Alleanza e premiership ad andamento lento, Schlein fa una mossa

Il quintetto del Nazareno si raduna dopo la conferenza stampa, alla fine del corridoio del terzo piano. C’è la segretaria e tre membri della segretaria: il fedelissimo Igor Taruffi, Marco Sarracino, uno degli organizzatori dell’assemblea di Montepulciano (sarà questo weekend), Alessandro Alfieri, vicino a Stefano Bonaccini, Gaspare Righi, uomo-ombra di Elly Schlein. E Schlein. Fatte le regionali, c’è da prendere qualche decisione: se lanciare in queste ore l’Assemblea nazionale del 13 dicembre, o farlo dal pulpito delle colline senesi, dove la leader parlerà domenica. C’è da sistemare qualche casella del Pd in Campania. La sfida di Schlein, costruire l’unità nei «luoghi che non contano» E da allineare le dichiarazioni sulla riforma elettorale che la destra ha annunciato il giorno stesso dei risultati, il «Meloncellum» l’ha battezzata Riccardo Magi: contro, nel Pd c’è chi promette di «sdraiarsi sui banchi». Anche per Alfieri, responsabile riforme, è sul no categorico. Eppure la segretaria davanti ai giornalisti ha arpeggiato: «Contatti non ci sono stati», ha detto – radio Transatlantico sostiene di sì – la riforma «parte dalla paura di perdere perché hanno capito che con questa legge vinceremmo le politiche». E: «Mi sembra strano che la destra abbia il tempo di aprire un dibattito sulla legge elettorale, mentre ancora non ha spiegato come correggere una pessima legge di bilancio. Non ci interessa discutere le priorità di Meloni ma quelle degli italiani». Ma la conclusione, a sorpresa, è stata: «Se la destra vorrà fare una proposta, la valuteremo». Però il briefing viene intercettato in diretta dalle telecamere di La7. E il quintetto si scioglie. Il giorno dopo quella che il campo progressista vive come una vittoria galvanizzante, la domanda più frequente è «quando metterete insieme la coalizione nazionale». Gli alleati minori chiedono ai maggiori di «darsi una mossa». E invece. Giuseppe Conte lancia dai social il cantiere M5s per il programma 2027. Dunque prende tempo. Lo fa anche Schlein, che chiama i cronisti per comunicare i numeri che laureano il Pd primo partito delle regionali e disegnare un percorso ampio sulla coalizione. Epperò quei numeri hanno una conseguenza: portano dritti al ragionamento sulla leadership. O io, o io alle primarie Con soddisfazione Schlein snocciola i dati delle ultime 13 regionali: centrosinistra e destra pari sono «nei voti assoluti», «il Pd è primo partito con oltre 3milioni 262mila voti davanti a FdI, che ne ha presi 2.570.522», il Pd cresce ovunque, anche dove perde, due regioni (Sardegna e Umbria) sono state strappate alla destra. «La linea testardamente unitaria porta i suoi frutti. Siamo in partita, siamo pronti ad andare al governo nel 2027 vincendo le politiche». Il non detto è che tutto questo è possibile grazie alla sua «testardaggine unitaria». Da Zaia a Mastella: alle regionali i leader nelle mani dei portatori di voti E così a proposito della premiership, dice per la prima volta molto dritta: «La modalità con cui individueremo la guida della coalizione sarà oggetto di discussione. Troveremo un accordo, non vedo alcun problema gigantesco, nessuno degli alleati lo vede. O ci si mette d’accordo, chi prende un voto in più esprime la guida, o ci sono altre modalità a cui mi sono dichiarata più che aperta, come le primarie di coalizione». Con questi numeri è convinta di vincere, almeno ai gazebo. La strategia però è passo dopo passo: adesso tutti gli sforzi sulla finanziaria. A quando il programma per la coalizione? «È ora di lavorarci. Ma non partiamo da zero perché con le forze dell’alleanza abbiamo presentato alcune proposte di legge per cui continueremo a batterci in parlamento, abbiamo anche presentato 16 emendamenti condivisi alla manovra». Conte chiede di parlare del progetto per l’Italia? Benissimo, «facciamo questo lavoro, non chiusi nelle stanze, ma nel paese, in un confronto in un dialogo che coinvolga i cittadini, il terzo settore, la società civile, il mondo produttivo, sindacale. Proviamo ad ascoltare gli esperti, le università, in questo modo, costruendo in maniera partecipata, la nostra proposta sarà ancora più forte e più ricca, ancora più competitiva». Un lavoro di lunga lena. Con l’anno nuovo lancerà tutto il partito sul No al referendum sulla giustizia. Non prima perché, spiega ai suoi, «non consentiremo a Meloni di parlare sei mesi di giustizia e di Garlasco per non parlare dei suoi fallimenti». Meloni vuole il proporzionale, è pronta a cedere la Lombardia alla Lega E poi, ma solo poi, raccolto l’ultimo verdetto delle urne, e chiarito se il «Meloncellum» sarà legge, aprirà il dossier coalizione. E candidato premier. Avendo però già detto che o le spetta di diritto, o se la giocherà con le primarie. Cantiere Conte Anche Conte condivide l’avvicinamento ad andamento lento. Più tardi iniziano le trattative per il programma comune – dovrà cedere qualcosa anche lui, lo sa – più riuscirà a far digerire l’alleanza ai suoi. Più tardi si comincia a parlare di premiership – si è già offerto di fare un passo indietro, sottinteso se lo fa anche Schlein – meglio è. Quindi ieri ha lanciato il «Cantiere programmatico M5s per il 2027», a colpi di click e piattaforme, come la Costituente del 2024. Ddl consenso, ora la destra frena. Carfagna: «Un déjà vu, ma sono ottimista» «Ora quel metodo che ha messo insieme i nostri iscritti, la società civile, gli esperti, voglio replicarlo con il Movimento per costruire priorità e programmi che partano dal basso e in cui ognuno potrà contribuire alle scelte». «Quello che uscirà da questo nostro processo di apertura ai cittadini e alle istanze dal basso lo porterò poi nel confronto con le altre forze politiche del campo progressista per dare al Paese un nuovo programma di governo» che «non potrà contenere compromessi al ribasso tra segreterie preoccupate di formare una coalizione quanto più vasta possibile». Intanto però il presidente è partito con la campagna referendaria, senza aspettare Schlein. Un modo per accumulare visibilità e forza. Anche se per il candidato premier c’è tempo: «Non sarò un ostacolo nella scelta del migliore o della migliore candidata», è la sua posizione da giorni, «quando sarà il momento parleremo dei criteri». Schlein però ne ha cominciato a parlare ieri.