Dopo l’inchiesta giudiziaria il sindaco del capoluogo Beppe Sala ha fatto un passo indietro. Un assist per Schlein. Ma è già chiaro che il tema sarà al centro della campagna elettorale
Il Salva-Milano è ormai su un binario morto. E il de profundis, paradossalmente, è arrivato da chi, più di tutti, era interessato a un’approvazione rapida e indolore: il sindaco Beppe Sala.
Il passo indietro dell’amministrazione comunale milanese è arrivato nel giorno in cui le inchieste sull’urbanistica hanno fatto un balzo in avanti con l’arresto per corruzione, falso e frode processuale dell’ex dirigente Giovanni Oggioni.
Per «gli elementi di novità» e «di maggiore gravità», con una nota diffusa nel tardo pomeriggio del 5 marzo, il comune di Milano ha annunciato di «non sostenere più la necessità di proseguire nell’iter di approvazione della proposta di legge» di interpretazione autentica che dal 12 marzo dovrebbe riprendere il suo percorso in Senato, quando scadranno i termini per proporre nuovi emendamenti.
Ma probabilmente questa norma non vedrà mai la luce (o almeno non in questa versione) anche perché, dopo il passo indietro di palazzo Marino, è arrivato a cascata quello di Elly Schlein.
La scelta del sindaco di Milano si è trasformato in un assist che ha permesso alla segretaria del Pd di uscire dallo scomodo limbo in cui si era trovata, a metà tra la necessità politica di non andare contro l’amministrazione sostenuta anche dal suo partito e la volontà di ascoltare chi non condivide l’approvazione di una legge che, di fatto, finirebbe per estendere a tutta Italia la deregulation urbanistica finita sotto le lenti della procura.
Sullo sfondo – ma questa è una partita squisitamente milanese – gli scontri interni ai partiti e tra le coalizioni in vista delle elezioni comunali del 2027. Con Sala che, dopo mesi di difficili interlocuzioni con la politica romana, in cuor suo è probabilmente sollevato nel lasciare la patata bollente al suo successore.
Le due partite politiche
Il Pd ha giustificato il suo no per il venir meno delle «condizioni per andare avanti» e poi, con Francesco Boccia, ha chiesto di «fermare il proseguimento dell’iter parlamentare». All’interno del partito i malumori erano cresciuti col passare del tempo, dopo che il Salva-Milano era stato approvato in sordina, lo scorso novembre, da un’inedita maggioranza composta dai dem e da tutto il centrodestra. L’ennesima rottura del fragile campo largo, perché sia il M5s che Avs avevano votato contro.
Ieri mattina, alla Camera, Angelo Bonelli ha chiesto all’esecutivo di presentarsi in Aula: «Avs chiede un’informativa del governo: quanto accaduto evidenzia un fatto di una gravità inaudita. Mi sono opposto in commissione a questo provvedimento che abbiamo sempre ritenuto gravissimo per il territorio. Un parlamentare non può esaminare un testo scritto da un indagato».
All’appello si è unito anche il pentastellato Agostino Santillo: «Noi crediamo che adesso sia giunto il momento di gettare la maschera, soprattutto per Fratelli d'Italia e Lega che al comune di Milano si sono schierati prontamente contro questa Salva-Milano a seguito delle inchieste giudiziarie, ma che qui, in questo parlamento, hanno spinto per l'approvazione di questo provvedimento».
Ma la partita romana corre su binari diversi da quella milanese. Nel capoluogo lombardo tra due anni si sceglierà il successore di Sala, e il centrodestra sta provando a giocare tutte le carte per conquistare la capitale produttiva d’Italia. Anche per questo nelle scorse settimane Ignazio La Russa, il padre-padrone di FdI nel capoluogo lombardo, aveva attaccato l’amministrazione rinominando il Salva-Milano in «Salva Sala».
E anche Salvini, che già la scorsa estate aveva cercato di neutralizzare le inchieste con un emendamento ad hoc al decreto Casa, poi stralciato dal Quirinale, è stato tentato di far venire meno il proprio appoggio per mettere i bastoni tra le ruote all’amministrazione comunale.
Ma qualcosa si è mosso anche nel fronte opposto, dove Pierfrancesco Majorino – vicino a Schlein e secondo molti pronto a correre per le prossime elezioni – ha definito «sacrosanta» la scelta del comune di fare un passo indietro. Intanto Sala, che per la prima volta ieri ha parlato di «mele marce», incontrerà oggi l’assessore alla Casa, Guido Bardelli, che con l’ex dipendente arrestato parlava della possibilità di far «cadere questa giunta». Per ora il sindaco esclude un rimpasto «ampio», ma se qualcuno verrà messo alla porta, allora si inizierà da Bardelli.
L’interrogatorio di Oggioni
Sul fronte giudiziario oggi è il giorno dell’interrogatorio di garanzia di Oggioni davanti al gip Mattia Fiorentini, in cui potrà difendersi dalle pesanti accuse mosse dalla procura di Milano. Ma dalle carte dell’inchiesta emergono altri particolari scomodi per Sala, perché tra i nuovi componenti della Commissione Paesaggio, nominati dal sindaco lo scorso 16 dicembre, c’erano alcuni nomi di soggetti che risultavano indagati. E Sala ne era a conoscenza, perché le nomine sono state formalizzate «successivamente all’esecuzione dei decreti di sequestro».
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