A preoccupare Elly Schlein non sono le polemiche scatenate nella bolla mediatica da quando ha “rivelato” in un’intervista a Vogue di avere una consulente per l’immagine, un’armocromista (cioè una stylist che le propone “la palette” di colori in armonia con le sue caratteristiche cromatiche).

Anche se, con buon tempismo, la segretaria Pd ieri ha fatto sapere di aver incontrato negli scorsi giorni il direttore della Caritas don Marco Pagniello; e ieri i rappresentanti delle associazioni del Terzo settore impegnate nella campagna “Ci vuole un reddito”, come a riequilibrare l’immagine un po’ upper class che si ricavava dal passaggio della conversazione che ha fatto impazzire i media.

A preoccuparla, piuttosto, è il sentimento di insoddisfazione che si muove dentro le vene del Pd, fra i dirigenti riformisti e cattolici. Un’insoddisfazione già nota, ma esplicitata all’improvviso con l’addio del senatore Enrico Borghi, trasmigrato in Italia viva, e quello dell’europarlamentare Caterina Chinnici, passata a Forza Italia via Ppe.

Schlein non prende sottogamba il «disagio» espresso da alcuni fondatori del suo partito. Per questo negli scorsi giorni ha chiamato Pier Luigi Castagnetti, presidente dell’associazione dei popolari. Un primo contatto, che non avrebbe ancora prodotto grandi risultati, ma che testimonia un gesto di buona volontà. Del resto la segretaria sa di poter vantare molti punti in comune con la riflessione dei cattolici, che pure non sono la sua famiglia di provenienza.

Anzi, proprio i punti che stanno più in alto nell’agenda del nuovo Pd: come le povertà e i migranti, su cui può già rivendicare di aver cambiato linea rispetto al Pd dell’èra Minniti. «Le porte del confronto e del dialogo sono aperte», è il ragionamento che circola al Nazareno.

Il «tutti fermi» di Guerini

Ieri comunque a fissare un punto sul malessere dei cattolici democratici, forse sarebbe più corretto chiamarlo “una diga”, è stato Lorenzo Guerini, capo della corrente Base riformista, quella da cui arrivano i malumori più forti. Lo ha fatto con una lettera su Domani, e con un ragionamento che parte da Alcide De Gasperi e le sue scelte europeiste e atlantiche, e plana sul qui e ora: «Se i cattolici democratici, anche oggi, dentro il Pd, perché è il Pd la loro casa, esprimono la loro tensione verso soluzioni condivise più alte, è questa sì la dimostrazione di voler contribuire, con il coraggio delle proprie idee, a renderlo più largo e coinvolgente. Chiamandolo a valorizzare, se il Pd vuole fare il Pd, le pluralità che lo hanno fondato e che lo animano per raggiungere, sui temi più difficili, sintesi più avanzate».

È una risposta all’accusa rivolta i cattolici rimasti «nel gorgo», di essere ridotti a fare solo «testimonianza» nel partito. Guerini richiama il valore politico della presenza dei cattolici nel Pd; ma soprattutto ribadisce che il Pd è il luogo in cui questa presenza può essere efficace per andare oltre la testimonianza.

Questo può placare qualche malumore, ma non elimina i problemi. All’interno, il rimescolamento delle correnti produce qualche sbandamento: negli scorsi giorni Dario Franceschini ha chiuso tutte le chat di Areadem in cui erano presenti anche i sostenitori di Stefano Bonaccini.

All’esterno invece Matteo Renzi si agita, ringalluzzito per le new entry nel suo partitino. Sulla sua ultima eNews esibisce la contabilità degli ingressi: «Dopo quello del senatore Borghi, e di molti dirigenti territoriali dal Piemonte alla Liguria, oggi è il turno della mia Firenze» dove si è iscritta a Iv la consigliera comunale Mimma Dardano, ex lista Nardella.

Forza centrifuga a Bruxelles

Per Schlein sono molti i tavoli da presidiare con cura. Un altro è quello della delegazione di Bruxelles. Dove si respira grande incertezza. Lì la cattolica Beatrice Covassi è schieratissima con la segretaria, ma i toni dell’altrettanto cattolica Patrizia Toia, sono assai meno concilianti. Qui il contraccolpo dell’abbandono di Caterina Chinnici si è sentito forte. In molti lamentano la «scarsa interlocuzione».

Con il sospetto di essere diventati una “bad company” rispetto ai big che, secondo le notizie in circolazione, potrebbero essere candidati al prossimo giro. Manca quasi un anno, ma il tema delle liste già si fa sentire: e già si fanno i nomi del presidente del Pd Stefano Bonaccini (ne ha scritto ieri questo giornale), del sindaco di Bergamo Giorgio Gori, di quello di Firenze Dario Nardella, dell’ambientalista Rossella Muroni, del presidente della Puglia Michele Emiliano, del deputato Piero De Luca. Chi resta, resta nell’incertezza: le sirene del Terzo Polo cantano in direzione di Irene Tinagli e Paolo De Castro.

L’ex sindaco di Milano Giuliano Pisapia e l’ex procuratore antimafia Franco Roberti si dispongono a non ricandidarsi. Gli indipendenti Massimiliano Smeriglio e Pietro Bartolo guardano alla sinistra pacifista. Pina Picierno è tra gli ex Margherita che non hanno alcun dubbio sul restare ma giovedì, dopo il caso Borghi, ha scritto un post in cui ha chiesto alla segretaria che «si moltiplichino le occasioni di confronto», «quello che conta è che quel cambiamento evocato e necessario passi attraverso il cambiamento che vogliamo per il paese e non attraverso il tentativo di cambiamento del partito solo per farlo meglio assomigliare alla propria identità».

Prima dell’arrivo della segretaria, il gruppo incontrerà Peppe Provenzano, responsabile Esteri: online la prossima settimana il primo, e più avanti in presenza. Invece la segretaria, che ha incontrato il gruppo il 22 marzo, dopo la sua proclamazione, tornerà a confrontarsi con gli europarlamentari solo il prossimo 30 maggio.

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