Da sempre i mezzi pubblici, soprattutto negli orari di punta e nelle grandi città, sono estremamente affollati. Ora, però, al disagio si aggiunge un rischio sanitario: non mantenere la distanza sanitaria di sicurezza rischia di peggiorare ulteriormente la situazione, già delicata, della seconda ondata. Com’è la situazione nella vostra città? Sono stati presi provvedimenti? Mandateci le vostre testimonianze a lettori@editorialedomani.it


«Come la crisi del Covid-19 ci ha fatto scoprire che il nostro sistema sanitario non era sufficiente, così abbiamo scoperto che dopo anni di tagli il nostro sistema di trasporto pubblico locale partiva già sotto stress», dice Ennio Cascetta, professore di Pianificazione dei sistemi di trasporto all’Università Federico II di Napoli e docente presso il Massachusetts Institute of Technology. Si tratta di uno stress divenuto particolarmente evidente in questi giorni.

Una situazione critica

Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha definito «critica» la situazione del trasporto pubblico locale, mentre l’aumento dei contagi sta spingendo il governo a considerare nuovamente limiti alla capienza dei mezzi di trasporto pubblici per limitare i rischi. Ma se nei prossimi giorni sarà davvero adottata questa soluzione, i tagli degli anni passati e la mancanza di previdenza di governo ed enti locali negli ultimi mesi rischiano di diventare un problema per centinaia di migliaia di pendolari.

Secondo Asstra, l’associazione delle imprese di trasporto pubblico locale, fino a 275mila persone al giorno potrebbero rimanere a piedi in caso di riduzione della capienza dei mezzi dall’attuale 80 al 50 per cento.

La situazione è così problematica che lunedì, durante l’incontro con il governo, i presidenti di regione hanno proposto di introdurre la didattica a distanza in alcune classi delle superiori per ridurre il carico di autobus e treni locali nelle ore di punta.

Non è un problema nuovo. Sono almeno sei mesi, dal dpcm del 26 aprile, che il governo chiede di aumentare la frequenza delle corse dei mezzi di trasporto nelle ore di punta per facilitare il distanziamento sociale, mentre lo storico deficit di investimenti e le limitazioni del trasporto pubblico locale sono note da decenni.

Un problema storico

«Un dato su tutti, Madrid da sola ha più chilometri di metropolitana di tutta l’Italia», dice il professor Cascetta e ricorda che negli ultimi dieci anni i trasferimenti dello stato per il trasporto pubblico locale sono stati tagliati di circa 10 miliardi di euro. In alcuni casi regioni e comuni sono intervenuti a riparare i vuoti di bilancio, ma in molti altri il servizio è stato semplicemente ridotto. «Si tratta sicuramente di un settore che riceve meno risorse di quelle di cui ha bisogno», dice Cascetta.

Il risultato è che oggi in Italia vengono considerate normali situazioni di affollamento sui mezzi pubblici impensabili in altri paesi. Da sei a otto persone per metro quadro è la normale capienza dei mezzi pubblici italiani, quando in paesi come Svizzera e Germania i numeri si avvicinano alla metà, una capienza simile a quella applicata nel nostro paese durante il lockdown.

Le misure restrittive di marzo hanno in parte nascosto il problema, riducendo in maniera massiccia l’afflusso di persone sui mezzi e rendendo possibile la riduzione della capienza massima al 60 per cento. Ma la tregua durante il periodo di quarantena e nell’estate successiva non è stata abbastanza lunga da permettere di risolvere il problema alla radice.

Le gare per l’acquisto di nuovi mezzi possono durare anche più di un anno e l’epidemia ha avuto l’ulteriore effetto di ritardare la consegna di quelli che erano stati acquistati grazie agli investimenti del 2016, il primo anno in cui c’è stata un’inversione di tendenza nell’attenzione al trasporto pubblico locale (la città di Roma attende entro fine anno i circa 300 mezzi che sarebbero dovuti arrivare nel corso dell’estate).

Il caos della riapertura

Una misura di emergenza proposta per affrontare il problema in attesa di risolverlo definitivamente nel corso dei prossimi anni, è utilizzare nel trasporto pubblico locale le decine di migliaia di mezzi che appartengono alle società turistiche e agli Ncc, al momento fermi a causa dell’epidemia. Per farlo sono necessarie gare per l’affidamento dei servizi in subappalto, più semplici e rapide delle gare per gli acquisti.

Il governo ha destinato 900 milioni di euro al settore per rimborsare i mancati introiti causati dalla pandemia. Circa un terzo di questa cifra doveva essere destinato proprio al noleggio di nuovi mezzi. Ma quando il problema del sovraffollamento si è ripresentato con la riapertura delle scuole a settembre, regioni e associazioni di imprese del trasporto locale hanno ottenuto che venisse adottata un’altra soluzione ancora più semplice: l’innalzamento della capienza dei mezzi fino all’80 per cento. Ora Asstra chiede altri 500 milioni di euro per noleggiare in subappalto i nuovi mezzi e procedure ulteriormente semplificate per farlo rapidamente.

Il nodo rimane irrisolto: in più, per ora, secondo Fulvio Bonavitacola, vicepresidente della regione Campania e coordinatore della commissione Trasporti della Conferenza delle regioni «le risorse alle regioni non sono ancora concretamente disponibili», il che ritarda tutto il procedimento. Intanto, la ministra delle Infrastrutture Paola De Micheli ha convocato per oggi una riunione con le associazioni rappresentative delle aziende del trasporto pubblico locale, i rappresentanti della Conferenza delle regioni, dei comuni e delle province.

L’arrivo del Recovery Fund europeo può rappresentare un’occasione per risolvere il problema alla radice. Secondo Cascetta, oltre a nuovi investimenti in mezzi e infrastrutture, la soluzione dovrebbe includere anche l’uso delle risorse per realizzare riforme strutturali come «attuare finalmente le norme che da 23 anni impongono di mettere a gara i servizi di trasporto pubblico e che fino a ora sono rimaste inattuate».

Migliorare il trasporto pubblico locale è complicato. Il settore è una competenza divisa tra governo ed enti locali e frammentato in centinaia di società diverse. Soltanto nei prossimi mesi sapremo se questi attori avranno la capacità di sfruttare l’opportunità della ricostruzione post Covid-19 per riformare complessivamente un settore in crisi da anni. O se affronteranno questa svolta con la stessa approssimazione con cui l’hanno gestita negli ultimi mesi.

 

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