La mossa del leader della Lega, Matteo Salvini, spiazza tutti. Mentre il Consiglio superiore della magistratura è sommerso dallo scandalo della presunta loggia segreta Ungheria e le commissioni Giustizia lavorano agli emendamenti sulle tre grandi riforme (penale, civile e ordinamento giudiziario), lui lancia la bordata: «Questo parlamento con Pd e 5Stelle non farà mai una riforma della giustizia». Per questo, la Lega sta organizzando insieme al partito Radicale «una raccolta di firme per alcuni quesiti referendari»: la responsabilità penale dei giudici; separazione delle carriere e abolizione della legge Severino sull'ineleggibilità o la decadenza nel caso di condanna in primo grado per alcuni tipi di reati.  Ai quali il segretario del partito Radicale, Maurizio Turco aggiunge anche i magistrati fuori ruolo, la riforma della custodia cautelare, le intercettazioni e la valutazione della professionalità dei magistrati.

Tre temi ampiamente dibattuti nel corso degli ultimi anni (in particolare i primi due sono cavalli di battaglia dell’Unione camere penali italiane), ma mai divenute centrali. Men che meno ora, quando le riforme della giustizia attese sono quelle contenute nel Piano nazionale di ripresa e resilienza e puntano a un obiettivo macro: la riduzione dei tempi dei processi, sia civili che penali, attraverso riforme di rito, assunzioni di personale e informatizzazione delle strutture. Proprio questo obiettivo è uno dei punti cardine del Pnrr, perchè alla velocizzazione della giustizia italiana è subordinato l’ottenimento dei fondi del Recovery plan.

Per questo le dichiarazioni di Salvini hanno prodotto dure reazioni da parte degli altri partiti di maggioranza, che hanno letto nelle parole del leader leghista soprattutto una volontà provocatoria soprattutto nei confronti di Pd e Cinque stelle.

Il rischio sabotaggio

Piegare il referendum a «fini ostruzionistici, strumentali e di mera propaganda, serve solo a svilirne l'importanza per la nostra democrazia», è stato il commento stizzito dei deputati del Movimento 5 Stelle in commissione Giustizia. Il sospetto, infatti, è che con questa dichiarazione Salvini stia anticipando la volontà di sabotare il tavolo delle riforme già in cantiere: «Salvini dovrebbe sapere che la riforma della giustizia, sia civile che penale, è già all'esame del Parlamento e dovrebbe, invece di avventurarsi in inutili proclami, impegnarsi concretamente a dare un contributo positivo».

Immediatamente, infatti, le parole di Salvini hanno fatto scricchiolare il già teso rapporto dentro la maggioranza di Mario Draghi. Ad attaccare frontalmente la Lega è soprattutto il Movimento 5 Stelle, con il presidente della commissione Giustizia Mario Perantoni: «Il posto di Salvini è all’opposizione, se vuole remare contro». Contro le riforme già incardinate nelle commissioni, ma anche contro l’opera di paziente ricucitura che sta portando avanti la ministra Marta Cartabia. Tesi che viene ribaltata completamente da Salvini, secondo cui sono il Pd e i Cinque stelle «coi loro attacchi quotidiani alla Lega» a mettere «in difficoltà Draghi e l'azione del governo».

Nello scontro interno alla maggioranza, a rischiare di venire schiacciato è il partito Radicale, che è ben consapevole che l’inedito fronte comune con la Lega potrebbe essere un boomerang. Anche perchè le dichiarazioni di Salvini sono arrivate con un tempismo ben calcolato: il sodalizio Lega-Radicali, infatti, sarebbe nato a inizio febbraio, nel pieno della crisi del governo Conte 2, ma tenuto nel più totale riserbo. Prima che il leader della Lega lo rivelasse a Porta a Porta. «Non è nelle volontà e nelle intenzioni del comitato promotore utilizzare i referendum per far saltare il governo. Tutt'altro: stiamo sminando il percorso del governo da chi ancora una volta vuole usare politicamente la questione giustizia», ha detto il segretario Maurizio Turco. Un tentativo di depotenziare la polemica cercata dal leader della Lega, che però ormai è scoppiata. 

Tuttavia, la direzione ormai è tracciata: a fine mese i quesiti del referendum promosso dalla Lega e dal Partito Radicale sulla giustizia saranno depositati in Corte di Cassazione: il primo weekend di luglio partirà la raccolta firme, per il deposito entro fine settembre. Dunque, se la raccolta andrà a buon fine, nel 2022 si potrebbe arrivare alle urne, poco dopo l’elezione di febbraio del nuovo presidente della Repubblica.

L’intervento di Cartabia

Certamente, il fatto che la giustizia sia terreno di scontro così aspro non viene sottovalutato dal governo Draghi. Palazzo Chigi e via Arenula, infatti, sanno quanto sia delicato l’equilibrio sulla giustizia: tutte le questioni che la riguardano dividono la maggioranza ed è stato così sin dai primi giorni di vita del governo. Per questo il mandato informale della ministra Cartabia è da subito stato quello di “sminare” il campo dai temi più ideologicamente divisivi, prescrizione in testa.

L’accelerazione polemica di Salvini è un segnale che la ministra intende affrontare e la data è già fissata. Lunedì, infatti, Cartabia ha convocato un incontro con la maggioranza per fare il punto su uno dei testi più delicati in via di approvazione: quel ddl penale che contiene sì la riforma della prescrizione, ma anche e soprattutto le norme che – negli intenti del governo – dovrebbero andare nella direzione di garantire la ragionevole durata dei processi.

In questa sede la ministra dovrebbe avere a disposizione anche la relazione sul ddl prodotta dalla commissione di esperti da lei stessa nominata, con l’incarico di vagliare il testo e individuare possibili miglioramenti da affiancare alle proposte emendative dei singoli partiti, il cui termine è scaduto martedì 4 maggio. La Lega sarà presente all’incontro insieme alle altre forze di maggioranza e toccherà a Cartabia ristabilire i tempi e le regole di un percorso di riforme comune.

 

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