Caccia ai riformisti, ecco la “non corrente” di Occhiuto dentro Forza Italia

Ceci n’est pas une courant, «questa non è una corrente». Roberto Occhiuto e i suoi lo ripetono a più riprese durante l’evento “In libertà”, che il presidente della Calabria ha organizzato per dare «una scossa» al centrodestra. Il dubbio è se l’incontro, che in maniera sentimental-simbolica si è svolto mercoledì 17 dicembre a palazzo Grazioli, sia l’inizio di qualcosa di più grande. D’altra parte, è appena arrivata la data del congress di Forza Italia, indetto dal segretario attuale Antonio Tajani, che punta a blindarsi, a gennaio 2027. Nel frattempo, Occhiuto identifica il suo elettorato di riferimento nei riformisti delusi, perfino quelli che hanno votato centrosinistra in passato. Nella speranza che il «coraggio» che si autoattribuisce venga messo a frutto anche nel partito e nel centrodestra. I dirigenti azzurri, presenti in massa all’appuntamento, un po’ incuriositi, un po’ per tenere d’occhio le ambizioni del presidente, un po’ per mostrare fuori un atteggiamento amichevole nei suoi confronti, a fine evento danno tutti la stessa versione, tajanei e occhiutani: «Un bell’evento, buone energie, un ottimo contributo al rinnovamento». Perché quello Forza Italia deve farlo, «foss’anche solo perché l’ha detto Dudi», dice uno di loro, indicando con il suo nomignolo il figlio del fondatore, Pier Sivlio Berlusconi. I Berlusconi vogliono ripartire da Occhiuto, ma è un grande rischio Amarcord L’appuntamento è qualcosa a metà tra un ted talk e un convegno politico: il presidente calabrese è seduto tra imprenditori e giornalisti, quasi fosse un giro di tavolo, ma alla fine il suo compito sarà quello di chiudere i lavori. Di conseguenza gli tocca aspettare paziente l’intervento dell’ad di A2a e del ceo di Ryanair che loda la disponibilità della Calabria, sulle cui rotte ha voluto puntare la low cost. Al parterre tocca dare l’idea dei «pensieri liberali» di cui vuole farsi rappresentante Occhiuto: alla deregolamentazione e l’abbattimento della burocrazia pensano gli imprenditori, mentre a declinare l’approccio liberale sugli altri temi sono tre giornalisti simbolo del berlusconismo che fu come Andrea Ruggeri, Roberto Arditti e Nicola Porro. Alle parole d’ordine (“sicurezza”, “propositività”, “diritti civili”) si alterna l’amarcord. «È un onore tornare qui», dice Ruggeri (e giù applausi), «Nel 1994 ero qui da portavoce di Antonio Martino», aggiunge Porro. «Lui e Berlusconi erano degli estremisti a dire di abbassare le tasse. Basta moderati, torniamo a essere estremisti» (altri applausi). Nel pubblico, mezzo partito, qualche simpatizzante e alcuni ex azzurri come il senatore Massimo Mallegni. La prima fila è presidiata da dirigenti e parlamentari semplici: c’è il viceministro Francesco Paolo Sisto, qualche posto più in là siedono Alessandro Cattaneo e Francesco Cannizzaro, Ugo Cappellacci e Catia Polidori. Rapita dalle parole del presidente Rita Dalla Chiesa, affianco a lei Cristina Rossello e la vicepresidente del Senato, Licia Ronzulli. A metà evento arriva il senatore e patron della Lazio, Claudio Lotito, con l’orecchio immancabilmente attaccato al cellulare. Poi prende il posto di Cattaneo, di fronte al presidente. Poco dopo, giusto in tempo per l’inizio dell’intervento di Occhiuto, si palesa Giorgio Mulè, considerato il punto di riferimento in Sicilia della “non-corrente” alternativa ai tajanei. Gli lascia il posto Ronzulli, che si defila nella ressa di giornalisti («Soltanto le troupe di Mediaset sul posto – dice uno di loro – sono tre»). Qualche fila dietro si riconosce Manlio Messina, ex astro nascente di Fratelli d’Italia che ha lasciato il partito sbattendo la porta. La sala è strapiena, oltre agli ex è accorso anche il futuro: a contendersi i pochi posti in piedi rimasti intorno alla platea una nutrita schiera di ventenni berlusconiani, cravatta e camicia stirata, faccia senza barba come avrebbe voluto il Cavaliere. C’è odore di una nuova strada da imboccare, di una prateria da conquistare. Chi vuol essere segretario? Un reality per Forza Italia Le parole Occhiuto indica dove guardare: «C’è uno spazio enorme per un partito che voglia recuperare la tradizione di Forza Italia e aggiornarla. Se il centrodestra non lo fa oggi che dall’altra parte ci sono Schlein e Albanese, quando deve farlo?» Insomma, è il ragionamento, nella polarizzazione si apre uno spazio per i liberali che prima non c’era. «Siamo in una situazione in cui nemmeno Berlusconi si è mai trovato: lui aveva come avversari Prodi, Letta e Renzi, noi abbiamo Schlein». Tradotto: l’elettorato riformista non è presidiato, è ora di aggredirlo. Anche sfruttando la leva del referendum sulla separazione delle carriere. Per parlarne viene invitato l’ex parlamentare Pd, Stefano Esposito, vittima di una vicenda giudiziaria che l’ha tenuto in un limbo per sette anni prima di risolversi nel nulla. Occhiuto gli dedica un applauso e lo lancia già come testimonial del Sì: «Meloni fa bene a non politicizzare il referendum, noi facciamo bene a far parlare le vittime della malagiustizia, ma Forza Italia deve intestarsi la riforma della giustizia». Il senso è quello di «recuperare il tratto di dna garantista che può renderla attrattiva anche per chi ha votato a sinistra e che non si sente rappresentato da un centrosinistra che non è garantista e non è riformista». Un elettorato che può essere interessato anche al tema dei diritti civili: «I giovani che non vogliono votare per il centrosinistra guardano al centrodestra e vedono una coalizione con un’impronta esclusivamente conservatrice». Questioni che risuonano con i punti fermi che citano regolarmente nelle loro interviste i figli di Berlusconi. Quelli che, giusto mercoledì mattina, Antonio Tajani giurava di sentire tutti i giorni quando i cronisti chiedevano conto al segretario dei suoi rapporti con la famiglia. L’evento di Occhiuto è «solo l’inizio», anche se non è ben chiaro di cosa. «Le correnti sono cose polverose che appartengono al secolo scorso, tant’è vero che solo le Pd ne ha ancora. Noi vorremmo dare una scossa al centrodestra, che ha bisogno di rafforzare la sua ala liberale» dice il presidente. Tajani sta già prendendo contromisure antistatiche. Pier Silvio “licenzia” Tajani: pronta la rivoluzione di Forza Italia