Il vero partito trasversale è stato ribattezzato il TtD. Che sta per Tutti tranne Draghi. Secondo Eugenio Fatigante di Avvenire l’espressione è nata in Transatlantico. Il fan indiscusso è Giuseppe Conte, che pur non avendo mai la forza di schierare ufficialmente tutti i Cinque stelle contro la nomina del premier al Colle, è sicuramente il più tenace e obliquo avversario di Supermario.

Il profeta del gruppo è Dario Franceschini, ministro dello stesso governo Draghi e tuttavia segnalato come il vero portavoce all’interno del Pd del malcontento anti premier. Il grosso dei numeri del TtD è nel corpaccione dei grandi elettori che non conoscono di persona l’ex capo della Bce, ne hanno soggezione, lo guardano “basiti”, come direbbero i mitici sceneggiatori della serie Boris.

Lo sentono come un corpo estraneo, un commissario di Bruxelles e delle banche, fuori dal loro ambiente. L’editorialista principe del TtD è Augusto Minzolini, direttore del Giornale, e grande critico del presidente del Consiglio, finanche più dei colleghi rosiconi Marco Travaglio (Il Fatto, titolo di oggi “I partiti fanno da soli e il nonno va in panchina”) e Maurizio Belpietro (La Verità).

“Minzo” è stato per anni cronista e poi lui stesso parlamentare: al di là delle strategie politiche, si sente umanamente e antropologicamente lontanissimo da Mario Draghi. Ha scritto Aldo Cazzullo in uno dei suoi tweet per il Corriere: «Comunque l’ostilità a Draghi tra i grandi elettori è impressionante. La maggioranza non gli ha mai parlato in vita sua, ma proprio per questo lo vede come un alieno, un usurpatore. Casini invece è percepito come “uno di noi”».

Ma il vero leader, il condottiero senza macchia e senza paura del TtD potrebbe rivelarsi alla fine proprio Matteo Salvini, come scrive Antonio Polito sul Corriere. Un Salvini finalmente kingmaker, che soddisfa i desideri del suocero Denis Verdini e si mostra il vero mattatore della scena quirinalizia. Anche Il Foglio stamattina lo vede come protagonista decisivo del “Draghicidio”.

LA GUERRA DI UNA SOLA ROSA E IL CONCLAVE

Nonostante che questo sia davvero “l’inverno del nostro scontento”, non ci sarà una guerra delle due rose (il riferimento è alle prime battute del Riccardo III di William Shakespeare). Il centrosinistra rinuncia alla sua rosa.

C’è dunque solo la rosa presentata dal centrodestra, la triade costituita da Letizia Moratti, Carlo Nordio e Marcello Pera, presentata ieri in conferenza stampa (si segnala al proposito il giubilo canterino di Maurizio Lupi, raccontato da Concetto Vecchio per Repubblica). Anche se la carta di riserva è quella di Elisabetta Casellati.

Alla rosa di destra Enrico Letta ha reagito, proponendo il “conclave”: «La proposta che facciamo è quella di chiuderci dentro una stanza e buttiamo via le chiavi, pane e acqua, fino a quando arriviamo a una soluzione, domani è il giorno chiave». L’ex sindaco di Roma e fondatore della Margherita Francesco Rutelli, in un memorabile scontro con Romano Prodi, una volta aveva evocato pane e cicoria: «C’è stato l’Ulivo dei cento giorni in cui ho tirato la carretta, ho mangiato pane e cicoria per costruire il centrosinistra e consegnarlo a Prodi». Adesso è la volta di pane e acqua.

MA NON POTREBBERO COMINCIARE ALLE 9 E VOTARE DUE VOLTE?

I grandi elettori sono già stanchi. Stanchissimi, dopo la seconda votazione. Ieri i presidenti Roberto Fico ed Elisabetta Casellati sono andati più in fretta nello spoglio ma oggi la votazione comincia già alle 11. Vogliono tutti concludere prima e così poter andare a cena per tempo.

Francamente non si riesce a capire perché non possano cominciare, non diciamo alle 8 di mattina, come operai e muratori, ma almeno alle 9-9.30, come gli impiegati, e votare due volte al giorno. Con le schede burla (ieri hanno votato persino Rocco Siffredi, grandi risate) si sono già ampiamente guadagnati il disprezzo degli italiani. Tranquilli, tanto fuori da Montecitorio ci sono solo 500 morti da pandemia e una guerra in Europa. Che volete che sia.

© Riproduzione riservata