Quello dei ministri è stato solo il primo round, dentro l’alleanza di centrodestra. Ora la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, deve risolvere la questione degli incarichi collaterali: sottosegretari e viceministri, 40 poltrone in tutto, da chiudere entro i primi giorni della prossima settimana. Meloni è orientata a fissare il Consiglio dei ministri lunedì e a programmare il giuramento per il 4 novembre. Poi toccherà alle presidenze delle 24 commissioni – 10 al Senato e 14 alla Camera – da decidere per l’elezione nella seduta del 7 novembre.

Vista la partita complicatissima, l’elemento chiave è il tempo: va chiuso tutto al più presto, perché più si aspetta e più le richieste aumentano. La divisione è complessa.

Il 50 per cento dei posti spetta a FdI e il restante deve essere spartito tra Lega e Forza Italia, ma quest’ultima si sente in credito avendo ricevuto “troppo poco” dal governo. Per questo, reclama almeno 8 sottosegretari, mentre Meloni è intenzionata a non concedergliene più di 7.

La compensazione dovrebbe arrivare con i viceministri, che in tutto dovrebbero essere 5: due a Fratelli d’Italia e Forza Italia, uno alla Lega. In realtà la trattativa sui viceministri è ancora in corso. La legge stabilisce che possono diventarlo fino a un massimo di 10 sottosegretari, nel caso in cui ottengano dal ministro una delega relativa a un dipartimento. Tuttavia, l’intenzione della premier sarebbe quella di agire con parsimonia, ben conscia che concedere qualcosa in più a qualcuno significa poi sentirselo rinfacciare da altri.

I viceministri

In questo momento ci sono poche certezze. Per le deleghe della presidenza del Consiglio, Meloni ha scelto Alessio Butti (FdI) per l’Innovazione tecnologica e transizione digitale, che nel governo Draghi era un ministero a sé con a capo Vittorio Colao. Per la delega ai Servizi c’è invece Alfredo Mantovano (FdI), mentre il fido Giovanbattista Fazzolari andrà all’Attuazione del programma. L’Editoria sembra ormai concessa a Forza Italia, con Alberto Barachini, nella speranza di placare Silvio Berlusconi.

Per i viceministri la partita è ancora aperta, ma sembrano certi Maurizio Leo (FdI) a presidiare il ministero dell’Economia guidato dal leghista Giancarlo Giorgetti ed Edmondo Cirielli (FdI) a quello degli Esteri ad affiancare Antonio Tajani. Per i due in quota Forza Italia non ci dovrebbero essere problemi per Francesco Paolo Sisto a coadiuvare il Guardasigilli, Carlo Nordio. Qualche dubbio in più, invece, rimane sul nome dell’ex capogruppo Paolo Barelli come vice al ministero dell’Interno, soprattutto perché significherebbe premiare un nome dell’area di Tajani e quindi ravvivare lo scontro interno al partito di Berlusconi.

Una questione, infine, si apre per la Lega, che vede in prima fila Edoardo Rixi, già sottosegretario alle Infrastrutture, che Matteo Salvini – neoministro alle Infrastrutture – vorrebbe confermare ed elevare a viceministro con un tandem leghista che non convince Meloni.

I sottosegretari

Anche con i sottosegretari si pone lo stesso problema. Logica vorrebbe che i sottosegretariati andassero a partiti diversi rispetto a quello di provenienza del ministro, tuttavia le liti sotterranee dentro Lega e Forza Italia non favoriscono questo meccasimo. Per questa ragione Berlusconi voleva Valentino Valentini come sottosegretario agli Esteri, per controllare l’operato di Tajani, ma Meloni ha accettato al massimo di dirottarlo al ministero dello Sviluppo economico, da Adolfo Urso (FdI).

Lo stesso vale per il leghista Nicola Molteni, che Salvini vorrebbe sottosegretario all’Interno per vigilare sull’ex prefetto di area Lega, Matteo Piantedosi, perché non si allontani dalla linea dura sui migranti che il leader leghista considera ancora la sua battaglia primaria.

Il problema di una sovrapposizione ministro-sottosegretario dello stesso partito diventa inevitabile nei dicasteri che possono contare su più sottosegretari, ma quelli in cui il numero si ferma a due rischia di essere problematico. Per ora, gli unici pacchetti che sembrano confermati sono quelli sull’Economia, con Giorgetti affiancato da Maurizio Carasco (FI), Federico Freni (Lega) e un esponente di Noi moderati, probabilmente Alessandro Colucci.

Per la Giustizia, invece, c’è competizione forte in casa Lega, con addirittura tre nomi: l’ex presidente della commissione al Senato, Andrea Ostellari, il laico uscente del Csm, Stefano Cavanna o l’ex sottosegretario Jacopo Morrone.

Se Sisto venisse confermato viceministro, un altro posto potrebbe scattare per Andrea Delmastro (FdI). Altri nomi forti sono quelli di Claudio Durigon (Lega) per il Lavoro, Vannia Gava per l’Ambiente e Lucia Borgonzoni per la Cultura. Infine, per la Difesa, Forza Italia vuole spendere quello del non rieletto Matteo Perego. I nomi che si rincorrono sono molti e la lista da sfrondare è ancora lunga.

  

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