Nella settimana in cui Berlusconi Renzi e Toti aprono i loro account su Tik Tok suscitando sensazioni di sorpresa e straniamento per performances similgiovanilistiche o veteroimmortali, i principali social hanno continuato a funzionare come crogiuolo di fusione del discorso politico con sentimenti, umori, futilità. La rapidità e pervasività con cui i social hanno egemonizzato il confronto e la comunicazione preelettorale, riducendole a un vortice di accuse, battute, like, immagini familiari, già emersa nella prima parte della precampagna elettorale, trova conferma nel secondo monitoraggio* condotto dall’Archivio degli Spot politici dell’Università Roma Tre, in collaborazione con Kapusons e Extreme, che considera l’uso fatto dei social da parte di 13 leader politici** nella seconda parte della precampagna, fra l’8 Agosto, data di una sostanziale definizione dell’offerta politica con la rottura di Calenda dell’alleanza con il Pd – e il 25 agosto, inizio ufficiale della campagna elettorale.

I leader social

Nel 18 giorni considerati sulle tre principali piattaforme monitorate - Facebook, Twitter e Instgram – i 13 leader hanno postato 2.687 contenuti. Con una media di 206 contenuti a testa, in leggera crescita rispetto ai 18 giorni precedenti quando erano stati 1999 postati da 10 leader. Anche una volta usciti dalla turbolenta fase della composizione delle coalizioni, il ricorso ai social rappresenta oramai un elemento strutturale del confronto preelettorale e del dibattito pubblico.

L’andamento temporale mostra il 7 agosto un valore iniziale di 150 contenuti complessivi che giungono a sfiorare i 200 il 25 Agosto. L’unico giorno in cui la verve comunicativa dei 13 leader scende sotto i 100 contenuti è il 15 agosto, forse per rispetto della festività degli elettori. I due picchi in alto si rilevano il 19, giorno in cui Il Foglio pubblica il video del “ti ammazzo” di Albino Ruberti e delle polemiche per il listino dei 15 candidati scelti da Conte ed il 24 agosto, giorno dell’uscita della nuova campagna di affissioni del Pd “scegli”, che innesca meme e contromeme.

In cima alla classifica della produzione si confermano appaiati con valori di gran lunga superiori a quelli di tutti gli altri Calenda (n.697) e Matteo Salvini (n.662), rispettando le posizioni registrate nel primo rilevamento. Mentre per Salvini si tratta di una storica attenzione a presidiare l’arena social, Calenda persiste nella ricerca di una centralità almeno comunicativa. Seguono sopra i 200 post Letta (n. 270), Berlusconi (n. 266) e Meloni (244). Sembra per ora rimanere fedele al ruolo di assistman, annunciato tramite un post calcistico, Renzi con solo 59 contenuti.

Engagement e basi follower

Non sempre ad una maggior produzione corrisponde maggior efficacia. La classifica per engagement (cioè l‘insieme delle reazioni, commenti e condivisioni ottenute nell’intero periodo considerato, che nell’ambito della social media analisys rappresenta l’indicatore dell’efficacia comunicativa) mostra al vertice Salvini, con quasi quattro milioni di engagement e una fanbase complessiva sui tre social superiore agli 8milioni e mezzo. Segue  poco sotto la Meloni con 3milioni e 800mila e una fan base complessiva di 4milioni e mezzo, segno di una attenzione nell’arena social che corrisponde alla centralità acquisita dalla leader di FdI nel dibattito preelettorale.  Al terzo posto Conte con quasi 2 milioni e mezzo di engagement,  il quale nonostante le recenti vicende del M5S, può contare una fanbase complessiva seconda in termini numerici (7milioni e mezzo), alimentata anche durante l’incarico di Presidente del Consiglio.

I social preferiti

Per quanto riguarda le piattaforme, la preferita in termini numerici risulta Twitter (39,5%)  frequentata da una utenza di esperti e  per così dire più “elitaria”,  segue il social di gran lunga più diffuso Fb (32%) e quindi Instagram (28,2%), che dei tre privilegia la dimensione visiva ed è più diffuso fra i giovani. Caratteristiche che si riflettono in termini di capacità di engagement, cioè di circolazione e coinvolgimento suscitato dai tre social che vede di gran lunga in testa  Fb (51,8%), quindi Instagram (40,3%) e infine Twitter (7,9). Se dunque Twitter serve a fare opinione, Fb è tutt’ora il social più “potente” e affidabile per una campagna che mira a raggiungere grandi numeri.

Le star del discorso pubblico 

L’analisi delle citazioni incrociate nei post dei leader rappresenta un efficace indicatore del grado della loro centralità, tenendo presente che solitamente in rete si cita per attaccare e colpire gli avversari più che per elogiarli. Il leader più citato in assoluto dagli altri 12 è, con 198 menzioni, Enrico Letta, il quale a sua volta cita principalmente Meloni (30), prontamente ricambiato dalla leader di Fdi che dei 12 competitor cita soltanto Letta (32 menzioni) e Speranza (8), a conferma della strategia di polarizzazione da loro perseguita. Calenda ne ha per tutti e usa i social per intessere intorno a sé una fitta rete dialogica con gli altri 12 leader, da lui citati ben 400 volte. Ma nella classifica delle citazioni è solo quinto, dopo Letta (198), Meloni (139), Salvini (87), e Berlusconi (79). A interloquire con Conte, solo sesto (57), sono solamente Calenda (40) Renzi (7) e Letta (6), ciò le forze che più percepiscono la concorrenza elettorale del M5S, mentre è totalmente ignorato dalle forze del centrodestra. Convitato di pietra è il presidente del Consiglio che come Draghi o agenda Draghi con 166 menzioni è il secondo per numero di citazioni.

Cosa buca in rete

Nella classifica dei primi 20 contenuti per engagement troviamo soltanto 3 leader: Meloni con ben 10 contenuti, Conte  con 9, Salvini con 1. La leader di FdI occupa le prime due posizioni con il post FB con la fotografia assieme alla madre in risposta alla polemica per l’inclusione dell’obesità fra le  devianze in un post del partito e con quello con la figlia in cui augura agli italiani “buon ferragosto”, seguono il video in risposta all’accusa di aver postato le immagini dello stupro di  Piacenza, l’endorsement di Iva Zanicchi, il discorso in tre lingue alla stampa internazionale. Un misto di vita privata e decisa rivendicazione della sua linea e posizionamento.  Conte concede alla sentiment politics solo il post di commiato a Piero Angela e poi piazza una serie di video e messaggi tesi a controbattere alla Meloni sul caso di Piacenza e spiegare, precisare, puntualizzare le proposte dei 5 Stelle. Anche il ringraziamento per gli auguri ricevuti  per il compleanno è occasione per una analisi politica di ben 10 minuti. La dualità fra Meloni e Conte ritorna nella classifica dei post Facebook più condivisi, ma con quest’ultimo che occupa ben 15 posti su 20.  Una successo social, quello di Conte che se è vero che l’arena digitale è un rappresentazione più o meno fedele dell’umore pubblico, suggerisce di prestare attenzione alla nuova stagione del M5S. L’unico post di Salvini in classifica è l’addio musicale a “Olivia Newton-John per sempre Sandy, mito della mia generazione”. Un pò poco per il mattatore social nelle scorse campagne elettorali. Ma attenzione, perché se si allarga lo sguardo ai molti account della Lega, la mole di contenuti postati è impressionante. Si segnale l’assenza in questa classifica di Letta, che sconta una fanbase complessiva sui tre social inferiore al milione (ottavo leader su tredici) e una bassa circolarità dei suoi contenuti. Se davvero il segretario del Pd crede possibile cambiare il corso della campagna, è la rete, che in assenza di dibattiti faccia a faccia è lo strumento più immediato e quello più capace di parlare ai giovani, dove deve verificarsi il cambio di passo. Il derby fra pancetta e guanciale potrebbe non bastare.

* Il rapporto completo è disponibile sul sito www.archivispotpolitici.it

** I tredici leader considerati nel monitoraggio sono: Berlusconi, Bonelli, Bonino, Calenda, Conte, Di Maio, Fratoianni, Grillo, Letta, Meloni, Renzi, Salvini, Speranza.

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