Scontro in Giunta su Almasri. Imperativo: salvare la zarina

Quella di Carlo Nordio, Matteo Piantedosi e Alfredo Mantovano per la liberazione del libico Almasri è stata «una scelta di mero opportunismo politico», che mostra «la debolezza del governo italiano dinanzi a bande armate che operano all’estero e violano i diritti umani». Per questo, secondo il relatore della Giunta per le autorizzazioni della Camera Federico Gianassi (Pd), ai membri del governo non dovrebbe essere concessa l’immunità dal processo penale. Insomma, il rifiuto di adempiere alla richiesta della Corte penale internazionale non si sarebbe fondato su «un interesse costituzionalmente rilevante né un preminente interesse pubblico», come invece è stato dichiarato dai ministri nelle memorie difensive. Le parole del relatore hanno esacerbato ulteriormente lo scontro politico sul caso, con tutti i partiti di maggioranza pronti a votare contro la richiesta di autorizzazione e hanno definito le considerazioni di Gianassi «la conseguenza di pregiudizi sul governo». La Giunta si esprimerà il 30 settembre, poi la valutazione passerà alla Camera per l’esame e il successivo voto sull’autorizzazione a procedere nei confronti dei ministri. La data è già stata fissata per il 9 ottobre in Aula e l’esito è di fatto scontato. Almasri, il governo e quei rimpianti sul segreto di Stato Il pasticcio Bartolozzi Al netto delle schermaglie politiche, la Giunta è tornata anche sulla vicenda che riguarda la capa di gabinetto di Nordio, Giusi Bartolozzi. Nella precedente seduta erano stati formalmente chiesti chiarimenti ai magistrati in merito alla posizione della dirigente del ministero della Giustizia e le risposte sono arrivate. Il tribunale dei ministri ha fatto sapere di ritenersi «incompetente» rispetto alla posizione di Bartolozzi e di aver a suo tempo inviato alla procura di Roma una segnalazione per le presunte false informazioni da lei rese nell’ambito dell’indagine in corso. Inoltre, ha comunicato di non aver ricevuto nulla dalla procura rispetto all’ipotesi di reati ministeriali a carico della capa di gabinetto. Anche la procura di Roma ha inviato una nota, da cui emerge l’esistenza di un decreto stralcio del tribunale dei ministri sulla posizione di Bartolozzi, ovvero un provvedimento che ha disposto la separazione del procedimento dagli altri. Il capogruppo di FdI in Giunta, Dario Iaia, ha quindi chiesto che anche questo atto venga acquisito. In realtà questo elemento poco aggiunge alla questione. Secondo la maggioranza, il ruolo di Bartolozzi è centrale nei reati ipotizzati a carico dei ministri, dunque la sua posizione dovrebbe essere assorbita e attirata sotto l’ombrello della Camera, con estensione anche a lei delle guarentigie previste. Per la procura di Roma, invece, l’ipotesi di reato a carico di Bartolozzi non è connessa in modo diretto a Nordio ma riguarda false dichiarazioni ai pm che la hanno sentita per determinare le responsabilità dei ministri. La questione giuridica è sottile e riguarda il rapporto tra le condotte dei ministri e della capa di gabinetto, ma anche la correttezza o meno dell’ipotesi di reato contestata a quest’ultima dalla procura di Roma. Con tutta probabilità, la strada sarà quella di sollevare conflitto di attribuzione davanti alla Consulta con l’obiettivo di evitare a Bartolozzi un procedimento penale ordinario. Tuttavia, il punto è soprattutto politico: ricostruendo il flusso di dichiarazioni, relazioni d’aula e ricostruzioni emerse dagli atti giudiziari, è emersa la fragilità della difesa del governo. In un primo momento, infatti, Nordio ha sostenuto di non aver dato seguito all’atto della Cpi perché lo considerava nullo. La tesi difensiva portata dall’avvocata del governo, Giulia Bongiorno, è stata invece quella di sostenere che le condotte dei rappresentati del governo fossero determinate dallo «stato di necessità» e dunque di aver agito nell’interesse dello stato quando hanno deciso di mettere su un aereo dei Servizi il seviziatore libico per riportarlo in patria invece che consegnarlo alla Corte penale internazionale. L’interrogativo, allora, torna ad essere quello del primo giorno: perché, se era questione di interesse nazionale, palazzo Chigi non ha posto il segreto di stato? Alla Camera passa la riforma della giustizia all’ombra di Almasri. Nordio vuole lo scudo per Bartolozzi