Mentre Roma si prepara per diventare teatro del funerale di papa Francesco e poi del conclave, anche il parlamento ha celebrato una commemorazione laica della figura del pontefice.

Nell’aula della Camera, con il parlamento in seduta comune, si è così celebrato il gioco delle parti tipico della rissosa politica italiana e forse non avrebbe potuto essere altrimenti.

Descritto da Massimo D’Alema nel 2018 come «il principale leader della sinistra, nel modo più significativo», ma nello stesso tempo amico personale di Giorgia Meloni, Bergoglio è stato amato più dal centrosinistra che dal centrodestra.

Tutte le contraddizioni di un papato ancora da analizzare, però, sono emerse a Montecitorio. Nel mezzo è rimasta la premier, che ha sorvolato su ogni accenno polemico e si è concentrata sul suo rapporto personale con il pontefice, di cui ha ricordato il suo rompere gli schemi «perché diceva che “non devi avere paura di andare controcorrente se è per fare una cosa buona”».

Parole, queste, che certamente hanno una valore particolare per Meloni che spesso, nei suoi interventi, si è definita «controcorrente».

Meloni ha ricordato soprattutto la capacità di Francesco di «interpretare in modo nuovo i rapporti internazionali». Non un riferimento a caso, vista la volontà della premier di essere pontiera tra Europa e America, e ha sottolineato la sua arte diplomatica fatta di «esercizio di umiltà»: un insegnamento «che intendiamo coltivare».

Riferimenti tutt’altro che generici, anche alla luce del fatto che il funerale di Francesco porterà nella capitale quasi tutti i leader del mondo e, in questo momento di instabilità globale, sarà crocevia di incontri almeno informali.

Nell’intervento della premier sono emerse altrettanto forti le omissioni. Ha sorvolato su migranti, accoglienza e carceri, ma ha omesso anche qualsiasi riferimento ad aborto e fine vita. Un modo per non entrare nella polemica politica tra opposte fazioni e – per una volta – evitare lo scontro d’aula.

L’affondo sull’ipocrisia

Che papa Bergoglio sia stato la sponda del centrosinistra sui temi più identitari, tuttavia, lo hanno mostrato gli interventi di tutti i leader, a partire dalla segretaria del Pd Elly Schlein. «Un innovatore», lo ha definito e ha richiamato i suoi appelli «instancabili per la pace, per la giustizia sociale, per l’ambiente e la dignità delle persone». In un passaggio ha anche ricordato la sua frase: «Se una persona è gay, chi sono io per giudicare».

Quello della segretaria dem è stato l’intervento più politico e anche più aspro nei confronti della maggioranza e rivolto in particolare proprio a Giorgia Meloni. Il papa «non merita è l’ipocrisia di chi non ha mai dato ascolto ai suoi appelli ed oggi cerca di seppellire nella retorica il suo potente messaggio», ha detto elencando le deportazioni dei migranti, i tagli al welfare, la negazione dell’emergenza climatica e la riduzione della spesa sanitaria.

Sulla stessa lunghezza d’onda anche il leader Cinque stelle, Giuseppe Conte, il quale ha ovviamente richiamato soprattutto lo schierarsi del papa «tenacemente contro ogni guerra» e a favore di tutte le vittime dei conflitti» ma ha guardato i banchi del governo parlando di «scomposto teatro dell'ipocrisia» ha parte di chi «ha continuato ad ignorare i suoi messaggi di dolore per le ingiustizie del mondo».

La freddezza della destra

Misurando la temperatura politico in aula è emerso come Bergoglio sia stato tiepidamente amato dal centrodestra. Con la consueta schiettezza, il capogruppo di Forza Italia Maurizio Gasparri si è incaricato di rispondere a Schlein, «non entrando nel merito anche delle tante ipocrisie che hanno accompagnato il pontificato di Francesco».

Un accenno ruvido e sufficiente a far emergere quanto il pontificato appena concluso abbia poco appagato i cattolici di destra. Quanto alla pace, «che deve fare un papa se non esortare i popoli alla convivenza», è stata la conclusione. Il capogruppo di Fratelli d’Italia, Galeazzo Bignami, è stato invece ben attento a pesare le parole. Ha parlato di «un pontefice non facile» ma che sarebbe sbagliato catalogare come più progressista o più conservatore, perché «il papa non segue schemi politici».

Per la Lega, il partito che meno si è mosso in linea con le battaglie portate avanti da Bergoglio, emblematicamente nessun capogruppo a preso la parola. Alla commemorazione ha pensato la deputata Simonetta Matone, che ne ha ricordato le «durissime parole sull’aborto e quelle addirittura brutali sull’omosessualità in Vaticano» ma ha aggiunto come «sarà la storia a giudicare le tante luci e le ombre del suo pontificato».

Ognuno, nel pontificato di Bergoglio, ha cercato «di accaparrarsi un pezzettino dell’eredità», è stata la caustica sintesi di Matteo Renzi. Proprio lui ha voluto ricordare come il papa, poco prima dell’approvazione con la fiducia della legge sulle unioni civili «mai mi ha detto alcun che».

Una sottolineatura che è risuonata per i cattolici di centro polverizzati nei vari schieramenti, che stanno tentando di ridarsi una struttura. Anche con questa ambizione poco coltivata da Bergoglio, aspettano il nuovo pontefice.

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