Sciopero del venerdì, Meloni sfida Landini. La Cgil: «Serve rispetto»

«Se vogliono, hanno la possibilità che lo sciopero non ci sia: cambino la manovra», «Dovrebbero anche essere un po’ umili. Noi non proclamiamo uno sciopero per il gusto di proclamarlo. Stiamo chiedendo di aumentare i salari, di andare a prendere i soldi dove sono, di investire nella sanità e nella scuola. Stiamo chiedendo di fare ciò che è necessario per ricostruire quella giustizia sociale e quell’uguaglianza che in questo Paese sono state cancellate». Da Firenze, dall’assemblea nazionale della Cgil, Maurizio Landini replica alla pioggia di accuse che arrivano dalla maggioranza. Ad aprire il fuoco contro lo sciopero generale, proclamato dal sindacato per il prossimo 12 dicembre, è stata la premier, dai suoi social: «In quale giorno della settimana cadrà il 12 dicembre?», chiede con sarcasmo. Le va dietro il ministro dei Trasporti Matteo Salvini: «E chissà come mai, proprio di venerdì», scrive a sua volta, «Invitiamo Landini, per una volta, a rinunciare al weekend lungo e organizzare lo sciopero in un altro giorno della settimana». Il segretario controreplica duro: «Quando una persona che per vivere ha bisogno di lavorare decide di scioperare, rinuncia ad una giornata del proprio stipendio. Non è gratis». Poi, al Tg3: «Dovrebbero avere rispetto, quelli che sciopereranno sono quelli che pagano le tasse e anche il loro stipendio». Cgil e sindacati di base, l’unità impossibile. «Scontri storici e competizione: servirà un’altra generazione» Lo scontro più duro Alla fine delle audizioni al Senato sulla legge di bilancio, iniziano le turbolenze in vista del passaggio in aula. In realtà non è solo la Cgil a considerarla sbagliata. E neanche solo le opposizioni. Da Pesaro, il presidente di Confindustria Emanuele Orsini spiega che, in una manovra che pesa “solo” 18,7 miliardi di euro, ne mancano all’appello 8 l’anno «per mantenere Industria 4.0 (il piano di sostegno alla transizione tecnologica, ndr)almeno per i tre anni. Perché se si mettono solo i 4 miliardi per il 2026, ne usufruirà solo chi ha già pensato l’investimento». Dal lato opposto, Landini propone un contributo di solidarietà per l’1 per cento degli italiani, le «500mila persone ricche», ovvero «chi ha una ricchezza superiore ai 2 milioni di euro. Basterebbe un loro contributo al fisco di un 1 per cento per avere 26 miliardi da investire nella sanità, per le assunzioni, sulla scuola, per aumentare gli stipendi». Il governo e la maggioranza scelgono di attaccare il sindacato, e di tacere sul capo degli industriali. Le cui critiche, per palazzo Chigi, però sono più difficili da ignorare. Meloni si promuove e attacca i cortei e la Cgil: «Non difende i lavoratori» La beffa di Giuli Nel generale scontento che accerchia la finanziaria e la destra, il ministro della Cultura Alessandro Giuli, fra i più criticati per i tagli, improvvisa di aver trovato i soldi per il fondo per il cinema e l’audiovisivo: 100 milioni di euro, «somme inutilizzate dal 2022». Passano pochi minuti e insorgono Anica, Apa, Cna Cinema e Audiovisivo. Spiegano che quei soldi magicamente comparsi in realtà sono i contributi automatici per lo sviluppo produzione e distribuzione che le imprese hanno già maturato e di cui si aspetta lo sbocco. E avvertono: «La tutela dei diritti acquisiti sui contributi automatici degli anni pregressi è per noi imprescindibile ed una sua eventuale violazione sarebbe molto grave, specialmente dopo il recente lavoro condiviso con il Mic stesso per accelerarne l’erogazione». Una figuraccia per il ministro, insomma. «Sei chiara come un’alba», il ministro Giuli in versione Vasco Rossi, nomina la capitale della cultura 2027 Cgil nemico numero uno Resta Landini il nemico numero uno della propaganda del governo. Viene accusato di «fare politica» per aver convocato i cortei per la Palestina. Viene accusato di aver contestato la manovra prima che il testo fosse noto. E ora di convocare uno sciopero generale per dare una scusa ai lavoratori per fare festa. Non è la prima volta che gli viene scagliato questo argomento. Per prevenirlo, questa volta a Via del Corso avevano anche provato a cambiare giorno. Ma in piene mobilitazioni contro la finanziaria, individuarne un altro prima dell’approvazione, a fine dicembre, era proibitivo: bisogna considerare i periodi di «rarefazione» rispetto agli scioperi precedenti, e le altre convocazioni già lanciate dai sindacati piccoli che tendono a “occupare” le date in anticipo (da qui l’invocazione della Cgil di una legge sulla rappresentanza che “pesi” le organizzazioni): insomma, un vero sudoku. Resta che quella del 12 dicembre sarà una convocazione in solitaria. Come solitarie sono state le scelte di non firmare il contratto della scuola e quello degli enti locali per scarsezza dei fondi destinati agli adeguamenti salariali. Quanto allo sciopero generale, la Cisl si sfila, ma non una novità. Il sindacato guidato da Daniela Fumarola ha il suo predecessore al governo, il sottosegretario Luigi Sbarra. E nel corso delle audizioni, la Cisl ha quasi solo lodato la manovra. La novità piuttosto è la posizione della Uil. Martedì la segreteria deciderà ufficialmente. Ma è già chiaro che stavolta non sarà della partita, altrimenti Landini non avrebbe anticipato l’annuncio. Ed è la prima volta, dopo gli scioperi generali unitari Cgil-Uil del 2021 contro il governo Draghi, e quelli dei tre anni successivi contro il governo Meloni. «L’Italia celebra il cinema ma precarizza e umilia chi lo crea»: gli studenti del Centro sperimentale chiedono un incontro a Giuli