Le elezioni amministrative sono termometro dei sussulti nazionali. Su scala regionale, sono la cartina al tornasole di come evolvono i rapporti di forza: in Campania, quelli che ruotano intorno al potente governatore Vincenzo De Luca. Per questo il caso delle amministrative di Salerno è emblemantico, soprattutto se messo in relazione con Napoli.

Il capoluogo campano è stato il capolavoro politico di De Luca alle amministrative: in una città che è casa anche di molti big del Movimento 5 Stelle, è stato tra gli artefici della candidatura unitaria dell’ex ministro dell’Università Gaetano Manfredi, appoggiato sia dai grillini che dal Partito democratico.

A Salerno, che è anche la sua città di origine e la roccaforte dove De Luca ha svolto quattro mandati da sindaco (dal 1993 al 2001 e dal 2006 al 2015), invece l’operazione unitaria non è riuscita e anzi è in corso un tentativo politico di minare il suo controllo sulla città.

Gli avversari

A contendersi il municipio ci sono il sindaco uscente del Pd Vincenzo Napoli, che è stato vicesindaco di De Luca nel 2015 e prima il capo della sua segreteria politica ed è considerato il favorito; contro di lui i Cinque stelle e liste civiche che si richiamano al centrosinistra schierano la preside di liceo Elisabetta Barone. Anche il fronte del centrodestra è diviso: presenta il candidato ufficiale è l’avvocato Michele Sarno, ma a fargli concorrenza c’è il candidato civico Antonio Cammarota.

La dinamica più interessante, però, riguarda la nascita della candidatura di Barone. Sostenuta dal Movimento 5 Stelle che si presenta con il proprio simbolo e in particolare dai tre parlamentari salernitani Angelo Tofalo, Andrea Cioffi e Nicola Provenza, Baroni può contare su altre sei liste, una delle quali – Salerno città aperta – è stata ispirata da un altro deputato salernitano, Federico Conte di Articolo 1, e raccoglie le candidature di quest’area del centrosinistra. La contrapposizione appare quindi inedita, rispetto al livello nazionale: grillini e Articolo 1 schierati contro il Pd, anche se solo uno dei partiti esplicitamente col simbolo.

In realtà, per come la racconta chi lavora alla campagna elettorale, la situazione è più complessa e la contrapposizione non sarebbe con il Pd, ma con il mondo di De Luca, «il suo sistema di potere e ciò che rappresenta», facendo da tappo alla crescita della città. «A Salerno si dice che Vincenzo Napoli è il secondo cittadino. Facile immaginare chi è ancora considerato il primo», raccontano, descrivendo una città che ha un debito da 650 milioni di euro (la cui voce principale è nei confronti di società miste, che sarebbero uno degli strumenti con cui controllare il territorio) ed è agli ultimi posti per vivibilità e Pil pro capite. Proprio per spezzare questa dinamica, dicono, si è lavorato per trovare una alternativa alla «chiusura arrogante» imposta dalla componente di De Luca nella gestione dei passaggi per queste amministrative.

Lo stesso Conte ha dichiarato nei giorni scorsi che la sua posizione è maturata come «conseguenza del mancato invito al tavolo del centrosinistra di Articolo 1», considerato un gesto di rottura del fronte progressista e quindi un dato politico impossibile da ignorare. Il simbolo dell’egemonia di De Luca di cui sarebbero succubi il Pd campano e quello salernitano, infine, sarebbe il fatto che lo stesso partito non si presenti con il simbolo ma con una serie di liste civiche.

Il favorito

Sul fronte del Pd locale, invece, si ostenta tranquillità: c’è la quasi certezza di riuscire a far eleggere Napoli - sostenuto anche dai socialisti, da Italia Viva e da una lista civica di sinistra -  senza il ballottaggio. Tanto basta, e ogni considerazione in merito al mancato uso del simbolo viene liquidata: «A Salerno è dal 1993 che il Pds, Ds e poi Pd corrono con la lista "Progressisti per Salerno”, che è stata presentata giorni fa dal segretario provinciale del Pd e che vede correre tutti candidati del Pd», spiega un dirigente impegnato nella campagna elettorale.

Nella sede locale dem ma soprattutto sull’asse nazionale Napoli-Roma, dove è stata gestita la regia elettorale per le amministrative in Campania, l’iniziativa costruita intorno a Barone è bollata come un «tentativo di guastare il buon lavoro di unità fatto con Manfredi a Napoli». I grillini salernitani non si arrenderebbero al nuovo corso dell’alleanza strutturale col Pd, rappresentato dalla candidatura unitaria nel capoluogo. Una sorta di ripicca sia contro De Luca che è tra gli artefici dell’accordo che contro gli stessi vertici nazionali del Movimento che hanno dato il via libera. Se il pronostico favorisce De Luca, un dato politico va però rilevato: da leader regionale e regista della pace a Napoli, il dissenso gli è sorto in casa.

 

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