Venerdì 3 settembre Matteo Salvini, il segretario della Lega, ha incontrato l’ambasciatore cinese in Italia, Li Junhua. Come riferisce la Lega in una nota, si tratta dell’ennesimo colloquio organizzato dal segretario per discutere della crisi in Afghanistan dopo la presa del potere il 15 agosto da parte dei Talebani dopo 20 anni di presenza occidentale nel paese asiatico e il ritiro anche del nostro contingente militare. L’ambasciatore ha riferito a Salvini che la Cina non farà alcun passo politico in autonomia – continua la nota del partito – e anzi si coordinerà con l’Ue, la Russia e la Nato.

Salvini ha ribadito all’ambasciatore cinese che non è ipotizzabile alcun riconoscimento del governo dei Talebani, in linea con la posizione dell’Unione europea. Inoltre, prosegue la nota, c’è «piena condivisione a proposito della messa in sicurezza della popolazione afghana, con l’impegno di moltiplicare gli sforzi per riportare il paese alla normalità coinvolgendo tutti gli attori internazionali».

«Iniziativa autonoma»

Salvini e l’ambasciatore hanno convenuto anche sull’impegno comune per contrastare il terrorismo. Nell’incontro si è parlato anche della collaborazione tra Roma e Pechino, della partecipazione della Cina al G20 e della telefonata di martedì prossimo tra il presidente del Consiglio italiano, Mario Draghi, e il presidente cinese Xi Jinping. Punto fondamentale visto il ruolo sempre maggiore che Pechino avrà in Afghanistan dopo il ritiro americano.

Ma fonti del governo hanno fatto filtrare che l’incontro è da considerarsi «una iniziativa personale di Salvini». Insomma da palazzo Chigi ci tengono a precisare che non siamo di fronte a un’azione coordinata con il premier Draghi ma di una iniziativa autonoma di una forza politica della maggioranza.

Possibile? Forse, ma intanto c’è da registrare un attivismo diplomatico di Salvini proprio mentre il presidente russo Vladimir Putin, dopo la recente visita a Roma del ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov, ha mandato un messaggio al Forum Ambrosetti per rinsaldare i legami con l’Italia e in vista del colloquio telefonico di martedì di Draghi con il presidente cinese in preparazione del G20 sull’Afghanistan.

Gli altri incontri

Ma oltre all’ambasciatore cinese in Italia, il segretario della Lega Salvini ha incontrato l’ex viceministro degli Esteri del governo afghano deposto dai Talebani, Mirwais Nab. Al centro del colloquio – lo riferisce sempre la Lega – la situazione del paese asiatico, la crisi umanitaria e politica e le prospettive per il futuro. Salvini ha ribadito il no a qualsiasi legittimazione dei Talebani, assicurando impegno per la messa in sicurezza di chi scappa dagli estremisti grazie a un coordinamento internazionale e in particolare dei paesi più vicini all’Afghanistan.

Il viceministro ha chiesto aiuto e sostegno per la resistenza nazionale in Panjshir e ha precisato di voler far sapere alla comunità internazionale che in Afghanistan vige una Costituzione e che c’è un governo in carica presieduto a interim da Amrulla Saleh.

I due leader, inoltre, «hanno auspicato che l’Ue, la Russia, i paesi Nato e tutta la comunità internazionale creino fin da subito una nuova entità civile e militare per il mantenimento della pace in Afghanistan, per l’imminente rientro alla normalità, per monitorare il comportamento dei Talebani e per proteggere i cittadini afghani e il personale civile».

Ma cosa nasconde questo attivismo diplomatico del segretario della Lega in vista del vertice del G20 straordinario sull’Afghanistan? Un’ipotesi potrebbe essere quella che la diplomazia parallela di Salvini provi a sondare gli interlocutori più ostici senza coinvolgere direttamente l’esecutivo.

Diplomazia parallela

Anche perché finora i grandi leader si sono mossi in ordine sparso e alla luce della mancata approvazione, da parte del Consiglio di sicurezza Onu, della proposta francese e britannica di una “safe zone” all’aeroporto di Kabul. Quello dei corridoi umanitari è un tema complesso dopo la partenza degli occidentali. Dal vertice tra Draghi e Macron a Marsiglia potrebbe arrivare una spinta affinché l’Ue si muova con maggior sincronismo.

In effetti, spetta al premier italiano e al presidente francese assumere il ruolo di maggior coordinamento Ue: con le elezioni a fine settembre Angela Merkel è al tramonto senza avere in vista un successore al suo livello. Sullo sfondo dunque, resta l’opportunità di un vertice allargato – innanzitutto a Cina e Russia – per discutere della crisi afghana: direzione sulla quale, per ora, permane lo stallo.

E proprio qui Salvini, leader il un partito vicino ai ceti produttivi del Nord, legati da stretti rapporti economici e commerciali con Russia e Cina, potrebbe fungere da facilitatore per il successo dell’iniziativa italiana e, in caso di impasse, lasciare fuori dalle ricadute negative il governo guidato Draghi, presidente tra i più atlantisti degli ultimi decenni. In una ponderata divisione dei ruoli.

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