La foto post comunali di Napoli con il neosindaco Gaetano Manfredi sorridente tra Vincenzo De Luca, Luigi Di Maio, Roberto Fico e Peppe Provenzano potrebbe essere già motivo di imbarazzo per i due vertici del Movimento 5 stelle.

È in corso infatti un’inchiesta su un un presunto sistema di appalti pilotati e influenze sul voto che parte da Salerno, feudo elettorale di De Luca. Un’inchiesta che lambisce la cerchia di stretti collaboratori del governatore della Campania, il quale è stato il sindaco “sceriffo” di Salerno per vent’anni e tutt’ora gestisce tutti i passaggi politici più delicati. A partire dalla scelta del neo rieletto sindaco di Salerno Vincenzo Napoli – tra gli indagati – che era stato prima capo della segreteria politica e poi il vicesindaco nell’ultimo mandato da primo cittadino di De Luca.

L’inchiesta è ancora alle battute iniziali e Napoli ha detto di attendere «con serenità» gli esiti: nei suoi confronti le contestazioni sono relativamente lievi, di turbativa d’asta relativa a una gara dell’importo di 4mila euro per il noleggio di un lavastrade. Tuttavia il colpo per l’immagine dell’amministrazione si riverbera su scala nazionale e offre spazio a chi, nel Movimento 5 stelle di Salerno, non ha condiviso la scelta dei vertici di scendere a patti con De Luca.

Proprio a Salerno, infatti, il Movimento locale ha sconfessato la linea di Fico e Di Maio e non ha sostenuto come nel capoluogo il candidato del Pd deluchiano, ma ha corso con una propria candidata supportata anche da una lista civica legata ad Articolo 1 e ispirata dal deputato salernitano Federico Conte. A coordinare i passaggi per il Movimento sono stati i parlamentari Angelo Tofalo, Andrea Cioffi e Nicola Provenza, collocabili nell’area degli scettici rispetto all’alleanza strutturale tra Pd e Cinque stelle. L’esito elettorale è stato poco al di sopra del 15 per cento, ma la campagna è stata l’occasione per un attacco frontale al cosiddetto “sistema De Luca”.

Oggi, a distanza di poco più di una settimana dal voto che ha riconsegnato la città a quello che a Salerno è stato soprannominato il «secondo cittadino», i grillini salernitani non si sono lasciati sfuggire l’occasione. Di attaccare sì De Luca, ma indirettamente anche chi nel Movimento ha accettato di scendere a patti con lui.

Opacità gestionale

«Le ricostruzioni della procura prospettano un sistema strutturato di clientele», ha detto Cioffi, parlando di uno «scenario inquietante» di «funzioni pubbliche asservite ai propri interessi personali». Un sistema a cui i tre parlamentari grillini si sarebbero opposti proponendo la candidatura di Elisabetta Baone, nata da «un nuovo laboratorio politico basato sulla competenza e sull’assoluta legalità proprio in contrapposizione al “sistema” di clientele», ha spiegato Provenza. «Sarebbe auspicabile che il Pd assumesse con estrema chiarezza una posizione netta rispetto a ciò che viene pomposamente definito modello Campania o modello Salerno», ha aggiunto Tofalo.

Il riferimento esplicito è all’area di De Luca ma il non detto pesa altrettanto, visto l’accordo che i rappresentanti nazionali del Movimento hanno stretto con quella componente del Pd. Gli esiti dell’inchiesta saranno determinanti per mettere a fuoco e stabilire se esistono responsabilità penali, ma sul piano politico la notizia riaccende gli scontri sotterranei tra i Cinque stelle. In particolare tra chi, come Fico e Di Maio, lavora per un’alleanza strutturale con il Pd e chi invece la avversa nei territori.

 

© Riproduzione riservata