Schlein, la partita a scacchi della segretaria di tutti: scontentare ciascuno

The Queen’s Gambit, il “gambetto di donna”. È una delle più famose aperture degli scacchi, resa popolarissima, ben al di là dalla cerchia degli appassionati, dalla magnifica serie Netflix sull’immaginaria Beth Harmon, enfant prodige e poi campionessa mondiale, talentuosa ma tormentata e alcolista. Il gambetto di donna, che è poi uno sgambetto, prevede il sacrificio di un pedone per ottenere vantaggi strategici. Perché negli scacchi, quando si apre bene, si ha già vinto. Lo sgambetto di donna è la mossa che un appassionato di scacchi e di politica, non in quest’ordine, utilizza per descrivere l’ultima mossa di Elly Schlein. Che in queste ore sta giocando una partita interna lenta e delicata. Che conduce lei. Come sempre, anche la sua agenda di ieri era fitta. La mattina all’assemblea della Cna ad assicurare al rieletto presidente, Dario Costantini, che il Pd «continua a essere a disposizione del dialogo con le piccole e medie imprese». Il pomeriggio all’iniziativa della Fondazione Iotti di Livia Turco a discutere di come “Curare la democrazia”. La sera al Tg7 di Enrico Mentana a ricordare: «Sono certamente a disposizione, ma la modalità con cui sceglieremo» la guida dell’alleanza «la decideremo con gli alleati». Non è il plebiscito del leader che riporta i cittadini alle urne Il quintetto del Nazareno Nei giorni scorsi, martedì e mercoledì, non è passata inosservata la sua presenza alla Camera. Dove ha discusso con suoi più stretti su modi e contenuti dell’Assemblea nazionale del prossimo 14 dicembre: intanto con Igor Taruffi e Marco Furfaro. Ne aveva già a lungo parlato con Marta Bonafoni, coordinatrice della segreteria e sua ombra, e con Gaspare Righi e naturalmente con il portavoce, Flavio Alivernini: è il “quintetto” del Nazareno. A Montepulciano il nuovo correntone le ha chiesto di mettere ai voti un ordine del giorno che contenga una sostanziale modifica dell’Art.5 dello statuto, per renderlo più stringente, secondo la portatrice della proposta, Michela Di Biase: per far votare dall’Assemblea nazionale del 14 dicembre la definitiva sanzione che sarà lei la candidata del Pd alle eventuali primarie di coalizione. Un testo così renderebbe più tormentato il passaggio in maggioranza dell’area di Stefano Bonaccini, e costringerebbe a un precocissimo giuramento di fedeltà alla segretaria, in quanto sospettati di intelligenza con la sindaca di Genova, Silvia Salis. Questo testo però è stato sventato: intanto perché la segretaria ha tutto l’interesse di imbarcare Bonaccini in maniera soft. Bonaccini è pronto al grande salto: a patto che lei non convochi un congresso a stretto giro. Lo ha detto chiaro qualche giorno fa in tv: «Schlein è già forte di suo. Con le regole che abbiamo rischieremmo di chiuderci quattro mesi a discutere di noi mentre l’Italia vuole che proviamo a discutere dei problemi degli italiani. Invece di un congresso anticipato farei partire quello che Schlein ha detto che serve, e io sono d’accordo con lei: la costruzione dell’alternativa». Parole amichevoli, ma anche interessate: Bonaccini sa che gli sarebbe difficile passare in maggioranza nel corso di uno strillatissimo congresso, meglio farlo una in una sterilizzatissima assemblea. Però il Nazareno non le ha gradite. Suonavano come una condizione. Spadafora: «Presto una Costituente civica. Fuori da Pd e M5s c’è un mondo» Basta leggere lo Statuto La «segretaria di tutti e tutte» è attenta a non sembrare di cedere nulla alle richieste dei «suoi» di Montepulciano. «Basta leggere lo statuto. La “lettera” è molto semplice. La candidata è già lei», spiegano i più vicini. Articolo 5 comma 3, leggiamolo: «Qualora il Partito democratico aderisca a coalizioni e per l’individuazione del candidato alla carica di presidente del Consiglio dei ministri si utilizzino le primarie, l’Assemblea nazionale stabilisce le modalità di presentazione e selezione di eventuali altre candidature, in aggiunta a quelle del segretario nazionale, che saranno ammesse e successivamente presentate alla coalizione». Si vota l’aggiunta di un eventuale altro candidato. Quindi eventualmente è chi vuole candidarsi in alternativa a dover trovare i numeri, ovvero la maggioranza per potersi candidare. Ma nel caso si aprirebbe tutto un altro scenario. Anche perché il giorno dopo dei risultati delle regionali la segretaria ha già detto che in caso di primarie lei sarà la candidata del Pd. Punto. Dall’altra parte, Schlein non vuole apparire cedevole neanche ai desiderata di Bonaccini; neanche in cambio del sostegno. E qui arriviamo al Queen’s Gambit, il gambetto di donna. Ovvero lo sgambetto. «La mossa di convocare Assemblea apre la partita interna», spiega con pazienza il nostro scacchista democratico. Lei muove bianco. Il nero è solo il colore dell’altro giocatore. «Schlein con il bianco attacca sul lato di donna (quello della regina e dell’alfiere, ndr) mandando avanti un suo pedone», in questo caso è il messaggero a dire: «O così o congresso». «Se il “nero” accetta il congresso, il “bianco” scatena le truppe per occupare il centro. Se invece il gambetto non viene accettato», ricordiamo il no del presidente al congresso, «il “nero” sarà costretto a una partita difensiva e di equilibrio. E questo è l’esito più probabile. Con buona pace della richiesta di accelerazione», quella del correntone. Traduzione per non scacchisti: primo, in un modo o nell’altro, il gioco lo conduce lei. Secondo: all’Assemblea la segretaria farà votare la sua relazione, che quanto alla premiership conterrà una semplice ripetizione di quello che ha già detto (e che ha già fatto irritare Giuseppe Conte): «O ci si mette d’accordo, chi prende un voto in più esprime la guida, o ci sono altre modalità a cui mi sono dichiarata più che aperta, come le primarie di coalizione». Terzo: parlare del congresso è prematuro, epperò resta una pistola carica sul tavolo. Che, attenzione, piace alle ali estreme: i fedelissimi del Nazareno e i riformisti scissionisti, pronti a pesarsi per contare poi al tavolo delle candidature.