Chi ha visto il presidente Giuseppe Conte stasera lo descrive convinto di poter chiudere la verifica con successo e di poter portare il testo del Recovery fund in un consiglio dei ministri prima della fine dell’anno. Chi invece ha parlato con Matteo Renzi e con il drappello dei suoi più fedeli, si è sentito dire che la rottura è data «al 90 per cento». La giornata di oggi, la seconda del secondo giro delle consultazioni a Palazzo Chigi, è due film in uno.

Dall’angolazione di Palazzo Chigi, il cruciale incontro con Italia viva è andato bene. È durato due ore, ha avuto momenti combattuti. Come quando, secondo Iv, Maria Elena Boschi ha ‘scoperto’ che il ministro Gualtieri non padroneggia il piano del Recovery e la ministra Teresa Bellanova avrebbe sventato il tentativo del premier di negare il blitz sulla governance. Ma dal lato governo la conclusione è che a una sintesi si può arrivare. Conte ha chiesto ai partiti politici, Iv compresa, di mandare entro lunedì le proprie proposte.

I tempi sono stretti. Lunedì è già 28 dicembre, due giorni dopo, il 30, il premier ha convocato la sua conferenza di fine anno. Pd, M5S e Leu hanno promesso disciplinatamente che manderanno le loro carte. Meno docile la pattuglia di Iv: prima bisogna portare a casa la manovra che al Senato non arriverà appunto prima del 28, ha spiegato Boschi.

Attenta a non rompere

Oggi non si sono consumate rotture. Anzi la capodelegazione di Italia viva Bellanova ha quasi cantato vittoria: «Finalmente il premier ha preso atto che le proposte che aveva avanzato Itv sul metodo di lavoro sono positive. È scomparsa la questione sulla governance che si voleva portare con un emendamento in legge di bilancio, e finalmente si comincia a discutere nel merito». La questione della governance in realtà non è «scomparsa», ma Conte ha assicurato che è pronta una riformulazione. Lo ha spiegato anche il ministro degli Affari europei Enzo Amendola, che con quello dell’Economia Gualtieri ha presidiato gli incontri con le delegazioni. «La governance è nelle linee guida della commissione Ue, a pagina 33 l’Ue ci chiede una struttura che monitori i progetti», anche se «ogni paese sceglie come costruirla».

Anche per lui un accordo è possibile: «La governance non sostituirà i ministeri» – tradotto vuol dire che salterebbero i cosiddetti poteri di revoca, una delle richieste di Renzi, – «Abbiamo 52 progetti, che saranno analizzati e resi coerenti». Passeranno in parlamento, come richiesto da Iv e Pd. Amendola conviene con Boschi che prima bisogna chiudere la manovra.

Ma questo minuetto cortese rischia di trarre in inganno. Prima che la sua delegazione entri a palazzo, Renzi – assente perché agli incontri non partecipano i leader – spara una enews che detta la linea. Iv ha già consegnato un documento con i suoi ‘paletti’ per mandare avanti la legislatura (Mes e gestione condivisa del Recovery, i principali), «La palla adesso è nelle mani del premier, dipende solo da lui», scrive Renzi, «In quelle poche pagine non si parla né di poltrone, né di rimpasti ma di come utilizzare i fondi più ingenti della storia del Paese per farci crescere», «per migliorare la nostra sanità, a partire dal Mes», e «su ciascun punto continuiamo a insistere, a cominciare dal Mes». Il senatore in capo di Iv dunque indica la linea del piave ai suoi e alle sue (ministre), di cui evidentemente comincia a fidarsi poco.

Anche perché lunedì sera Ettore Rosato sembrava annunciare la tregua spiegando che l’atteggiamento dialogante di Conte costituiva «un fatto nuovo». Ieri al tavolo di Palazzo Chigi è stato proprio Rosato fra i primi ad attaccare il premier.Ora Conte riceverà le proposte delle forze politiche, farà la sintesi, poi le riconvocherà. E infine convocherà il Consiglio. Per Renzi tutto dipenderà da quello che scrive Conte nel documento. E se a Iv non andrà bene, aprirà la crisi.

C’è chi non ci crede

Alla crisi non crede Leu, la cui delegazione è salita a Palazzo subito dopo quella di Iv. «Abbiamo parlato anche di governance, c’è stata la massima apertura a ragionare in una logica che fa rientrare tutto all’interno della Pubblica amministrazione, con una sorta di clausola di salvaguardia, perché è giusto che ci sia un monitoraggio e la possibilità di intervenire in caso di inadempienze», spiega il capogruppo alla Camera Federico Fornaro.

Il sottosegretario Peppe De Cristofaro ha chiesto che il Recovery sia condiviso anche con le parti sociali, e anche qui Conte si è dichiarato disponibile. E più in generale «a trovare un compromesso con le forze di maggioranza».

Basterà? Renzi si è spinto troppo avanti con gli ultimatum. Se non porterà a casa una vittoria facilmente comunicabile, non ha scelta: o rompe o perde la faccia. Ma non sul Mes sul quale «ha una strumentalità commovente», secondo Loredana De Petris (Leu). Sul Mes non c’è nessuna maggioranza neanche trasversale in parlamento, rompere su quello, spiegano, significherebbe impedire la strada a qualsiasi altro governo. Quindi oggettivamente Renzi spingerebbe per il voto, benché professi il contrario. I senatori e i deputati di Iv lo seguirebbero? «Renzi? Una delle sue caratteristiche è l’imprevedibilità. Avevamo capito che volesse lavorare con noi per questo patto di legislatura, le cose però sono partite in un modo e stanno proseguendo in altro», ammette il vicesegretario del Pd Andrea Orlando.

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