Spauracchio Vannacci a destra. Salvini nervoso (e accerchiato)

Soldi e promesse di un governo amico della regione. La carta della propaganda meloniana, giocata in Toscana dal centrodestra per le regionali di domani e lunedì, è quella già utilizzata sul tavolo per le altre elezioni, in Abruzzo, nelle Marche, in Calabria. Il vicepremier Matteo Salvini ha parlato dei miliardi di euro di investimento, da Massa a Grosseto, da Firenze a Livorno, in infrastrutture. È stato leitmotiv della chiusura della campagna elettorale, a sostegno del candidato della coalizione, Alessandro Tomasi, insieme al solito copione di propaganda. «Il solo collante della sinistra è l’odio verso di noi», ha ripetuto la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, durante il comizio a Firenze, cercando di sfruttare poi l’onda delle vittorie nelle Marche e in Calabria. «Gli italiani capiscono quando qualcuno li umilia», ha detto. Quindi si è concentrata sull’accordo tra Israele e Hamas: «La sinistra non ha votato la mozione sul piano Trump, accettato da Hamas. La sinistra italiana è più fondamentalista di Hamas. Non sono riusciti a gioire» per la pace. C’è stata poi la rievocazione della lotta ai «comunisti» di Antonio Tajani che, da segretario di Forza Italia, ha dissotterrato uno degli slogan preferiti del fondatore del suo partito, Silvio Berlusconi. Calabria, Occhiuto vince e porta la destra sul 2-0. Ma in Campania è scontro Ma Salvini è stato il più frizzante: ha presidiato la Toscana come fosse una sfida aperta, da giocare voto a voto. Ha attaccato i suoi bersagli preferiti: il segretario della Cgil, Maurizio Landini, che «blocca le stazioni», Greta Thunberg, Roberto Saviano, Ilaria Salis, con la new entry, Francesca Albanese («spero che l’Onu la licenzi», l’auspicio del vicepremier). L’intervento al comizio fiorentino è stato condito da qualche «non rompete le palle e non rompete i coglioni», rivolto agli avversari. E da un accenno polemico all’informazione Mediaset («poi ne parliamo»). Salvini accerchiato Il motivo della propaganda, nella versione più dura e pura, è presto detto: da Nord a Sud, Salvini è alle prese con una serie di problemi interni al partito e nel perimetro della coalizione. La conquista della candidatura in Veneto, con il deputato Alberto Stefani, è stata una vittoria di Pirro. Perché ha aperto il fronte della Lombardia con quasi tre anni di anticipo. Il capogruppo al Senato e segretario lombardo, Massimiliano Romeo, non vuole sentir ragione: i leghisti non possono ammainare la bandiera su uno dei territori simbolo. Lo ha detto e ripetuto in ogni modo. Sarebbe un cedimento strutturale. Il leader leghista deve così arrampicarsi sugli specchi e giocare con il fattore-tempo. Per ora è stato ottenuto il candidato per il dopo-Zaia, poi si vedrà. I grattacapi non riguardano tuttavia solo il futuro in Lombardia, ma appunto il presente in Toscana. Alle regionali, comunque vada, rischia di essere un problema per il vicepremier. Uno schema lose-lose. Un buon risultato darebbe ancora più lustro a Roberto Vannacci, che nella sua regione natia si gioca una partita importante, schierando i suoi fedelissimi. Dopo aver fatto il mattatore a Pontida, il generale-eurodeputato vuole dimostrare di non saper arringare solo le folle leghiste, ma drenare pure i voti. E preparare l’opa sulla leadership. Un fattore che ha fatto drizzare le antenne anche ai vertici di Fratelli d’Italia. Una percentuale di consenso negativa per la Lega in Toscana sarebbe una doppia debacle per Salvini, perché – come sono pronti a evidenziare i colonnelli – nemmeno la scialuppa Vannacci avrebbe assolto alla propria funzione. Per forza di cose, dunque, il leader leghista ha cercato lo sprint nelle ultime ore di campagna elettorale con la passerella al Parco delle Cascine a Firenze, sollevando le ironie della sindaca della città, la dem Sara Funaro: «Non abbiamo mai avuto il piacere qui in città di confrontarci con Salvini su quelli che sono i temi di sua competenza». La necessità è quella di fare il massimo, pazienza se poi Vannacci vuole intestarsi il risultato. Anche perché la competizione toscana può segnare il definitivo sorpasso di Forza Italia che nelle ultime tornate regionali ha sempre messo alle spalle la Lega, relegando i salviniani a terza forza della coalizione. Pasticcio a destra: dubbi su Occhiuto, paura in Campania Scialuppa Trump Un peso che inizia a riverberarsi sui provvedimenti. Nella prossima manovra trova spazio prioritario il taglio del secondo scaglione Irpef a favore del ceto medio, bandiera da oltre un anno dei forzisti. A Salvini restano le briciole. Un mini-intervento sull’età pensionabile, una rottamazione light delle cartelle e poco più. Insomma, archiviata la Lega nordista della prima ora, e naufragato il progetto di un partito nazionale, a Salvini non resta che abbracciare la bandiera a stelle e strisce. Prima con la crociata a favore di Charlie Kirk, l’attivista di estrema destra ucciso in un attentato, ricordato ieri durante il comizio a un mese dalla morte, e poi sposando la causa del premio Nobel al presidente degli Stati Uniti, Donald Trump. Mancato il riconoscimento nel 2025, il leader leghista punta al prossimo anno. E così alla Camera e Senato la Lega ha depositato una mozione, a prima firma dei capigruppo, Riccardo Molinari e Massimiliano Romeo, per sostenere la candidatura di Trump per il 2026. Ogni partito, insomma, ha le proprie priorità. Vendette e segreti, il mistero dei legami cinesi del meloniano Cocci