Più avanti senza dire «qualcosa», almeno una cosa, la neodeputata Elly Schlein non poteva andare: le voci sulla sua corsa circolano da tempo e di questo passo avrebbero rischiaro di farla risultare come un’eterna indecisa. Oggi pomeriggio dunque alle 14 dirà «qualcosa» su quelli che dovrebbero essere, a suo parere, i contenuti del prossimo congresso costituente del Pd. Chi le è vicino parla – in grande riservatezza – di «un primo passo».

Non si tratterà di un’autocandidatura, e neanche di una candidatura, non ancora. Schlein accenderà il computer e si collegherà a Instagram, il social con cui si parla ai «giovani». Dirà «la sua». «Da qualche tempo e di nuovo stamattina vedo circolare molte ipotesi e ricostruzioni sul congresso costituente senza che però io mi sia ancora espressa sull’argomento», ha scritto ieri su Facebook.

Il fatto è che ieri il Resto del Carlino, quotidiano molto vicino alle fonti di Emilia Coraggiosa, la lista della ex vicepresidente della Regione, ha dato per certa la sua decisione di correre per le primarie del Pd. E che ad appoggiarla non sarà la sinistra del partito, l’area di Andrea Orlando, ma nientemeno che Areadem, la corrente guidata da Dario Franceschini. La quale corrente, senza mettere il cappello sul suo nome, potrebbe rendersi disponibile a sostenere un pacchetto di mischia di giovani promesse. In realtà da Areadem non risulta alcuna decisione, dunque non arriva nessuna conferma. Nei confronti di Schlein c’è «la stima e la condivisione di molti temi» da parte della deputata Michela De Biase, ma si tratta di una posizione personale.

Eppure le voci su una sfida tutta emiliana fra Stefano Bonaccini, il presidente della regione, e la sua ex vice, girano con insistenza. Anche l’ex (da ieri) presidente del Lazio Nicola Zingaretti rifletterebbe sull’eventualità di darle una mano.

La simpatia del segretario Enrico Letta per Schlein invece non è un mistero: anche se ha promesso che nella fase congressuale farà “solo” da garante, dunque non si schiererà con nessuno. In ogni caso la vera promozione sul piano nazionale a Schlein l’ha offerta lui, scegliendo di tenerla al proprio fianco, in tv e in piazza, in tutti i momenti cruciali dell’ultima sfortunata campagna elettorale.

Il Pd Lazio guarda al centro

Intanto ieri l’assessore alla sanità regionale Alessio D’Amato, da tempo in corsa per la presidenza del Lazio, ha chiamato i suoi sostenitori al Teatro Brancaccio. Sala stracolma, in tutti gli ordini, applausi scroscianti per l’appassionato discorso che arriva dal palco: «Io ci sono con l’entusiasmo e la passione di sempre, non regaliamo i nostri risultati alla destra».

C’è Calenda, il primo ad abbracciarlo a fine comizio, grande sostenitore del termovalorizzatore che ha causato la rottura con M5s; e c’è anche il sindaco Roberto Gualtieri, che da commissario straordinario del Giubileo ha ottenuto i poteri per costruirlo. Si presentano quasi tutte le anime del partito: i lettiani Marco Meloni e Francesco Boccia, il giovane turco Francesco Verducci, Monica Cirinnà e Esterino Montino, Luigi Zanda ma anche la renziana Maria Elena Boschi. Prima dell’inizio della kermesse arriva il colpo di teatro: il segretario regionale Bruno Astorre certifica davanti ai cronisti che «D’Amato è il candidato del Pd e ha la preferenza esplicita di Calenda. Una candidatura che unisce».

Che unisce però solo Pd e Terzo Polo. E il disagio dei rossoverdi è una profezia facile. Anche perché Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli in queste ore sono oggetto di lusinghe da parte di Giuseppe Conte, deciso a costruire un «polo progressista» e a tirare dalla sua parte il voto di sinistra, anche quello tradizionalmente rivolto al Pd.

L’accelerazione sul nome di D’Amato arrivaa nel pomeriggio in una riunione al Nazareno, presente Letta, Meloni, Boccia e i vertici del Pd regionale. Secondo più fonti c’è anche il sindaco.

Per l’ufficialità dell’investitura di D’Amato bisogna aspettare martedì, quando si riunirà la direzione regionale e quel che resta della coalizione. Lì, secondo Astorre, «si deciderà se fare le primarie o meno».

Ma le primarie con chi, se praticamente tutte le aree del Pd, con poche defezioni, alla fine convergono sull’assessore? La sua corsa è sicura da tempo. Il punto, per lui, era non essere percepito come il candidato tesserato Pd ma “imposto” da Azione e Italia Viva.

Pesa il precedente lombardo: lì il leader di Azione si è accodato a Letizia Moratti, mettendo nei guai il Pd (che ancora ieri gli ha chiesto di congelare la scelta e sedersi a un tavolo per provare a costruire un’alleanza).

Nel Lazio Calenda aveva mostrato più pazienza: «Siamo in attesa che il Pd ci dica se D’Amato va bene anche per loro».

La risposta ieri è arrivata. Fino a quel momento, e cioè fino ieri pomeriggio, in realtà gli sfidanti c’erano. Intanto da mesi è in campagna elettorale Marta Bonafoni, consigliera regionale proveniente da sinistra e molto vicina proprio a Elly Schlein. Il vicepresidente Daniele Leodori invece aveva ritirato la disponibilità una volta sfumata l’alleanza giallorossa.

C’era anche l’ipotesi della candidatura di Massimiliano Smeriglio, predecessore di Leodori alla vicepresidenza della Regione, oggi eurodeputato indipendente del Pd. Un profilo di sinistra ecologista, dialogante con l’ormai avversario Conte ma anche con Calenda. La sua corsa avrebbe più facilmente tenuto i rossoverdi allacciati al Pd.

Ma sembra ormai che nel Lazio l’idea del centrosinistra tramonti, lasciando il passo alla coalizione di nuovo conio, quella centrista Pd più Terzo Polo. Se finirà così, sarà un’autostrada per l’affondo a sinistra dei Cinque stelle.

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