Il nome del “colpevole”, che per tutto il giorno è girato al Senato, è stato quello di Matteo Renzi, il leader di Italia viva. «Gallina che canta ha fatto l’uovo», ha detto il senatore M5s, Ettore Licheri, accusando l’ex premier, neppure troppo sotto banco, di aver contribuito a eleggere Ignazio La Russa come presidente del Senato.

La seconda carica dello stato non è stato eletta con i voti di tutta la coalizione di centrodestra come ci si sarebbe aspettati. Fino all’ultimo Forza Italia non ha confermato il suo appoggio, e alla fine hanno votato per La Russa solo Silvio Berlusconi e Elisabetta Casellati, la presidente uscente.

La Russa ha avuto un’ampia maggioranza, grazie anche al voto dei cosiddetti franchi tiratori, ovvero parlamentari che nel segreto dell’urna non votano secondo le indicazioni di partito. «Non siamo stati noi, lo avrei rivendicato», ha detto Matteo Renzi all’uscita dall’aula.

I conti non tornano

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La “discolpa” di Renzi però lascia molti dubbi: «Sarà stato un regolamento di conti interno al centrodestra», ha aggiunto il leader di Italia viva. «E prima ancora dalla folle strategia delle alleanze del Pd e di Enrico Letta».

Ma la tesi di Renzi non sta in piedi, perché i voti che hanno permesso l’elezione di La Russa vengono da fuori il centrodestra e non da dentro. Nessuno degli azzurri ha potuto “tradire” la linea della coalizione delle le destre, perché nessuno, eccetto due, ha partecipato al voto.

Per Giuseppe Conte, si tratta di un accordo contro il Movimento: «Non mi sorprenderebbe se fosse una spinta a coalizzarsi contro di noi, ma noi non ci spaventiamo e andremo avanti con la nostra azione politica».

Il dubbio in realtà è che, visto il numero finale, alla fine ci sia di mezzo anche qualche senatore del Pd e del Movimento 5 stelle. La quota del centrodestra votante è stata 97, a cui si aggiunge un voto del Maie. E siamo a quota 98. Ci sono da considerare i due voti di Berlusconi e Casellati. Dal computo totale, cento voti, vanno però tolti i due andati a favore di Roberto Calderoli, che quasi sicuramente provengono dalle file del centrodestra. Si arriva così a 98 voti sicuri per La Russa.

Ma essendo stato eletto con 116, mancano all’appello 18 voti. Parte di questi potrebbero essere arrivati da Italia viva e Azione (che in totale hanno nove senatori), Pd, M5s, e dalle Autonomie, che tradizionalmente votano con la maggioranza.

La vicepresidenza

Insieme all’operazione La Russa, si palesa l’intenzione di trovare uno spazio per le prossime cariche del parlamento. Mercoledì 19 il Senato è stato riconvocato per l’elezione dei vicepresidenti e dei segretari.

Renzi ci pensa già da mercoledì, quando ha accusato M5s e Pd di voler spartirsi le cariche che tradizionalmente vanno all’opposizione. Mentre passa dalla buvette all’aula salutando con calore il leghista Stefano Candiani, si ferma a parlare spesso e volentieri con i giornalisti. Se da una parte nega, dall’altra presenta il conto: «Posso prendere la vicepresidenza? Solo se c’è un accordo con le opposizioni, la vicepresidenza la possono dare solo Franceschini e Patuanelli», rispettivamente del Pd e del Movimento: «Ci sono sei posizioni, non potete non darmi nulla. Alla fine sono due bravi ragazzi. Non possono fare altrimenti».

Dal regolamento di conti, se arriverà la vicepresidenza al Senato a un membro di Italia viva-Azione la probabile eletta «sarà la Maria Stella», Gelmini, l’ex ministra per gli Affari Regionali che ha lasciato Forza Italia con l’augurio di “riposare in pace” di Silvio Berlusconi. D’altronde, dopo il voto, il commento di Gelmini è che «Ignazio La Russa è perfettamente in grado di svolgere il ruolo per cui è stato nominato».

Il deputato Giuseppe Castiglione, ex alfaniano, prima del voto alla Camera conferma che il terzo polo vuole arrivare fino in fondo a questa partita: «C’è una sinistra Pd e Cinque stelle che si salda sempre di più, c’è un centro che va rappresentato». Per questo chiedono non solo la vicepresidenza ma anche una rappresentanza nei senatori questori. Per Renzi un posto per cui «abbiamo Ettore Rosato», coordinatore di Iv.

Ufficialmente il M5s in questo scontro cerca di non tirare in mezzo il Pd: «Per capire cosa faremo col Pd vogliamo vedere cosa faranno da grandi», ripete Riccardo Tucci, deputato pentastellato. Lo stesso concetto elaborato da Conte nei giorni scorsi. Enrico Letta nel pomeriggio twitta che c’è una parte dell’opposizione pronta a entrare in maggioranza.

Carlo Calenda, il leader del terzo polo, fino al mattino non escludeva il dialogo con il Pd, nel pomeriggio controaccusa: «Si Enrico. La tua». Ai giornalisti non risparmia nessuno: «O è stato il Movimento 5 stelle o il Partito democratico». Al mattino, il Pd parlava di interesse generale e dialogo istituzionale. Nel pomeriggio Letta registra «l’autogol incredibile».

Francesco Verducci, rieletto, rileva «l’evidente falsa partenza. Pensavamo che fosse spaccata la maggioranza… e invece». Agli atti resta il ringraziamento di La Russa nel suo primo discorso, rivolto anche a quelli che lo hanno votato «pur non facendo parte del centrodestra».

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