Le improvvise dimissioni del segretario del Pd Nicola Zingaretti hanno riportato al centro dell’attenzione le famigerate correnti, esecrate da tutti i segretari ma indispensabili per chi vuole mantenere il controllo del partito.

Le correnti sono un fenomeno naturale nei partiti, ma il Pd è uno degli ultimi a strutturarle come si faceva nella prima Repubblica: tramite organizzazioni formali, quasi dei partiti dentro al partito, con finanziamenti propri, organi di informazione, elenchi di associati e sostenitori.

Ufficialmente nel Pd ci sono sette correnti, ma sono tre o quattro quelle che dettano davvero l’agenda. Sono divise da visioni politiche differenti, ci sono correnti di destra, centro e sinistra; ma anche da inimicizie personali, rivalità storiche e questione spicciole di potere. La loro forza dipende dal numero e dalla qualità dei loro aderenti, dai semplici iscritti, fino ai parlamentari o ministri. E vista l’attuale situazione economica del partito, contano molto anche i finanziatori di cui dispongono.

Nell’Assemblea nazionale, una sorta di parlamento del Pd che si riunirà il prossimo 13 e 14 marzo per scegliere il prossimo segretario, il vincitore del precedente congresso, Nicola Zingaretti e i suoi alleati hanno eletto quindi due terzi dei delegati. Mentre, dopo la scissione di Italia viva e i rimescolamenti di questi mesi, il suo sostegno tra gli iscritti sarebbe salito, secondo molti, al 70 per cento.

Base riformista

Leader: Lorenzo Guerini.

Temi: scetticismo rispetto all’alleanza col M5s, sistema elettorale maggioritario, garantismo.

È la corrente cosiddetta “ex renziana” che non ha seguito Matteo Renzi in Italia viva e fa capo al ministro della Difesa Lorenzo Guerini e al deputato Luca Lotti. Attualmente è quella che può contare nel maggior numero di parlamentari e che dunque controlla i gruppi di Camera e Senato con 32 deputati e 19 senatori (tra cui il capogruppo Andrea Marcucci). È una corrente molto strutturata, con portavoce sui territori e i suoi esponenti sono stati quelli che più hanno premuto per ottenere il congresso, chiedendo all’ormai ex segretario Zingaretti di ridiscutere la linea politica del partito e minacciando di uscire dalla segreteria e dalla gestione collegiale del Nazareno. Scettici in particolare sull’alleanza strutturale con il Movimento 5 stelle, contestano una linea di eccessiva subalternità. Dopo un incontro con Franceschini, Guerini ha accordato una tregua in vista dell’assemblea del 13 marzo.

Oppositori interni.

AreaDem

Leader: Dario Franceschini.

Temi: alleanza col M5s, legge elettorale proporzionale.

È la corrente dei cristiano-democratici, buona parte dei suoi componenti – compreso il leader ed ex segretario del Pd, Dario Franceschini – si è formata all’ombra dell’ex Democrazia cristiana. Insieme a Base riformista è considerata la corrente più moderata. Ha il suo ritrovo storico a Cortona, dove ogni anno organizza un incontro di dibattito politico interno. Nella passata segreteria ha sostenuto la linea di Zingaretti, con cui Franceschini ha lavorato in stretto coordinamento. Il ministro della Cultura, infatti, è considerato il garante della stabilità e della continuità tra i governi, nonché l’interlocutore privilegiato con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Della corrente fanno parte anche Marina Sereni, e i presidenti di commissione Piero Fassino, Fabio Melilli. Chiara Braga, Roberta Pinotti ed Emanuele Fiano. La corrente ha lavorato attivamente per costruire un’alleanza strutturale con il Movimento 5 stelle. In materia elettorale, AreaDem sostiene il sistema proporzionale. In questi mesi ha sempre cercato di sedare le dispute interne al partito e ha sostenuto il segretario.

L’ago della bilancia.

Dems

Leader: Andrea Orlando.

Temi: alleanza con il M5s, mezzogiorno, legge elettorale proporzionale.

È la principale corrente di sinistra del partito e, insieme ad AreaDem, il principale sponsor di Zingaretti all’ultimo congresso. È guidata dal ministro del Lavoro e vice segretario del partito Andrea Orlando, che nel 2017 si era candidato a segretario contro Matteo Renzi, ottenendo circa un quarto dei voti tra gli iscritti. Tra gli esponenti, anche gli ex ministri Peppe Provenzano ed Enzo Amendola. Orlando e la sua corrente sono considerati tra i principali alleati di Zingaretti. La corrente sostiene l’alleanza strutturale con il Movimento 5 stelle e Orlando è stato molto attivo nelle trattative per la formazione del secondo governo Conte. La corrente è a favore di una legge elettorale proporzionale.

Gli eredi della ditta.

Giovani Turchi

Leader: Matteo Orfini.

Temi: immigrazione, patrimoniale, no al Movimento 5 stelle.

Corrente di sinistra di cui fanno parte parlamentari come Fausto Raciti, Giuditta Pini e Chiara Gribaudo. Il suo leader, Matteo Orfini, è stato presidente del partito e uno dei principali alleati di Matteo Renzi. Zingaretti e Orfini sono divisi da una storica rivalità. Oggi i Giovani Turchi sono una delle pochissime correnti non coinvolte nella segreteria e quindi l’unica “minoranza” del partito e, dopo le dimissioni del segretario, sono tra i pochi che continuano a chiedere un congresso. Orfini e la sua corrente hanno spesso incalzato il Pd da sinistra su temi come l’immigrazione, la tassazione patrimoniale e le questioni di genere.

Gli storici rivali.

Le donne

Leader: Roberta Pinotti.

Temi: rappresentanza di genere.

Quella delle donne non è tecnicamente una corrente, ma più una dinamica interna al partito che tocca le esponenti di tutte le correnti. Le donne dirigenti, infatti, sono intervenute in modo corale dopo che il Partito democratico ha espresso solo ministri uomini (e tutti capicorrente) per i tre ministeri destinati ai dem. A farsi avanti sono state soprattutto Roberta Pinotti di AreaDem, che si è detta disponibile a mettersi in gioco in prima persona e che ora potrebbe trovare spazio come reggente del partito in attesa del congresso; Debora Serracchiani (vicina a Graziano Delrio) ha parlato di donne sacrificate sull’altare delle correnti; Giuditta Pini e Chiara Gribaudo hanno sostenuto la linea di non accettare incarichi prima di un chiarimento interno. Ora che le dimissioni di Zingaretti hanno aperto uno spazio politico, proprio le donne potrebbero prendere in mano il Pd almeno in attesa del congresso.

La novità.

Gli amministratori

Leader: Stefano Bonaccini.

Temi: autonomia, aperture, no al M5s.

Non è una vera e propria corrente, ma di certo c’è più di qualche simpatia personale tra il presidente della regione Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini, e i sindaci di Bergamo e Firenze, Giorgio Gori e Dario Nardella. Bonaccini, cresciuto nella sinistra nel partito, è entrato diverse volte in contrasto con il suo ex alleato Zingaretti, opponendosi in particolare alla creazione di un’alleanza strutturale con il Movimento 5 stelle. A partire dalla sua vittoria alle regionali del gennaio 2020, è diventato un punto di riferimento delle correnti di centro e di destra e in questi giorni è uno dei nomi che circolano di più come possibile successore, o avversario, di Zingaretti. Nardella è un ex alleato di Matteo Renzi che è rimasto nel partito e ha mostrato una certa capacità di muoversi in maniera indipendente dalla sua corrente di riferimento, Base Riformista. Gori è un sindaco molto popolare nella sua città, ma che ha sempre avuto un rapporto difficile con il partito locale e quello lombardo. Centrista e cristiano sociale, è stato per breve tempo alleato di Renzi, ma non si è mai affiliato a nessuna corrente.

I nuovi sfidanti.

 

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