopo l’omicidio, il mondo potè vedere un’immagine da far gelare il sangue nelle vene. Mbs, in una cerimonia pubblica, stringe la mano a Salah, figlio diciottenne del giornalista ucciso (appena prelevato dagli arresti domiciliari seguiti all’assassinio di suo padre), gli parla genericamente di un gravissimo delitto su cui Erdogan ha speculato per mettere zizzania tra due paesi arabi: il ragazzo è rigido, bianco come un cencio, terrorizzato da quella stretta di mano. (Nello stesso giorno il principe diede notizia che era stato permesso al ragazzo di trasferirsi negli Usa. E di lui non si seppe più niente, e della rimanente grande famiglia Khashoggi non si seppe più niente).

Ti teneva per le palle

Quando ho visto il nostro Matteo conversare con Sua Altezza sullo sfondo di un bosco di alberi di cemento, vendergli grossolanamente Firenze, il Rinascimento come se fossero suoi, elogiarlo e prostrarsi, mi è tornato in mente il figlio di Khashoggi; mi è sembrato che fosse stato comandato ad essere presente. Ma come? mi sono detto: hai provocato una crisi di governo nel mezzo di una pandemia, ci sono tesi colloqui politici ai più alti livelli di cui sei il protagonista indiscusso e tu vai, in segreto, peraltro (complimenti a Domani che l’ha rivelato) a fare quella volgarità da Totò che vende il Colosseo di fronte a una persona che molti ormai cercano di sfuggire?

Capisco: sei un conferenziere e avevi preso un impegno. Però, scusa: non potevi dirgli, Sua Altezza sono impegnato, possiamo farla su zoom? Oppure: possiamo rimandare fino a quando sistemo ‘sta questione qui? Evidentemente no, non potevi farlo. E non credo solo perché ti pagano ottantamila dollari; una volta ottantamila dollari i guitti famosi li prendevano come cachet a San Remo. E poi, a chi vanno ‘sti soldi? A te, al partito?

Ho una brutta sensazione, scusa se te lo dico in modo brusco. Ho avuto l’impressione che Mbs ti tenesse per le palle. Secondo me, dovresti dire che non è vero.

Anche perché, forse non è così saggio legarsi al principe, in questi tempi tumultuosi. Dico a Renzi cose che sicuramente sa già. L’Arabia Saudita, monarchia sunnita feroce e retrograda regna, con una polizia non dissimile da quella che ha ucciso il nostro Regeni in Egitto, su 34 milioni di abitanti, di cui il 15 per cento sono sciiti (oggi avversari religiosi e politici); il trenta per cento del totale è invece fatto di manodopera straniera, in genere di fede musulmana, che fa i lavori più umili e sottopagati (quelli di cui il rinascimentale Renzi si è detto “geloso”). La principale attività del paese è quella di pompare dieci milioni di barili di petrolio al giorno – la cosa dura da decenni – per mantenere il lusso, la protervia e l’arroganza di una estesissima casa reale che d’estate si trasferisce a Marbella, in Spagna, e la occupa, ricordando i fasti della famosa al Andalus. Seconda attività: i soldi che portano i tre milioni di pellegrini che ogni anno fanno l’Hajj nelle città di Medina e della Mecca. Legata dai tempi del presidente Roosevelt agli americani per cui amministra un “giusto prezzo” del petrolio, l’Arabia Saudita ha prodotto personaggi importanti come lo sceicco Yamani, il delizioso arabo che assomigliava ad Omar Sharif e governava l’Opec, o il trafficante d’armi Adnan Khashsoggi, famoso per il suo stile di vita e per la sua amicizia con Lori del Santo; e Osama bin Laden, naturalmente. I Saud coltivano una forma di islam molto rozzo e ottuso, il wahabismo. E wahabita era Osama bin Laden, il Mbs di vent’anni fa, (grande famiglia di palazzinari, tuttora potentissima; per esempio, tanto per restare in Toscana, ha comprato le storiche cave di marmo di Carrara per rivestire i nuovi minareti di Gedda e Medina); wahabiti erano 16 sauditi dei 18 membri dei commando dell’11 settembre 2001, che uccisero tremila americani negli attacchi alle Torri Gemelle di New York. Le commissioni d’inchiesta appurarono che gli attentatori erano stati istruiti, finanziati e protetti nella preparazione dell’impresa, da membri della famiglia reale. L’estesa famiglia bin Laden che viveva negli Stati Uniti, peraltro, fu l’unica autorizzata a volare via dal paese il giorno dopo il massacro, per cui era stato deciso il blocco totale del trasporto aereo.

Ricco e tenebroso

Potenti, insomma; ammanicati; e piuttosto antipatici. Poi venne Mbs: moderno, istruito, giovane, figlio prediletto del vecchio re Salman, che sembra stia per morire da dieci anni, ma invece è sempre lì. Mbs è davvero il Principe di cui parlava Machiavelli? Se non lo è, ha il fisico del ruolo. È bello, tenebroso, pieno di soldi. Uccide o arresta tutti i cugini che stanno sulla sua strada (due anni fa li ha riuniti tutti nell’Hyatt di Riad e li ha liberati solo dopo che avevano accettato di mollargli le loro quote nell’Aramco), investe nella tecnologia americana, ha grandi progetti di città future da costruire nel deserto, che secondo il New York Times sono delle patacche, ma in cui Renzi vede il nuovo Rinascimento. È spietato, come l’omicidio di Istanbul dimostra. Si fa fare valere: nel 2017 “convinse” il primo ministro libanese Hariri a venire a Riad “per parlare” – in realtà lo rapì – lo tenne per un po’ vicino a sé poi lo rimandò a Beirut, dove annunciò le sue dimissioni. Invincibile? Macché. Talloni d’Achille, ne ha parecchi. Il primo è un’opposizione interna, sorda ma costante, della minoranza sciita. La rivolta sciita nel confinante Yemen lo minaccia da vicino (lui risponde con l’acquisto massiccio di bombe, droni, strumenti di morte che hanno massacrato un paese di cui il mondo pare non voglia sapere). Il suo nemico è l’Iran, che è arrivato a distruggergli i pozzi di petrolio. Trump lo ha aiutato mandando un drone a uccidere il leggendario generale iraniano Soleimani. Promette di non fare più guerra ad Israele, anzi di aiutarlo militarmente, ma in cambio vuole che Israele gli faccia da servitore: è la vera posta del “patto di Abramo”? Davvero il glorioso esercito di Israele farà da mercenario alla casa reale saudita?

Ma i soldi gli stanno sfuggendo dalle mani, il suo petrolio lo mette sul mercato col venti per cento di sconto, a Washington non avrà più un amico, e con quello nuovo non si sa come va a finire.

Italia morta

Ho visto che su Twitter Renzi ha promesso che spiegherà tutto. Dopo la crisi di governo, però. Me lo auguro, come lo auguro al suo silente partito, fatto di persone intelligenti, ma che appare così credulone. Possibile che non capisca che se tace, da Italia viva si trasforma in Italia morta? Vorrei che spiegasse una sola cosa: quello con Mbs è solo un rapporto di amicizia, o c’è dell’altro? C’è qualcosa che noi italiani dovremmo sapere?

Consiglio non richiesto: si ricordi di quello che si dice, da sempre, nell’ambiente: i sauditi non hanno amici, hanno servi. Attenzione, Matteo. La prossima volta, datti malato.

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