I franchi tiratori salvano Ilaria Salis. E a destra fa comodo

Infine, Ilaria Salis ha mantenuto l’immunità di eurodeputata e non dovrà tornare a processo in Ungheria, dove è imputata per lesioni aggravate e di far parte di una associazione estremista in un procedimento penale di cui però è stata messa in discussione la legittimità secondo i principi dello stato di diritto. Al termine di un voto all’ultimo decimale, il parlamento europeo ha confermato il no già espresso in commissione affari giuridici lo scorso 23 settembre. A salvare Salis, però, è stato un solo voto ottenuto a scrutinio segreto: 306 i sì, contro 305 no e 17 astensioni. L’esito è rimasto incerto fino all’ultimo minuto e sulla carta il risultato avrebbe dovuto essere negativo, visto che il Partito popolare europeo aveva dato indicazione ai suoi di votare contro l’immunità. Eppure, come sempre accade dietro il velo dell’anonimato, i franchi tiratori hanno scoccato le loro frecce. Secondo fonti europee, in favore di Salis si sarebbero espressi addirittura più di una settantina di eurodeputati dei Popolari di cui fa parte Forza Italia e, con tutta probabilità, anche qualche componente del gruppo dei Conservatori di Ecr, di cui è membro Fratelli d’Italia. A guardare il caso con gli occhi di Bruxelles, le ragioni sono chiare ed erano già emerse nel voto in commissione, dove aveva prevalso il no sempre per un voto in quel caso certamente del Ppe. Il garantismo che culturalmente appartiene alle forze liberali di centrodestra, ma a pesare sarebbe stato anche il rapporto molto teso del Ppe con il presidente ungherese Viktor Orban, che oggi aderisce al gruppo parlamentare dei Patrioti, lo stesso della Lega. Proprio il presidente del gruppo, il francese Jordan Bardella, nei giorni scorsi è stato protagonista di un durissimo scontro con il presidente del Ppe Manfred Weber sulla mozione di sfiducia a Ursula von der Leyen che si vota mercoledì 8. Indossando invece gli occhiali della politica italiana, queste ragioni sfumano e vengono a galla altre dinamiche politiche. Lo scontro Salvini-Tajani Formalmente, tutti e tre i partiti di maggioranza si erano detti contrari all’immunità a Salis, come da indicazione delle rispettive famiglie politiche all’europarlamento. Eppure, l’esito negativo e il salvataggio di Salis ha provocato l’immediata reazione di Matteo Salvini, che ha twittato: «Col trucchetto del voto segreto, richiesto dai gruppi di sinistra, anche qualcuno che si dice di “centrodestra” ha votato per salvare la signora Salis dal processo. Vergogna!». Sulla stessa linea del «vergogna» si è espresso anche l’eurodeputato leghista Roberto Vannacci e a ruota lo hanno seguito i dirigenti leghisti. Chiaro il bersaglio, anche se non esplicitato: i colleghi di Forza Italia, che pure si erano esposti con Letizia Moratti per dire che avrebbero votato contro perché «l’immunità non deve essere un salvacondotto». A stretto giro è arrivata la bordata degli azzurri: «La delegazione di Forza Italia era al completo, mentre tra i Patrioti – anche quelli italiani – spiccavano assenze che si sono rivelate determinanti per salvare Ilaria Salis. Sarebbe interessante ascoltare le giustificazioni di queste assenze che, di fatto, hanno contribuito a salvarla». A rispondere direttamente a Salvini è stato il segretario Antonio Tajani, che ha lasciato da parte la consueta pacatezza: «Le calunnie non le accettiamo, gli insulti non li accettiamo. Non c'è nessuno che tradisce, nessuno che fa giochi strani». In realtà, fanno capire fonti europee, il doppio gioco sarebbe stato plurimo e molto sottile. Se la maggior parte dei salvatori di Salis dovrebbe provenire da Germania e Polonia, non è da escludere che gli otto eurodeputati azzurri si siano aggiunti nel segreto dell’urna. Più che l’ossequio alla memoria garantista di Silvio Berlusconi, potrebbe aver prevalso la realpolitik. Ancora fresche le foto di Salis portata in aula in ceppi, se Salis fosse tornata processabile proprio Tajani – in quanto ministro degli Esteri – avrebbe dovuto gestire la spinosa pratica della richiesta di estradizione ungherese. Una grana non da poco, che avrebbe certamente coinvolto anche la premier Giorgia Meloni e tutto il governo. Ecco perché – al netto delle dichiarazioni e anche del fatto che davvero FI e FdI abbiano votato segretamente per salvare Salis – l’esito di mantenerla tutelata dalle guarentigie europee giova al governo e in particolare alla Farnesina. La Toscana In realtà, però, c’è anche chi fa lo stesso ragionamento per la Lega. Se viene fatto notare che le assenze in aula fossero trasversali (una quarantina anche tra le file dei socialisti, per eventi concomitanti) è effettivamente vero che tra i Patrioti ci fossero parecchie assenze, come ha fatto notare Forza Italia. E – viene aggiunto – a Salvini in questo momento è più utile gridare «vergogna» che gioire per una richiesta di estradizione a Salis. Nel fine settimana infatti si voterà in Toscana e, anche se l’esito appare in favore del dem Eugenio Giani, Salvini ha bisogno di un ottimo risultato dopo il terzo posto in coalizione sia nelle Marche che in Calabria. Ogni mossa del centrodestra in questi mesi è legata alle regionali, con il sotterraneo scontro per il ruolo di seconda forza politica tra Lega e Forza Italia (e anche in quest’ottica va letta la polemica sul voto europeo). È infatti in corso un cambiamento dei rapporti di forza: sempre più spostati verso gli azzurri, abili a fare asse con Meloni. La Toscana sarà la chance per i leghisti di riassestarsi, ma anche di pesare la forza di Vannacci, che ha svolto l’inedito ruolo di responsabile della campagna elettorale. Dopo il voto Salis ha parlato di «vittoria per la democrazia, lo Stato di diritto e l'antifascismo» e ha chiesto di essere processata in Italia, nonostante il giudice ungherese abbia detto che, con la sua immunità, il processo sarebbe stato archiviato. E il suo salvataggio è perfetto espediente per la Lega per attaccare la sinistra (e gli alleati) prima del voto.