- Mario Draghi nella gestione della crisi ucraina ha dovuto fare i conti con la fragilità della sua maggioranza ma anche con alcuni suoi errori strategici, malintesi e ritardi che hanno reso la linea di Roma incerta e inaffidabile per i partner.
- Anche Luigi Di Maio ha commesso alcune leggerezze nella trattativa internazionale utilizzando toni eccessivi e arrivando a definire il presidente russo Putin «atroce».
- Poi c’è la linea autonoma di Matteo Salvini, che ha scelto di tentare una diplomazia tutta sua, proponendo prima una marcia per la pace in Ucraina e organizzando poi in autonomia una «visita non tradizionale» in Polonia.
La crisi ucraina ha messo in luce diverse fragilità del governo Draghi e della maggioranza che lo sostiene. La prima evidenza è la difficoltà di individuare una linea unica dei partiti che sostengono Draghi, che ha dovuto fare più volte i conti con i distinguo della Lega e le difficoltà interne che hanno avuto i Cinque stelle a condannare unanimemente l’invasione di Vladimir Putin. I problemi di Chigi Ma al di là della debolezza strutturale della maggioranza, sia presidenza del Consiglio c



