Matteo Salvini non arretra dalla sua posizione sul conflitto ucraino: contrario all’invio di nuove armi a Kiev, anche a costo di riunire il consiglio federale della Lega per deliberarlo. La posizione, in conflitto con la linea fin qui seguita dal governo Draghi – che se Salvini ha apprezzato il fatto che il premier in visita in Usa «abbia insistito sul tema della pace» – è spiazzante per almeno due ragioni. Da un lato somiglia fortemente alla posizione sostenuta da Giuseppe Conte con il Movimento 5 Stelle, in una riedizione dell’asse giallo-verde con cui la legislatura è iniziata. Dall’altro, si allontana dalle posizioni sia di Fratelli d’Italia che di Forza Italia, proprio nel momento in cui l’alleanza di centrodestra è più fragile.

Per dare un senso alla strategia politica che sta guidando il leader, allora, è necessario guardare alle ragioni sia interne che esterne che lo spingono ad agire. Sul fronte interno, la sensazione dentro la Lega è che Salvini stia provando ad assecondare i sondaggi che danno oltre al 50 per cento la posizione di chi non condivide la guerra. «Proprio questa posizione è trasversale dentro al centrodestra: nella base di tutti e tre i partiti esiste una linea critica non tanto contro l’invio di armi ma contro l’innalzamento dei toni in favore del confitto, perchè è una strategia dannosa per l’Italia», dice un analista vicino al centrodestra, «quindi Salvini punta a cavalcare questo sentimento diffuso».

I più critici nei confronti dell’agire del leader, dentro la Lega, però, leggono la cosa come la mossa quasi disperata di chi si sente mancare il consenso. L’intento sarebbe quello di provare a occupare lo spazio politico degli scettici rispetto al conflitto, con l’obiettivo di recuperare i voti che progressivamente si stanno perdendo, almeno secondo i sondaggi.

Salvini, infatti, ha sempre gestito la Lega facendosi forte soprattutto del suo consenso personale, mentre ora anche questo starebbe scemando, lasciando tutti i suoi generali – dai governatori delle regioni ai dirigenti del partito – sempre più scettici rispetto alla sua capacità di leadership. Per ora un congresso della Lega è impossibile a farsi per ragioni tecniche di statuto ma, se mai si andasse alla conta della base, in molti ormai sono pronti a scommettere che Salvini non avrebbe la maggioranza del partito.

differenziarsi da Meloni

Esiste poi però un’altra chiave di lettura, di carattere più europeo. Le mosse di Salvini rispetto alla guerra in Ucraina sono da leggersi anche rispetto al dibattito in corso negli altri partiti di centrodestra europei e tra i repubblicani negli Stati Uniti. Il 19 e il 20 maggio si terrà a Budapest la Conservative political action conference e la linea sia del padrone di casa che interverrà all’evento, Victor Orban, che dei repubblicani come l’ex candidato presidente Rick Santorum – nel loro caso in ottica anti-Biden – è molto simile a quella tenuta da Salvini. 

Allora il posizionamento così netto del leader leghista assume anche il connotato strategico di differenziarsi dall’atlantismo di Giorgia Meloni, che ha ribadito anche alla convention di Milano, pur assestando qualche colpo all’amministrazione Usa.

La scommessa di Salvini, quindi, è anche quella di marcare un altro orientamento rispetto a quello di Meloni all’interno del centrodestra. Seguirla sulla sua linea sarebbe perdente e un modo per essere sempre in rincorsa, mentre in questo modo si sposterebbe il baricentro del dibattito pubblico e si raggiungerebbe una fetta di elettorato scettico. 

La linea non convince tutti, però. Nella Lega lo scetticismo rispetto alla direzione del leader si sta moltiplicando e nei dirigenti starebbe crescendo l’insofferenza rispetto a posizioni sempre meno condivise. Tuttavia, l’interrogativo interno è sempre lo stesso e fino ad oggi ha bloccato qualsiasi manovra: chi sarebbe in grado di superare il consenso, pur calante, di Salvini?

L’obiettivo di Salvini, dunque, è quello di recuperare la crescita nei sondaggi per la Lega. Difficile capire se la strategia “no-armi” all’Ucraina sia il modo giusto.

Certamente, però, è il tentativo di trovare una propria agenda su cui orientare il centrodestra di governo, nella direzione di differenziarsi in ottica elettorale anche dalla linea di Mario Draghi.

Il 2023, infatti, è l’obiettivo a cui tutti i partiti guardano e, durante la campagna elettorale, servirà una scelta di campo rispetto all’agire dell’attuale governo. E, considerate le ambizioni di Meloni, Salvini dovrà avere quante più prove possibili da portare per dimostrare la sua non subalternità all’ex governatore europeo.

 

 

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