In tutti i 1.162 comuni che andranno al voto il prossimo 3 ottobre è partita la macchina elettorale. In tutti, tranne uno: Rosarno. Il consiglio dei ministri del 26 agosto ha deciso di commissariare il consiglio comunale per infiltrazioni mafiose ed è la terza volta che accade. Qui non ci saranno candidati, non si parla di liste e i partiti se ne tengono alla larga.

L’ultimo a fuggire dal comune calabrese è Matteo Salvini che avrebbe dovuto inaugurare la sede una settimana fa, ma poi ha annullato tutto. «La sezione è commissariata da sei anni e non abbiamo circoli aperti sul territorio» racconta Elisabetta Tripodi, sindaca di Rosarno fino al 2014, protagonista di quella che viene ricordata come la “primavera rosarnese” fatta di politiche anti ’ndrangheta, minacce, politiche per i migranti schiavi nella raccolta degli agrumi. Sindaca del Pd in una stagione dove le donne amministratrici erano diventate un simbolo di rinascita per l’intera regione.

Una stagione che è finita velocemente, tra dissapori con il partito e i veti locali. Ma a Rosarno, oggi, non spira neppure quella ventata di novità promessa da Luigi De Magistris, il candidato indipendente che ha promesso di rompere gli schemi della vecchia politica. Al suo comitato hanno la bocca serrata sulla situazione di Rosarno, ma assicurano che sulla composizione delle liste stanno facendo un lavoro scrupoloso per “evitare brutte sorprese”, pronto per essere vagliato anche dalla Commissione antimafia.

«La situazione locale non è florida», commenta il presidente del comitato cittadino Pro Rosarno, Pietro Costantino, che ci tiene a tenersi fuori dalle polemiche politiche, ma che non può fare a meno di osservare che «è una situazione strana, non abbiamo candidati e per questo siamo preoccupati, perché l’amministrazione comunale è una figura di riferimento per ogni attività».

Commissario a oltranza

Nel frattempo, Rosarno è amministrata dal commissario prefettizio, Antonio Reppucci, che divide il suo impegno anche con il Comune di Pizzocalabro, anch’esso commissariato. Il commissario è stato nominato nel febbraio scorso, in seguito all’arresto del sindaco, Giuseppe Idà, nell’ambito dell’inchiesta “Faust” insieme ad altre 49 persone.

L’accusa mossa dalla procura antimafia di Reggio Calabria è quella di avere accettato la promessa di voti dalla cosca Pisano in cambio dell’assegnazione al consigliere comunale Domenico Scriva, dell’assessorato ai lavori pubblici o, comunque, dell’attribuzione di un altro incarico di prestigio. Il 13 febbraio Idà si dimette insieme ai dieci consiglieri di maggioranza, dopo che il Tribunale del riesame di Reggio Calabria ha revocato gli arresti domiciliari sostituendola con il divieto di dimora a Rosarno.

Da quel momento, la prefettura di Reggio Calabria ha inviato la commissone d’accesso a Rosarno per verificare la eventuali forme di infiltrazione mafiose. Un lavoro di indagine amministrativa sintetizzata nella decisione del consiglio dei ministri di ieri 26 agosto, di nuovo un commissariamento per 18 mesi, elezioni dunque saltate.

Ma oltre alle inchieste sul comune si allunga anche l’ombra del dissesto finanziario, un’evasione fiscale pari all’80 per cento e debiti fuori bilancio. Una situazione complicata per chiunque che richiederebbe ai partiti di imporre grossi sacrifici ai propri cittadini per rimettere i conti in ordine e riportare l’amministrazione ad una condizione di efficienza. Una cura che renderebbe impopolare qualsiasi dottore, tanto più in un territorio così complicato. Il fallimento della politica in un territorio che da tema di scontro dei partiti è diventato, improvvisamente, terra di nessuno. O meglio preda delle cosche.

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