Il 28 ottobre, il ministro della Salute, Orazio Schillaci, ha emanato il primo comunicato ufficiale dal giorno del suo insediamento. E inizia così: «A sei mesi dalla sospensione dello stato d’emergenza e in considerazione dell’andamento del contagio da Covid-19, ritiene opportuno avviare un progressivo ritorno alla normalità nelle attività e nei comportamenti».

È giusto, bisogna ritornare alla normalità. Ma qual è questa normalità?

Ce la racconta il bollettino ufficiale emesso dallo stesso ministero della Salute il 28 ottobre: «Sono 29.040 i nuovi casi di Covid nelle ultime 24 ore. I decessi sono 85, per un totale da inizio pandemia di 179.025». Il giorno prima, i nuovi casi erano stati 31.760, e i decessi 94.

Quindi, la normalità è una pandemia in corso che provoca 30mila malati e quasi 100 vittime al giorno, cifre che si ripetono da mesi e con ogni probabilità continueranno ancora per un pezzo. In pratica, è come se ogni giorno in Italia precipitasse un aereo con 100 passeggeri a bordo, e non se ne salvasse nessuno. Alla faccia della “normalità”.

Tanto sono tutti anziani deboli con malattie gravi, sostiene qualcuno, come se per questo meritassero di essere soppressi.

«Com’è umano Lei», risponderebbe il ragionier Ugo Fantozzi.

Il bollettino segreto

È evidente che ci troviamo ancora in piena emergenza, nel bel mezzo di una pandemia devastante che miete un centinaio di vittime al giorno anche se siamo tutti vaccinati, perché se non lo fossimo i morti sarebbero mille o forse più. Forse ci siamo “abituati” a questa tragedia quotidiana, ma che questa possa definirsi normalità mi pare azzardato e un po’ macabro.

E allora cosa si fa? Semplice, dice il ministro: si cancella il bollettino. Difatti, il comunicato del ministero prosegue così: «Anche in base alle indicazioni prevalenti in ambito medico e scientifico, si procederà alla sospensione della pubblicazione giornaliera del bollettino dei dati relativi alla diffusione dell’epidemia, ai ricoveri e ai decessi, che sarà ora reso noto con cadenza settimanale».

Quali sarebbero queste “indicazioni prevalenti in ambito medico e scientifico”?

Tutti gli epidemiologi e gli statistici del mondo sanno che il rilevamento costante di alcune cifre chiave - numero degli infetti, dei malati, dei deceduti e dei vaccinati quotidiani – permette a loro di monitorare e prevedere l’andamento dell’epidemia, e ai governi di decidere le misure di salute pubblica più giuste per controllarla.

Uno potrebbe dire: è bene che quelle cifre le conoscano solo i tecnici e gli esperti, perché se ogni sera per tre anni insisti ad emettere un funereo bollettino che annuncia il numero dei morti da Covid alla fine potresti turbare il fragile animo dei poveri cittadini italiani, che a cena sono già in preda ad ansie ben più motivate, tipo sapere chi da lì a poco verrà eliminato dal Grande Fratello Vip.

Ma tant’è: il nuovo ministro ha deciso che è bene che i cittadini non sappiano, o che sappiano solo ogni sette giorni.

Un pianoforte per strada

Certi sostengono addirittura che i bollettini quotidiani con la conta dei decessi non vadano comunicati perché sono sbagliati: i morti effettivi da Covid sono meno di quanto dicano le statistiche perché tanti muoiono “con” il Covid e non “per” il Covid. Molti pazienti, perlopiù anziani - affermano costoro - vengono ricoverati per una cardiopatia, un cancro o qualche altra malattia, e poi risultano positivi al tampone effettuato al loro ingresso in ospedale: se malauguratamente decedono, vengono conteggiati come morti da Covid anche se la vera causa della loro morte è la patologia preesistente. Tutte balle.

Certo, l’Italia è uno dei paesi al mondo con il maggior numero di vittime da Covid, ma questo non accade perché sbagliamo a contare i nostri morti. Fino ad oggi, abbiamo avuto poco meno di 180mila decessi da Covid-19, quasi 3mila per milione di abitanti. Tra i grandi paesi dell’Europa, peggio di noi fa solo la Grecia. La mortalità italiana da Covid è molto elevata e inferiore, tra le nazioni ad alto reddito, solo a quella degli Stati Uniti e del Regno Unito. I nostri morti sono tanti perché li contiamo male? No.

Come in ogni altra nazione europea, in Italia per conteggiare i morti da Covid abbiamo adottato i criteri stabiliti dall’Oms e dal Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie. In particolare: «La morte da Covid-19 del paziente deve essere confermata da un test molecolare positivo per il Covid-19; il suo quadro clinico e gli esami radiologici devono essere quelli tipici del Covid-19; deve essere assente un’altra chiara causa di morte diversa dal Covid-19; deve essere assente un periodo di completa guarigione clinica tra l’insorgere della malattia e la morte».

Detto in termini brutali, se siete un settantenne che soffre di un cancro incurabile al pancreas, state camminando per strada quando un pianoforte vi casca sulla testa dall’ottavo piano e voi morite sul colpo, che cosa ha causato la vostra morte? Il cancro al pancreas o il pianoforte?

Ovviamente, il pianoforte. In questo lugubre paragone il pianoforte rappresenta il Covid: voi siete morti “con” il pianoforte o “per” il pianoforte? La domanda è assurda, eppure questo dibattito insensato in Italia va avanti da mesi.

L’eccesso di mortalità

L’Istituto superiore di sanità ha condotto sia per il 2020 sia per il 2021 un’analisi approfondita su un campione significativo di cartelle cliniche di pazienti – oltre 6mila - deceduti a causa del Covid.

Per entrambi gli anni, i ricercatori dell’Istituto hanno confermato che oltre il 90 per cento dei decessi era senza dubbio causato dal Covid, anche se in circa tre quarti dei casi erano presenti altre possibili concause.

E poi ci sono anche tutte quelle migliaia di persone che, specie all’inizio della pandemia, sono morte a causa del Covid ma non sono state conteggiate come tali perché non sono mai state sottoposte a un tampone, dato che a quell’epoca i tamponi erano scarsissimi.

Per stimare nella maniera più accurata quale sia il numero reale dei morti provocati dal Covid, si può calcolare il cosiddetto “eccesso di mortalità”. Se io osservo che in una determinata popolazione in un certo periodo di tempo si è verificato un numero di morti superiore a quello atteso in base alla mortalità media di quella stessa popolazione negli anni precedenti – cioè un eccesso di mortalità –, allora è probabile che quell’eccesso di mortalità sia provocato da qualche evento manifestatosi nel frattempo. Nel nostro caso, il Covid.

Un gruppo di decine di scienziati di tutto il mondo ha pubblicato sulla prestigiosa rivista Lancet un ponderoso studio condotto su 191 paesi, dal titolo “Stima della mortalità in eccesso dovuta alla pandemia di Covid-19”, in cui si legge: «Anche se le morti da Covid-19 riportate tra l’1 gennaio 2020 e il 31 dicembre 2021 sono state 5,94 milioni, noi stimiamo che in realtà in tutto il mondo siano morte 18,2 milioni di persone a causa della pandemia di Covid-19, in base alla misura della mortalità in eccesso nello stesso periodo». Più del triplo.

Adottando lo stesso metodo, si stima che in Italia tra il 2020 e il 2021 ci siano stati 259mil« morti in eccesso, molti più dei 180mila conteggiati. Probabilmente sono stati tutti causati dal Covid.

Perché si muore in Italia

Certi potrebbero obiettare che durante la pandemia molte morti sono state provocate non direttamente dal Covid ma dal sovraccarico del nostro sistema sanitario nazionale. Qualcuno, che magari ha avuto un infarto oppure è stato vittima di un incidente stradale, è deceduto perché non ha potuto accedere alle terapie intensive, già intasate dai malati Covid; qualche malato di tumore non ha potuto essere salvato in tempo perché i servizi di diagnosi non funzionavano a dovere. Ma al contempo si dovrebbe tenere in considerazione il fatto che molte morti da incidenti stradali o causate da malattie infettive si sono evitate perché eravamo chiusi in lockdown. Insomma, alla fine i dati si appianano tra loro.

E allora perché si muore di più in Italia? Per tre motivi essenziali: perché all’inizio della pandemia abbiamo commesso errori madornali, perché abbiamo una popolazione più anziana, e per il nostro stile di vita.

L’inizio di tutto

A fine dicembre 2019, l’Oms avvisò che a Wuhan, in Cina, era scoppiata un’epidemia provocata da un nuovo coronavirus il quale causava una polmonite mortale, e che il contagio poteva diffondersi ovunque. Tutte le nazioni del mondo si misero in allarme e già a gennaio 2020 cominciarono a identificare individui positivi al virus e ad isolarli. Invece, noi peccammo per un eccesso di leggerezza.

Il primo paziente italiano positivo al coronavirus fu il signor Mattia Maestri di Codogno. Il 20 febbraio 2020 venne ricoverato in ospedale per quella che sembrava una brutta influenza, con febbre alta e una brutta tosse.

I medici scoprirono che aveva una polmonite bilaterale, ma la dottoressa Annalisa Malara, una giovane anestesista, ebbe il sospetto che si trattasse di Covid e lo sottopose al tampone, che risultò positivo.

Per scoprire se Mattia avesse contagiato qualcuno, medici della regione Lombardia fecero il tampone a tutti quelli entrati in contatto con lui - i suoi familiari, i suoi amici – che risultarono quasi tutti positivi, e li isolarono. Poi li fecero anche ad altri abitanti di Codogno con sintomi influenzali, anche se mai venuti in contatto con Mattia. E scoprirono che anche molti di loro erano positivi. Si spaventarono. Codogno venne dichiarata zona rossa.

I medici allargarono le ricerche, fecero il tampone ad altri malati con sintomi influenzali ricoverati negli ospedali lombardi e in pochi giorni trovarono altri 5.830 individui contagiati dal coronavirus sparsi ovunque – da Milano, a Bergamo, alla Valseriana: così, iniziarono a sospettare che ci fosse un’epidemia massiccia in corso. Scoprirono che il primo paziente positivo al coronavirus in Italia risaliva al primo gennaio 2020.

Lockdown

Gli scienziati lombardi hanno poi pubblicato un articolo dal titolo “Le prima fasi dell’epidemia di Covid in Lombardia”, in cui scrivono: «L’epidemia in Italia è iniziata molto prima del 20 febbraio 2020. Al momento del rilevamento del primo caso di Covid-19 l’epidemia si era già diffusa ampiamente nella maggior parte dei comuni della Lombardia. Il potere di trasmissione del Covid-19 è molto elevato e il numero di casi critici può diventare insostenibile per il sistema sanitario in un tempo brevissimo».

Le conseguenze di questo ritardo erano terribili. Se il Sars-CoV-2 era presente in Italia dal primo gennaio, aveva avuto 60 giorni circa per moltiplicarsi e diffondersi, e visto che si raddoppiava ogni 3 giorni aveva potuto farlo per circa venti generazioni: quindi a inizio marzo c’erano in giro circa 1 milione di persone contagiate dal coronavirus. Non avevamo altra scelta: dovevamo chiudere tutta l’Italia in lockdown.

In Italia i morti sono più che altrove anche perché gran parte della popolazione è anziana, e il Covid colpisce in maniera grave soprattutto chi ha più di settant’anni dato che il suo sistema immunitario non è più efficiente come quello di un ventenne. Infine, in Italia i morti sono più che altrove perché le nostre famiglie sono unite: i figli spesso vivono con i genitori e a stretto contatto con i nonni, e ciò facilita la diffusione del virus.

I vaccini

E le responsabilità del governo? Dopo quel madornale errore iniziale, i due governi che si sono succeduti alla guida dell’Italia – il secondo governo Conte e quello guidato da Mario Draghi - si sono comportati bene. Hanno adottato rigide ma ragionevoli misure di contenimento dell’epidemia, hanno introdotto misure quali il distanziamento sociale e l’obbligo di indossare le mascherine, in grado di limitare i contagi.

Soprattutto, hanno avviato una campagna di vaccinazione di massa a cui specie all’inizio gli italiani hanno aderito, forse mossi più dalla paura di morire di Covid che da senso di responsabilità o da calcoli razionali.

Oltre il 90 per cento degli italiani ha completato il primo ciclo di vaccinazione - prima dose più richiamo -, l’84 per cento ha fatto la terza dose, magari perché era in vigore il green pass e solo se ti vaccinavi potevi muoverti in libertà, ma un misero 22 per cento ha fatto la quarta. La voglia degli italiani di sottoporsi alla vaccinazione è andata scemando nel tempo, forse perché ci abituiamo a tutto, anche alla nuova normalità.

Medici no-vax

Tra le altre misure, il governo Draghi aveva deciso di obbligare i sanitari a vaccinarsi e di sospendere chi si rifiutava, che doveva pagare una multa di cento euro. Invece, nel suo comunicato il Ministro Schillaci annuncia che: «Per quanto riguarda il personale sanitario soggetto a procedimenti di sospensione per inadempienza all’obbligo vaccinale, vista la preoccupante carenza di personale medico e sanitario segnalata dai responsabili delle strutture sanitarie e territoriali è in via di definizione un provvedimento che consentirà il reintegro in servizio del suddetto personale prima del termine di scadenza della sospensione», fissata al 31 dicembre.

I medici no-vax, che sono solo 14mila, appena l’1 per cento del totale, potranno tornare presto in corsia perché manca il personale, e le loro multe verranno condonate. E se infetteranno qualche anziano provocandone la morte, peggio per loro.

Cosa fare

Ma non crediate che l’emergenza sia cessata o che il virus, come ha detto qualcuno, sia diventato più buono e sia in grado solo di provocare un banale raffreddore. Avete mai visto un virus del raffreddore che provoca 100 morti al giorno? Io no. I morti sono 100 al giorno solo perché ci siamo vaccinati, altrimenti sarebbero mille o più, e dovremmo anche tenere bene a mente che l’immunità garantita da un vaccino o da un’infezione precedente comincia a svanire dopo circa sei mesi.

In questo preciso istante, solo in Italia ci sono circa 200mila persone positive al Sars-CoV-2, ognuna delle quali ospita una decina di miliardi di copie del virus.

Ogni volta che si replica, il virus deve duplicare il suo genoma, ma questo processo può dare luogo ad errori, cioè a mutazioni. Alcuni di questi virus mutati soccombono, e invece quelli che sono più adatti all’ambiente sopravvivono e iniziano a moltiplicarsi.

In un ambiente composto soprattutto da individui vaccinati o guariti da una precedente infezione, e che perciò possiedono un sistema immunitario in grado di sconfiggerli, i virus che alla fine predominano sono quelli capaci di sfuggire all’immunità.

Difatti, in questo momento il coronavirus in circolazione e che sta provocando l’attuale ondata epidemica, per fortuna in declino, è Omicron BA.5, che è immuno-evasivo, ma stanno per arrivare Omicron BQ.1.1 e XBB, i suoi eredi che lo sono ancora di più. Il modo più giusto per fronteggiarli sarebbe informare la popolazione che il pericolo non è cessato, magari emanando un bollettino quotidiano che ricorda il numero delle vittime, e che le vaccinazioni - e i relativi richiami ogni sei mesi - sono il mezzo più efficace per prevenire la malattia grave e le morti. Poi, bisognerebbe ricorrere a qualche misura che convinca la gente a vaccinarsi, specie il personale sanitario.

L’esatto opposto di quello che ha deciso il governo italiano.

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