«Un primo passo potrebbe essere quello di vietare per legge i tirocini extracurricolari non retribuiti», ha scritto su queste pagine Silvia Sciorrilli Borrelli, corrispondente da Milano del Financial Times, in riferimento alle mosse su come sostenere i giovani in un mondo del lavoro che li penalizza sempre più. 

In realtà non è trascorso tanto tempo dalla proposta in sede europea – bocciata  – di vietare gli stage gratuiti. «Rafforzare il ruolo dei giovani europei: occupazione e ripresa sociale dopo la pandemia» è la risoluzione presentata al parlamento europeo a febbraio di quest’anno che, tenendo conto degli ultimi due anni di pandemia e di un’economia sempre più a sfavore dei giovani, illustrava le mancanze dei paesi dell’unione e suggeriva la soluzione drastica sui tirocini.

Emendamenti bocciati

In un panorama in cui un contratto di stage su due in Europa è gratuito e non prevede neppure rimborso spese (in Italia invece è prassi, anche in apprendistato), il testo suggeriva che i tirocini rientrassero nel salario minimo e fossero considerati esperienze lavorative con tutti i benefici sociali. 

La plenaria ha votato il 17 febbraio approvando il testo (580 voti favorevoli, 57 contrari e 55 astensioni) e stabilendo che gli stage sono «una forma di sfruttamento dei giovani lavoratori e una violazione dei loro diritti», ma lasciando i singoli stati membri liberi di normare o meno la retribuzione.

Sono stati bocciati i due emendamenti, presentati dal gruppo socialista e dai Verdi, che prevedevano la messa al bando degli stage non pagati (293 voti favorevoli, 377 contrari e 26 astensioni).

Tra i promotori degli emendamenti c’era anche il 36enne Brando Benifei del Partito Democratico, che già nel 2020, con il benestare di David Sassoli, era riuscito a portare a casa la cancellazione dei tirocini gratuiti al parlamento europeo e una risoluzione simile sugli stage.

Gli emendamenti sono stati affossati da liberali, conservatori, sovranisti e dai popolari del Ppe: tra i contrari si sono schierati Forza Italia, Lega, Italia Viva e Carlo Calenda, mentre Fratelli d’Italia si è astenuta. Dall’altra parte Partito democratico e Movimento cinque stelle, a ricalcare l’alleanza nazionale di governo. 

Le proteste

Tutto questo è avvenuto proprio nel febbraio caldo che ha coinvolto gli studenti di tutta Italia in una serie di manifestazioni e occupazioni che hanno interessato centinaia di istituti; e che hanno visto anche dure repressioni da parte della polizia come a Milano, Roma e in particolare a Torino, dove alcuni studenti sono di recente finiti in carcere proprio nell’ambito delle proteste.

Uno sgarbo, quello in sede europea, che non ha tenuto conto delle richieste delle migliaia di giovani scesi in piazza e che in quelle settimane hanno puntato il dito proprio contro gli stage, sotto forma di alternanza scuola-lavoro, e in ricordo di Lorenzo Parelli, il 18enne morto a Udine schiacciato da una putrella durante il suo ultimo giorno di tirocinio.

Secondo gli studenti si tratta lavoro gratuito a tutti gli effetti, che non fa che facilitare lo sfruttamento da parte dei datori di lavoro, i quali sostituiscono lavoratori pagati con studenti senza formazione.  

«I tirocini, gli apprendistati e gli stage. E così ci regoliamo in Azione. E così mi sono regolato tutta la vita. E per questo ho votato al Pe», ha twittato il 21 febbraio Carlo Calenda, dimenticando di specificare però di aver bocciato la parte in cui questi sarebbero stati per forza retribuiti.

In effetti il leader di Azione si è spesso vantato di avere avuto come primo impiego proprio uno stage non pagato in Ferrari e solo dopo un anno di essere stato assunto come impiegato.

La Lega in quell’occasione, come spesso accade, ha usato la retorica della sovranità nazionale, visto che il parlamento europeo non ha potere legislativo.

Intanto in Italia il tasso di disoccupazione giovanile è al 25 per cento (media europea 15 per cento) e i fondi di Garanzia giovani, il poderoso progetto europeo per l’inserimento nel mondo del lavoro, sono finiti per metà proprio in stage (contro una media europea del 13 per cento). E pensare che il 2022 è stato definito dalla presidente Ursula von der Leyen l’anno europeo dei giovani. 

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