Le liste elettorali, con l’elenco dei candidati, vanno presentate entro il 22 agosto. Per prendere parte alla competizione elettorale, i partiti devono convalidare il simbolo (che sarà presente sulla scheda elettorale) raccogliendo le firme. Ne servono circa 56mila. Tantissime, soprattutto in questa brevissima campagna elettorale, quando la gente è in vacanza e il tempo è poco. Molto più facile per i partiti che hanno partecipato a un’elezione precedente e hanno il simbolo già convalidato.

Il numero delle firme dipende dal numero di collegi plurinominali disegnati nella legge elettorale, diminuiti con il taglio del numero dei parlamentari. Sono necessarie 1.500 firme per ogni collegio. Ma con le elezioni anticipate rispetto alla normale scadenza della legislatura, la legge prevede che il numero delle firme richieste sia dimezzato: per presentarsi alle prossime elezioni, quindi, ogni partito che non ha un simbolo convalidato deve presentare 36.750 firme per la Camera e 19.500 per il Senato.

La norma

Come emerge da un confronto con gli altri paesi di dimensioni simili all’Italia effettuato da Public Policy, l’ammontare di firme richieste a chi vuole correre alle elezioni italiane è totalmente sproporzionato rispetto a quello necessario in altri paesi di dimensioni simili. In Francia non servono proprio, mentre nel Regno Unito ne bastano appena seimila.

Ma la raccolta firme è un’incombenza gravosa, e già ad aprile 2017, nelle disposizioni transitorie della legge che introduceva il Rosatellum, la legge elettorale attualmente in vigore, è stata prevista una deroga per tutti i partiti costituiti prima del 15 di quel mese e rappresentati in almeno una Camera. Una disposizione che ha messo in salvo tutti i partiti presenti in parlamento nella XVII legislatura: Partito democratico, Movimento 5 stelle, Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia. Le uniche liste in grado di presentarsi alle elezioni del 2018 grazie alle firme raccolte sono state Potere al popolo e CasaPound.

A salvare tanti dei partiti che si sono formati nella XVIII legislatura in vista delle nuove elezioni è stato invece un altro emendamento, firmato da +Europa, al decreto Elezioni approvato lo scorso giugno. Il testo prevede che l’esonero venga esteso anche a chi si è costituito prima del 31 dicembre 2021, a chi abbia presentato candidature alle ultime elezioni in almeno due terzi delle circoscrizioni e abbia ottenuto almeno un seggio al proporzionale e ancora a chi abbia concorso ai voti raccolti alla coalizione di appartenenza con almeno l’un per cento del totale.

Le regole descrivono casi molto specifici ed estendono l’esonero quasi a tutte le forze del parlamento uscente: Leu, Italia viva e Coraggio Italia rientrano nella prima categoria, +Europa-Centro democratico nella seconda e Noi con l’Italia nella terza.

Le eccezioni

Chi non ha avuto modo di rientrare nella deroga dell’esonero per un motivo o per un altro ora è in difficoltà. Il tempo per raccogliere le firme è pochissimo e agosto non è sicuramente il mese più favorevole.

Di qui la richiesta avanzata da una serie di formazioni, guidate da Rifondazione comunista di Maurizio Acerbo e da Marco Cappato dell’associazione Luca Coscioni, che vuole lanciare la sua lista al voto: utilizzare lo Spid, la password unica della pubblica amministrazione, per poter procedere con la raccolta firme digitale. Alla richiesta si sono associate altre formazioni, ma per ora né il governo né la presidenza della Repubblica hanno preso posizione.

Lo scorso autunno, la raccolta firme online aveva permesso ai promotori dei referendum su eutanasia e legalizzazione della cannabis di mettere insieme le firme necessarie alla presentazione dei quesiti. Agli aspiranti candidati rimane un’unica alternativa possibile: allearsi con chi il simbolo già ce l’ha, in modo da aggirare la regola.

Gli esperimenti

È il caso di partiti come Impegno civico del ministro degli Esteri Luigi Di Maio, Italexit di Gianluigi Paragone, Alternativa di Pino Cabras, Unione popolare di Luigi de Magistris e tante altre liste che vorrebbero correre il 25 settembre. Il primo esempio è il neonato partito di Di Maio. Dopo la scissione dal Movimento 5 stelle a fine giugno il ministro degli Esteri ha creato il gruppo parlamentare Insieme per il futuro, che poi è confluito in Impegno civico: nel nuovo partito, rappresentato dal simbolo dell’ape, è presente anche Centro democratico di Bruno Tabacci. Il motivo è proprio quello del simbolo, che Tabacci può garantire.

Lo stesso ex Dc alla convention di lancio ha tirato una frecciata a quello che sarebbe diventato qualche ora dopo suo alleato: Carlo Calenda. Se si può presentare alle elezioni senza raccogliere le firme è «anche merito mio. Il simbolo di +Europa esiste grazie a me. Cinque anni fa non esisteva», ha detto. In effetti, prima dell’accordo con il Pd, Calenda ha federato il suo partito, Azione, con +Europa. Anche in quel caso, l’alleanza aveva un valore di merito, ma portava con sé anche il comodo effetto collaterale di permettere all’ex ministro di evitare la raccolta di firme. Stesso discorso per i sindaci di L’Italia c’è.

La formazione di Piercamillo Falasca e Federico Pizzarotti può appoggiarsi a Italia viva, che ha appositamente cambiato il nome dei suoi gruppi parlamentari. Prima dell’emendamento salvifico di giugno, tra l’altro, Italia viva aveva ottenuto dal senatore Riccardo Nencini il simbolo del Psi, necessario per formare un gruppo al Senato.

Era successo qualcosa di simile per Alternativa, il partito degli ex grillini, la maggior parte espulsi dal Movimento 5 stelle dopo non aver votato la fiducia al governo Draghi a inizio 2021. Al Senato avevano potuto formare una componente del gruppo misto grazie al simbolo della Lista per la Costituzione e il popolo di Antonio Ingroia, in campo nel 2018. Alle prossime elezioni, però, non potranno farne uso e dovranno raccogliere le firme. Mentre il partito di Pino Cabras si è alleato con Italexit di Paragone, infatti, Ingroia si presenta insieme a Emanuele Dessì e la sua neonata Italia sovrana e popolare, portandosi appresso il suo simbolo e lasciando gli ex alleati nel limbo di chi dovrà darsi da fare. E resta così in balia delle firme da raccogliere.

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