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Siamo lenti a fare i vaccini: è colpa del federalismo sanitario

A senior hospital official holds a coronavirus vaccination vial before Israeli Prime Minister Benjamin Netanyahu receives the vaccine at Sheba Medical Center in Ramat Gan, Israel on Saturday, Dec. 19, 2020. (Amir Cohen/Pool via AP)
A senior hospital official holds a coronavirus vaccination vial before Israeli Prime Minister Benjamin Netanyahu receives the vaccine at Sheba Medical Center in Ramat Gan, Israel on Saturday, Dec. 19, 2020. (Amir Cohen/Pool via AP)

Le prime dosi iniziano ad arrivare in Italia, ma le vaccinazioni degli operatori sanitari procedono a rilento.Ogni regione ha la sua strategia, ma anche all’estero non tutti sono pronti a ricevere la puntura che potrebbe sconfiggere il virus

 

  • Tra il 30 dicembre e il primo gennaio sono state consegnate 470mila dosi di vaccino, ma nella tabella del ministero della Salute che tiene il conto di tutte le inoculazioni effettuate si legge che alcune regioni hanno utilizzato meno del 2 per cento di quanto consegnato.
  • Come è accaduto già in altre fasi della pandemia, emerge la divergenza di strategie delle regioni, c’è chi aspetta qualche giorno e chi ha già iniziato a portarsi avanti, anche con le residenze per anziani.
  • In Israele le vaccinazioni, che procedono al ritmo di 150mila al giorno, hanno beneficiato da un sistema sanitario già molto digitalizzato e le autorità mirano al raggiungimento dell’immunità di gregge a fine primavera.

Il vaccino Pfizer-BioNtech contro il Covid-19, partito nell’ultima settimana verso numerose destinazioni europee, in Italia viene inoculato più lentamente che in altri paesi. Basta guardare ai numeri: in Germania il 31 dicembre erano già state vaccinate 131.600 persone, mentre in Italia ieri le cifre erano ferme a 32mila persone. In Baviera, 13 milioni di abitanti, il 30 dicembre erano stati vaccinati in 28mila, in Lombardia, dove vivono 10 milioni di persone, appena 2.171. Tutto questo mentre i

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