Ogni giornata ha la sua pena al ministero della Cultura. Se non è il cinema, il problema diventa il teatro e se non è il teatro ecco che scoppia polemica sul premio Strega. Il ministro Alessandro Giuli non sarà presente alla cerimonia.

«Sono stato invitato alla serata del premio, sono stati carinissimi, però non ho ricevuto nessun contatto e nessun libro. Li comprerò», ha detto. La serata sarà «meno divertente senza Geppi Cucciari e Alessandro Giuli», ha poi ironizzato.

La fondazione Bellonci, organizzatrice dell’evento, ha ricordato che «non gli abbiamo inviato i libri perché si era dimesso dalla giuria». Ma la rotativa degli attacchi a destra era partita. Il presidente della commissione Cultura di Fratelli d’Italia, Alessandro Amorese, ha parlato addirittura di «epurazione».

Polveriera cultura

Il clima in via del Collegio romano, sede del Mic, resta un groviglio di veleni. Sullo sfondo c’è l’elefante nella stanza, la battaglia sul cinema. Per palazzo Chigi l’incidente-Cinecittà è da considerarsi chiuso con lo scalpo della fedelissima della sottosegretaria, Lucia Borgonzoni, Chiara Sbarigia, che domenica sera ha rassegnato le dimissioni dalla presidenza della società di via Tuscolana. Giuli la pensa diversamente rispetto alla presidenza del Consiglio.

Tra le varie cose, non ha gradito la presenza, inizialmente non prevista, di Borgonzoni alla presentazione dei progetti completati a Cinecittà con i fondi del Pnrr. Il proscenio, nella serata di lunedì scorso, era stato apparecchiato per l’amministratrice delegata della società, Manuela Cacciamani e per il ministro Giuli. Senza terzi incomodi.

Borgonzoni ha temuto di finire emarginata proprio il giorno dopo le dimissioni della sua sodale Sbarigia da presidente di Cinecittà. E ha chiesto di prendere parte alla “sfilata”. Quando la voce di una sua presenza si è concretizzata, Giuli non ha gradito. In silenzio ha dovuto mandare giù un altro boccone indigesto, evitando scontri frontali.

Il ministro ha comunque indossato i panni istituzionali durante il question time di ieri alla Camera, aggirando la tentazione di fare velate polemiche con la sottosegretaria leghista.

La strategia è stata decisa in un vertice mattutino con il capo della segreteria tecnica del Mic, Emanuele Merlino, referente del sottosegretario e consigliere principe di Giorgia Meloni, Giovanbattista Fazzolari, insieme a Giuli al sottosegretario Gianmarco Mazzi. Borgonzoni è stata tenuta fuori. Solo dopo ha potuto visionare i documenti che il ministro avrebbe letto a Montecitorio.

«L’indagine interna relativa al presunto utilizzo dei fondi di Cinecittà, per finalità non già promozionali, è stata condotta da Cinecittà stessa e non ha prodotto alcuna evidenza degna di rilievo. Men che mai un coinvolgimento del sottosegretario Borgonzoni», ha detto in nel merito del caso che ha travolto Fabio Longo, ex consigliere della sottosegretaria, per la richiesta di una «buona stampa» per la leghista a discapito di Giuli stesso.

Il rimpastino al Mic

Questione chiusa? Non proprio. Dal Mic circolano versioni più belligeranti.

Ha ripreso quota l’indiscrezione dell’idea di Giuli sulla nomina di un nuovo sottosegretario al ministero. Ufficialmente per rimpiazzare la casella lasciata vuota dalle dimissioni di Vittorio Sgarbi, concretamente per aprire “un rimpasto” delle deleghe. E arrivare al ridimensionamento di Borgonzoni.

L’opzione non ha trovato seguito a palazzo Chigi. I vertici di Fratelli d’Italia sono scettici: vogliono evitare il deterioramento dei rapporti con la Lega. Il segretario Matteo Salvini ha fatto pervenire il messaggio al sottosegretario Fazzolari.

Proprio Fazzolari, del resto, ritiene chiusa la vicenda. Lo scalpo di Sbarigia è ritenuto sufficiente per mettere da parte lo scontro. E ha dato mandato al capo della segreteria tecnica del Mic, Merlino, di farsi garante della tregua. Il rapporto è tuttavia recuperabile a fatica. Le dimissioni di Sbarigia da Cinecittà sono solo un passo verso il precipizio delle liti, benché La scelta fosse nell’aria.

La manager, secondo quanto apprende Domani, aveva deciso di lasciare l’incarico per dedicarsi esclusivamente alla guida dell’Associazione produttori audiovisivi (Apa). Mettendo fine al conflitto di interessi, rivelato da Domani a ottobre 2023, del doppio incarico Cinecittà-Apa.

Il passo indietro era previsto tra qualche settimana, entro la prima decade di agosto. Voleva prima mettere in cassaforte la conferma alla presidenza dell’Apa (il mandato è in scadenza). Ora invece la rielezione non è data così scontata.

All’interno dell’associazione c’è un’ala, capeggiata dall’ex direttore di Rai 1, Giancarlo Leone, intenzionata a dare battaglia. I detrattori sostengono che Sbarigia non goda più di buoni rapporti con il ministero e questo sarebbe un danno per Apa. Leone, tuttavia, a Domani smentisce manovre sulla presidenza dell’associazione: «Non mi occupo di queste cose, faccio un altro lavoro. Sono stato l’unico a sottolineare i problemi del conflitto di interessi quando Sbarigia è stata eletta presidente dell’Apa per il mandato ora in scadenza. Adesso che il conflitto di interessi è superato non voglio seguire la vicenda. Di sicuro non sono a capo di alcuna operazione di eventuale alternativa».

Versione che però la diretta interessata vuole respingere con vigore al mittente, ricordando i comunicati ufficiali che smentiscono le polemiche. Per questo, insieme ai suoi collaboratori, l’ex presidente di Cinecittà starebbe valutando l’ipotesi di una nuova presa di posizione pubblica.

La partita, infine, si sposta sulla presidenza. Nelle ultime ore è stato sondato Giuseppe De Mita, attuale componente del cda della società e amico personale delle sorelle Meloni.

De Mita, anche dirigente di Sport e Salute, accetterebbe solo se costretto. Il nome più quotato resta quello della leghista Isabella Ciolfi, anche lei nel cda di Cinecittà. Salvini, o meglio Borgonzoni, rivendica la poltrona: punta sull’ex segretaria di Claudio Durigon, numero due del partito.

A chiudere il cerchio, il gran caos sui teatri. La giornata di ieri avrebbe dovuto far siglare la pace tra il sottosegretario Gianmarco Mazzi e il direttore artistico del teatro della Toscana “La Pergola”, Stefano Massini.

Invece, anche su questo capitolo, la tensione è salita. «Contro di me è stato fatto cecchinaggio», ha detto Massini. Un’egemonia del litigio.

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