Su questo giornale, a partire da un intervento di Piero Ignazi, seguito da quelli di Federico Zuolo, Mattia Ferraresi e Roberta De Monticelli, è in corso una discussione sulle ragioni per cui episodi di corruzione siano più gravi a sinistra che a destra.

L’ipotesi di Zuolo è che la corruzione sia più grave (o sia percepita come tale) a sinistra per la rilevanza dei principi presso quella parte politica, di cui comportamenti disonesti rappresentano una palese violazione (laddove la destra sarebbe più incline alla mera rappresentanza di interessi di parte). Mattia Ferraresi contesta Zuolo sostenendo che non si può stabilire una volta e per tutte quali siano i principi e gli interessi degni di rappresentanza, al di fuori del gioco della discussione democratica, e in questo gioco non possono che entrare anche interessi rappresentati dalla destra. Roberta De Monticelli riprende l’invito di Zuolo a mostrare come la difesa di principi giusti non sia diversa dalla tutela di interessi diffusi e non di parte e la usa per affermare (riprendendo anche un invito di Angelo Panebianco sul Corriere della Sera del 16 dicembre) la necessità di una riforma democratica delle istituzioni europee, che rafforzi il legame fra elettori ed eletti a livello europeo.

In un altro articolo, sempre sulle pagine di Domani, Nadia Urbinati ha ricostruito la funzione delle lobby nella politica europea, ricollegandola al presunto deficit democratico delle istituzioni dell’Unione e alla debolezza dei partiti nazionali, e invocando maggiore democrazia – cioè maggiore controllo da parte dell’opinione pubblica e maggior presenza politica degli elettori.

I politici democratici

C’è un’altra relazione fra democrazia e corruzione, che spiega meglio la gravità della corruzione a sinistra. La democrazia non è solo meccanismo di controllo del comportamento degli eletti. È anche un meccanismo di delega e rappresentanza.

Al netto di varie imperfezioni delle leggi elettorali, che rendono impossibile rappresentare ogni opinione ed interesse, in democrazia gli eletti agiscono per nostro conto e in nostro nome. Lo fanno anche quando, come in Italia, non ci sono vincoli di mandato. Gli elettori sono responsabili dell’azione dei governi democratici, perché hanno partecipato a elezioni in cui il loro voto potrebbe essere stato decisivo per portare certi partiti al potere.

È per questo che in certi casi ci sentiamo responsabili di azioni che sono state compiute da governi che non abbiamo contribuito ad eleggere. È per questo che le nazioni hanno responsabilità storiche per azioni criminose svolte nel passato e le generazioni successive risarciscono le vittime di ingiustizie politiche commesse dai loro avi.

La corruzione come tradimento

Questo meccanismo di responsabilità democratica spiega anche la gravità della corruzione. Se un politico che ho contribuito a eleggere è corrotto, io ne sono responsabile. Il politico corrotto impone ai suoi elettori ignari il misfatto che compie – il sotterfugio, il tradimento delle aspettative, la distrazione dei fondi pubblici, il pervertimento del gioco democratico (parlo a favore del Qatar non perché convinto, ma perché pagato, e non dico di essere pagato).

Questo spiega la gravità della corruzione come tradimento del rapporto democratico fra eletti ed elettori, ma spiega anche la rilevanza della corruzione a sinistra. I partiti di sinistra sono, storicamente e per lo più, partiti democratici, molto più dei partiti di destra. Con alcune eccezioni, i leader della sinistra si appellano al loro popolo, e spesso arrivano ai loro ruoli dopo consultazioni interne. E questo vale anche, in maniera mediata, per gli eletti, per chi sta nelle liste – e quando questo non accade ciò crea molti malcontenti fra gli iscritti e i simpatizzanti. Quindi, se è corrotto un politico di sinistra c’è un doppio tradimento: un tradimento dei cittadini e un tradimento dei militanti.

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